rosone

Il pensiero del giorno

È difficile percepire la voce di Dio, anche se si è nel silenzio, figuriamoci nel frastuono di una vita piena di impegni, incontri, appuntamenti, radio, TV, Ipod... Il rischio è quello di sbagliare persona e invece di rispondere a Dio si potrebbe rispondere a qualcun altro... Non basta avere gli orecchi attenti, ma anche il cuore aperto e disponibile ad accogliere quella voce che come un alito di brezza leggera ci avvolge e ci attira.
Nel Vangelo ancora i segni della presenza del regno di Dio. Gesù prima guarisce la suocera di Pietro: nel suo gesto di rialzarla prendendola per mano il richiamo alla resurrezione che nel Signore tutti noi vivremo, poi guarisce molti malati portati a lui da tutti i quartieri della città. Ma dopo tutto questo, Egli se ne va altrove perché la parola di Dio deve essere seminata nel cuore di altra gente.
 

don David

Mentre nella prima lettura continua il racconto della storia di Anna, il vangelo ci mostra la predicazione di Gesù a Cafarnao. Egli insegna con parole nuove e fa seguire l'annuncio del regno mostrando la misericordia di Dio con gesti concreti di perdono e di guarigione. Si vengono compiendo così le profezie sul Messia Salvatore.

 

don David

Dopo le feste di Natale, ricominciamo il nostro cammino nel Tempo Ordinario. All'inizio di questa prima settimana la Liturgia della Parola ci presenta l'inizio di due storie (come poteva essere altrimenti?): la prima è la storia di Anna, donna irsaelita, moglie di Elkanà, sterile, che viene scelta da Dio per essere madre di Samuele, il grande profeta. Ancora una volta Dio fa la storia con gli ultimi e gli emarginati: laddove l'uomo sembra fallire, Dio costruisce una realtà nuova perché l'uomo si meravigli dell'impossibile che diventa possibile. L'altra storia, con la medesima finalità ci racconta la chiamata dei primi discepoli, scelti da Gesù non tra i dotti e i sapienti, ma tra persone umili e di bassa estrazione. Simone e Andrea infatti erano pescatori. Con la loro chiamata inizia la nuova storia, la storia della Chiesa.

 

don David
 

Battesimo di Gesù, Solennità

Martirologio Romano: Festa del Battesimo di nostro Signore Gesù Cristo, in cui egli mirabilmente è dichiarato Figlio di Dio, l’amato, le acque sono santificate, l’uomo è purificato e tutto il creato esulta.

San Giovanni apostolo dice che noi abbiamo riconosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi.
Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui  e ancora che quando l’amore raggiunge la perfezione non abbiamo più paura del giorno del giudizio, l’amore scaccia il timore.
Non abbiamo ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma abbiamo ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: «Abbà, Padre! (Cfr. Rm 8,15) .
“I re di Tarsis e delle isole porteranno offerte, i re degli Arabi e di Saba offriranno tributi.”
In questi versetti del salmo 71 che la liturgia ci presenta si fa riferimento alla Gerusalemme messianica., secondo la presentazione del Deutero-Isaia: “Allora il tuo cuore si dilaterà alla gioia quando si sarà riversata su di te la ricchezza del mare e la potenza delle genti verrà a te” (Is 60,5).
La Chiesa è chiamata a irradiare sul mondo la luce di Gesù che deve raggiungere tutti.
Noi siamo aperti a questa universalità, siamo pronti ad accogliere tutti con parole piene di luce e di speranza? Lasciamoci dunque noi stessi illuminare perché la luce di Cristo risplenda fino ai confini della terra!
Nel Vangelo di oggi Gesù, dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci, costringe i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva., lui intanto congeda la folla e si ritira sul monte a pregare.
Alla sera i discepoli sono ancora sulla barca in mezzo al mare, hanno il vento contrario e sono affaticati nel remare.
Gesù va loro incontro camminando sulle acque, ma essi si mettono a gridare per lo spavento, credono di vedere un fantasma, allora egli dice: “Coraggio, sono io, non temete!”, sale sulla barca e il vento si calma.
L’Evangelista conclude dicendo che i discepoli erano colmi di timore perché avevano il cuore indurito e non avevano capito nemmeno il fatto dei pani.
Gesù, dopo il miracolo, cerca di rimanere solo, si ritira in preghiera per evitare la gloria umana.
Siamo chiamati pure a noi a servire Dio con umiltà, “Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».(Lc 17,10).
In questi giorni San Giovanni non ha fatto altro che annunciarci l’amore di Dio e la nostra chiamata ad amare. I discepoli si spaventano perché non credono, sono induriti, ciò che scioglie il nostro cuore è l’amore e abbiamo continuamente bisogno di sentirci ripetere questa Buona Notizia. Il demonio, interpretando in modo perverso i fatti della nostra storia e rinfacciandoci sempre la nostra debolezza, ci strappa dal cuore l’amore,   spaventati e affaticati cerchiamo di andare avanti, di voler noi affrontare le forze del male che, come un vento impetuoso, ci ostacolano il cammino.
La nostra pace e la nostra salvezza sta nell’abbandonarci a questo amore, nel chiedere il dono della fede che ci permette di scorgere la presenza di Dio nella nostra vita, perché è Lui che ci conduce, che ha già vinto il male.

