Archivio Riceviamo e pubblichiamo
Riceviamo e pubblichiamo
di Vincenzo Turtù
Ciao. Sono quel Vincenzo di Porto Sant’Elpidio che è intervenuto al termine dell’incontro dell’Arcivescovo con i nuovi Consigli Pastorali di domenica 7 febbraio, come riportato anche nella sintesi di quell’evento (cf Archivio “Notizie dalla diocesi - 09-02-2010). Vorrei innanzitutto precisare che la frase che ho citato (“…dobbiamo stare attenti a non fare della nostra identità un’idolatria”.) non ho detto di averla sentita pronunciare dal Papa, ma da un ebreo intervistato in occasione della visita del Pontefice alla Sinagoga di Roma. E’ una precisazione che voglio fare, perché non vorrei che si pensasse che mi sia voluto appellare al Papa per accusare qualcuno di “idolatria” per un’inopportuna o esagerata difesa della propria identità.
Se ho dato adito ad interpretazioni di questo tipo e se ho destato il sospetto di voler alimentare divisioni, ne chiedo scusa, dato che la mia intenzione era opposta. Non volevo tanto meno – ci mancherebbe! - mettere in discussione l’autorità del Vescovo e il suo diritto a usare i modi che ritiene più opportuni “… per promuovere l’unità nella diversità”.
Mi rendo conto che nel mio intervento a voce non sono riuscito ad esprimermi come avrei voluto e dovuto, introducendovi tra l’altro elementi - come quella citazione - che ora capisco avrei fatto meglio ad evitare, dato che l’attenzione si è rivolta più a quell’inciso che alla sostanza della questione che volevo richiamare.
Nel chiedere come mai il Sinodo è disatteso in una materia così fondamentale come la Veglia pasquale, avrei dovuto citarlo direttamente, là dove dice : - “… Si faccia in modo che nella chiesa parrocchiale si celebri una sola veglia pasquale. (cf 37° Sinodo Arcidiocesi di Fermo, 1995,…Proposizione 158)
E’ comprensibile che alcuni parroci, per motivi di “opportunità pastorale”, finiscano per concedere che venga celebrata una seconda veglia nella stessa chiesa parrocchiale…
Per questo, è soprattutto ai responsabili del “Cammino Neocatecumenale” che vorrei rivolgere un fraterno invito a considerare la possibilità di tornare a celebrarla insieme al resto della propria comunità parrocchiale! A me sembra che ora sia possibile, anche perché nel frattempo hanno avuto, da parte del “Pontificium Consilium pro laicis”, l’approvazione dello “Statuto” (il 20 maggio 2008, dopo quello, in via sperimentale, del 2002). E lo “Statuto del Cammino Neocatecumenale”, all’Art 12, interamente dedicato alla Veglia pasquale, dice semplicemente: - “…durante l’itinerario, (non dice “durante una propria veglia”!) i neocatecumeni sono iniziati gradualmente ad una più perfetta partecipazione a tutto ciò che la santa notte significa, celebra e realizza.(§2.). In questo modo il Neocatecumenato stimolerà la parrocchia ad una celebrazione più ricca della veglia pasquale. (§3.) .
Ma come si pensa di poter stimolare la parrocchia ad una celebrazione più ricca della Veglia pasquale se si continua a celebrarla per conto proprio???
Un’indicazione di come questo potrebbe essere realizzato può venire, ad esempio, dalla “Nota pastorale ai presbiteri”, su “Il Cammino Neocatecumenale” della Conferenza Episcopale Pugliese (del 1° dicembre 1996), in cui si dice:-“Uno dei punti di frizione più frequenti è la celebrazione della Veglia pasquale. Gli aderenti al “Cammino” sin dall'inizio hanno elaborato una forma celebrativa particolare più ampia, arricchita di ulteriori elementi, prolungata per l'intera notte fino all'alba, e dichiarano che essa costituisce per loro un momento fondamentale, praticamente insostituibile. Questa esigenza però entra in conflitto con l'altra non meno importante di non frazionare la comunità cristiana in gruppi separati, in eucaristie “parallele”, proprio nel momento culminante di tutto l'anno liturgico, nella celebrazione di quel mistero di salvezza che ci fa Chiesa introducendoci nella comunione con Dio e con i fratelli. La Congregazione del Culto divino, nella lettera Paschalis sollemnitatis del 16.1.1988, così si esprime: “Si favorisca la partecipazione dei gruppi particolari alla celebrazione della Veglia pasquale, in cui tutti i fedeli riuniti insieme, possano sperimentare in modo più profondo il senso di appartenenza alla stessa comunità ecclesiale. Pertanto, in ogni Parrocchia, dopo aver celebrato una sola Veglia pasquale, i gruppi neocatecumenali (senza escludere altri fedeli eventualmente disponibili) potranno intrattenersi ancora fino all'alba, però senza ripetere nessuno dei quattro momenti liturgici essenziali previsti dal Messale romano (la liturgia della luce, della parola, dell'acqua - con eventuali battesimi - e della eucaristia), ma solo aggiungendo altri elementi celebrativi e didattici, preghiere, canti, meditazione personale, scambio di esperienze, momenti di festa e di fraternità. Non dunque due Veglie successive, ma dopo l'unica Veglia liturgica vera e propria un prolungamento celebrativo”.
E’ proprio inaccettabile una soluzione di questo tipo?
Mi sembra che, in tal modo, nella parrocchia si potrebbe ristabilire anche visibilmente quella Comunione e quella unità alle quali il nostro Arcivescovo ci ha richiamati in diversi passaggi del suo discorso… Allo stesso tempo, i fratelli del “Cammino”, con il prolungamento celebrativo, possono comunque mantenere e vivere tutti quei momenti ed elementi che ritengono indispensabili e irrinunciabili.
Nonostante mi sia sentito dire di smetterla con questi appelli che:- “…tanto non servono a niente”, in coscienza, sento di non dover tacere…
Ringrazio per l’attenzione che vorrete dare a questo mio scritto, ma anche, e soprattutto, per il prezioso servizio che svolgete con il sito diocesano. Grazie.
Vincenzo Turtù
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