a cura delle Monache Benedettine di Monte San Martino

Nella prima lettura San Giovanni ci ricorda che chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. Il Padre ha manifestato il suo amore attraverso il suo Figlio Gesù, è Lui la vittima che espia i nostri peccati, in Lui possiamo avere la vita.
Il salmo 71 è un salmo regale che preannunzia il Messia, è Lui che regge con giustizia il popolo e poveri con rettitudine. “Nei giorni di  Cristo per mezzo della fede sorgerà per noi la giustizia, e nel nostro volgerci verso Dio sorgerà per noi l’abbondanza della pace: del resto  . . . noi siamo i “figli dei poveri” che questo re soccorre e salva . . chiama “miseri” i Santi Apostoli, perché erano poveri in spirito, noi dunque egli ha salvato in quanto “figli dei poveri”, giustificandoci e santificandoci nella fede per mezzo dello Spirito”(s. Cirillo d’Alessandria)
 Nel Vangelo Gesù si commuove nel vedere la folla di persone che lo cercano perché sono come pecore senza pastore, si mette così ad insegnare loro molte cose;
Egli è il nuovo Mosè, è la guida, colui che da orientamento al nostro cammino.
Si fa tardi e siccome si trovano in posto solitario  i discepoli propongono di congedare la folla in modo da potersi procurare da mangiare.
Gesù dice: “Voi stessi darete da mangiare”, i discepoli si preoccupano, pensano che devono comprare il pane necessario per tutti, riescono a trovare solo cinque pani e due pesci e li consegnano.
Gesù ordina loro di far sedere la folla in gruppi di cinquanta e di cento, benedice la loro offerta, spezza il pane, divide i pesci e li fa distribuire  a tutti. Tutti mangiarono e si sfamarono,  e ne avanzarono 12 cesti.
Gesù opera i miracoli non con un atto magico ma moltiplicando il nostro poco. I discepoli fanno dei calcoli umani.
Non capita anche a noi di pensare che è tanto sproporzionato il bene che possiamo fare rispetto al grande bisogno che c’è oggi nel mondo?
Quante volte per la paura di fare brutta figura non rischiamo, quante volte siamo orgogliosi, ambiamo alle grandi cose e non sappiamo fare piccoli gesti d’amore.
Dio ha bisogno di cuori generosi, che si fidano di Lui, di persone umili che non si vergognano di offrire quel poco che hanno; è Lui poi che con la sua benedizione moltiplica, Lui stesso è il Pane della Vita che si spezza, si fa dono, e chiede a noi di fare altrettanto.

a cura delle Monache Benedettine di Monte San Martino

Nella prima lettura San Giovanni ci ricorda che il comandamento di Dio consiste nel credere nel nome di Gesù Cristo e nell’amare i fratelli.
Il centro della nostra fede è Gesù Cristo che si è incarnato, in Lui possiamo vivere il comandamento dell’amore.
Chi non riconosce Gesù non è da Dio, ma ha lo spirito dell’anticristo che è nel mondo.
 “Noi siamo da Dio e abbiamo vinto i falsi profeti, perché colui che è in voi è più grande di colui che è nel mondo.” Queste parole ci incoraggiano, oggi ci sono tanti falsi profeti che promettono felicità, che esaltano l’uomo ma, escludendo Dio, propongono solo morte.
Il Salmo 2 profetizza la nascita nella carne di colui che per noi è nato oggi, “di colui che sempre è figlio nato dal Padre, che sempre è Dio e sempre sta con il Padre” (san Gregorio di Nissa).  Annuncia anche il regno di Cristo e la sua sovranità sui pagani, su coloro che non avevano accettato la legge di Dio e rifiutavano il suo giogo. Anch’essi diventano eredi di Dio con la fede, anch’essi rinascono come re. Gesù con il suo scettro di ferro spezza ciò che in essi è terra ed argilla e li trasforma in natura incorruttibile.
Nel Vangelo di oggi Gesù viene a conoscenza dell’arresto di Giovanni e si ritira nella Giudea, a Cafarnao, nel territorio di Zabulon e il paese di Neftali perché si adempisse la profezia di Isaia: “il popolo immerso nelle tenebre ha visto una grande luce; su quelli che dimoravano in terra e ombra di morte una luce si è levata”.
Inizia così la sua predicazione dalla terre lontane. Egli invita alla conversione perché il regno di Dio è vicino.
Con Gesù arriva a noi il Regno di Dio, Gesù è la luce, è il nostro liberatore, il nostro salvatore, il nostro medico, la vita.
Ma noi che cerchiamo? Accogliamo questo invito? Oppure pensiamo di non aver più bisogno di conversione?
Ogni giorno siamo chiamati a rinnovare il nostro cammino.
Se invece siamo scoraggiati e pensiamo che il cammino è duro, che noi siamo stanchi, cerchiamo di fare nostre queste parole e ripetiamole con fede.
“Fammi ritornare e io ritornerò, perché tu sei il Signore mio Dio” (Ger. 31,18b).

a cura delle Monache Benedettine di Monte San Martino

D'origine orientale di questa solennità è nel suo stesso nome: "epifania", cioè rivelazione, manifestazione; i latini usavano la denominazione "festivitas declarationis" o "apparitio", col prevalente significato di rivelazione della divinità di Cristo al mondo pagano attraverso l'adorazione dei magi, ai Giudei col battesimo nelle acque del Giordano e ai discepoli col miracolo alle nozze di Cana. L'episodio dei magi, al di là di ogni possibile ricostruzione storica, possiamo considerarlo, come hanno fatto i Padri della Chiesa, il simbolo e la manifestazione della chiamata alla salvezza dei popoli pagani: i magi furono l'esplicita dichiarazione che il vangelo era da predicare a tutte le genti.
Per la Chiesa orientale ha grande rilievo il battesimo di Cristo, la "festa delle luci", come dice S. Gregorio Nazianzeno, anche come contrapposizione ad una festa pagana del "sol invictus". In realtà, sia in Oriente come in Occidente l'Epifania ha assunto il carattere di una solennità ideologica, trascendente singoli episodi storici: si celebra la manifestazione di Dio agli uomini nel suo Figlio, cioè la prima fase della redenzione. Cristo si manifesta ai pagani, ai Giudei, agli apostoli: tre momenti successivi della relazione tra Dio e l'uomo.
Al pagano è attraverso il mondo visibile che Dio parla: lo splendore del sole, l'armonia degli astri, la luce delle stelle nel firmamento sconfinato (nel cielo i magi hanno scoperto il segno divino) sono portatori di una certa presenza di Dio.
Partendo dalla natura, i pagani possono "compiere le opere della legge", poiché, come diceva S. Paolo agli abitanti di Listri, il "Dio vivente che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che in essi si trovano... nelle generazioni passate ha lasciato che ogni popolo seguisse la sua strada; ma non ha cessato di dar prova di sé beneficando, concedendovi dal cielo piogge e stagioni ricche di frutti, fornendovi di cibo e riempiendo di letizia i vostri cuori" (At 14,15-17). Ora "in questi giorni, (Dio) ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo " (Eb 1,2). I molti mediatori della manifestazione della divinità trovano il loro termine nella persona di Gesù di Nazaret, nel quale risplende la gloria di Dio. Perciò noi possiamo oggi esprimere "l'umile, trepidante, ma piena e gaudiosa professione della nostra fede, della nostra speranza, del nostro amore" (Paolo VI).

Martirologio Romano:
Solennità dell’Epifania del Signore, nella quale si venera la triplice manifestazione del grande Dio e Signore nostro Gesù Cristo: a Betlemme, Gesù bambino fu adorato dai magi; nel Giordano, battezzato da Giovanni, fu unto dallo Spirito Santo e chiamato Figlio da Dio Padre; a Cana di Galilea, alla festa di nozze, mutando l’acqua in vino nuovo, manifestò la sua gloria.
dell’Epifania del Signore, nella quale si venera la triplice manifestazione del grande Dio e Signore nostro Gesù Cristo: a Betlemme, Gesù bambino fu adorato dai magi; nel Giordano, battezzato da Giovanni, fu unto dallo Spirito Santo e chiamato Figlio da Dio Padre; a Cana di Galilea, alla festa di nozze, mutando l’acqua in vino nuovo, manifestò la sua gloria.

Nella prima lettura san Giovanni ci ricorda che siamo stati creati per essere amati e per amare. Chi non ama sta nella morte chi ama invece possiede la vita eterna.
La sorgente dell’amore è Dio. Gesù Cristo ha dato la vita per noi; e anche noi, in Lui, siamo chiamati a dare la vita per i fratelli. Solo se ci sentiamo amati possiamo amare: e l’amore si traduce in fatti concreti, nel soccorrere i fratelli nelle loro necessità fino a dare la vita.
Il salmo 99 ci invita ad acclamare il Signore, a servirlo nella gioia, a riconoscere che il Signore è Dio. Noi siamo suoi, siamo il gregge che Egli, come Buon Pastore, pasce.
Nel Vangelo Giovanni racconta che Gesù aveva stabilito di partire per la Galilea, incontrò Filippo e gli disse: “Seguimi”.
Filippo incontrò Natanaele e gli disse che avevano trovato Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nazaret.
Natanaele esclamò: “Da Nazaret può venire qualcosa di buono?”, e insieme gli andarono incontro.
Gesù gli risponde ecco un Israelita in cui non c’è falsità, e  ancora che l’aveva visto prima quando stava sotto il fico; a lui, che rimane sorpreso per questa conoscenza, promette che ci saranno cose ancora più grandi: “Vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul figlio dell’uomo”.
Gesù è sempre in cammino, Lui passa e chiama, a noi spetta riconoscere il suo passaggio e non perdere l’attimo presente, accogliere la grazia dell’incontro.
Natanaele non è doppio di cuore, è sincero e Gesù lo elogia. Quanta fatica per scoprire quello che c’è veramente nel nostro cuore, molte volte siamo tentati di mascherare la nostra realtà con buoni propositi, con delle giustificazioni, ma la sincerità è la strada che ci conduce all’incontro con chi ci conosce da sempre, con chi ci ama così come siamo, con chi ci viene a cercare.
“La sua misericordia ci vide prima che lo conoscessimo, quando ancora giacevamo sotto il peso del peccato. Forse che noi per primi abbiamo cercato Cristo, o non è stato lui invece il primo a cercarci? Forse che siamo stati noi, i malati, a recarci dal medico, e non è stato lui invece il medico a venire dai malati? Non è stato forse il pastore a cercare la pecora che si era perduta, il pastore che, lasciate le novantanove, la cercò e la trovò, riportandola lieto a casa sulle sue spalle? Non andiamo in superbia, perché prima d'essere ritrovati eravamo andati perduti, e siamo stati cercati.” (cfr S. Agostino).
A volte ci illudiamo e attribuiamo a noi stessi la chiamata e il cammino fatto e invece è Dio che prende l’iniziativa, da Lui viene la forza, noi potenzialmente siamo sempre dei deboli e continuamente abbiamo bisogno di ricominciare, di essere rinnovati

a cura delle Monache Benedettine di Monte San Martino

Dio non libera tanto dalle situazioni penose, quanto rende vincitori di ciò che capita.

Basilio Magno

2 Gennaio: Santi Basilio Magno e San Gregorio Nazianzeno Vescovi e Dottori della Chiesa

San Basilio
Cesarea di Cappadocia, attuale Kaysery, Turchia, 330 – 1 gennaio 379

Nato intorno al 330 in Cappadocia, a Cesarea, oggi la città turca di Kaysery, Basilio proveniva da una famiglia dalla profonda spiritualità. Oltre ai genitori anche tre dei suoi nove fratelli sono annoverati tra i santi. Prima di essere vescovo nella sua terra natale, aveva vissuto in Palestina e Egitto. Vi era stato attratto dal richiamo del deserto e della vita monastica. Fu in solitudine che, insieme con Gregorio di Nazianzo conosciuto durante gli studi ad Atene, elaborò la regola per i monaci basiliani, che sarà imitata anche in Occidente. Visse appena 49 anni ma la sua intensa e profonda attività di predicatore gli valsero il titolo di «Magno». Ricevette l'ordinazione sacerdotale verso il 364 da Eusebio di Cesarea cui successe sulla cattedra vescovile nel 370. Durante il servizio episcopale si impegnò attivamente contro l'eresia ariana. Morì l'1 gennaio 379 a Cesarea dove fu sepolto. Tra le sue opere dottrinali si ricorda soprattutto il celebre trattato teologico sullo Spirito Santo. (da Avvenire)

Etimologia: Basilio = re, regale, dal greco

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano:
Memoria dei santi Basilio Magno e Gregorio Nazianzeno, vescovi e dottori della Chiesa. Basilio, vescovo di Cesarea in Cappadocia, detto Magno per dottrina e sapienza, insegnò ai suoi monaci la meditazione delle Scritture e il lavoro nell’obbedienza e nella carità fraterna e ne disciplinò la vita con regole da lui stesso composte; istruì i fedeli con insigni scritti e rifulse per la cura pastorale dei poveri e dei malati; morì il primo di gennaio. Gregorio, suo amico, vescovo di Sásima, quindi di Costantinopoli e infine di Nazianzo, difese con grande ardore la divinità del Verbo e per questo motivo fu chiamato anche il Teologo. Si rallegra la Chiesa nella comune memoria di così grandi dottori.
(1 gennaio: A Cesarea in Cappadocia, nell’odierna Turchia, deposizione di san Basilio, vescovo, la cui memoria si celebra domani).

San Gregorio
Nazianzo, attuale Nemisi in Turchia, 330 – 25 gennaio 389/390

Condivise con l’amico Basilio la formazione culturale e il fervore mistico. Fu eletto patriarca di Costantinopoli nel 381. Temperamento di teologo e uomo di governo, rivelò nelle sue opere oratorie e poetiche l’intelligenza e l’esperienza del Cristo vivente e operante nei santi misteri. (dal Messale Romano)

Patronato: Poeti

Etimologia: Gregorio = colui che risveglia, dal greco

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: Memoria dei santi Basilio Magno e Gregorio Nazianzeno, vescovi e dottori della Chiesa. Basilio, vescovo di Cesarea in Cappadocia, detto Magno per dottrina e sapienza, insegnò ai suoi monaci la meditazione delle Scritture e il lavoro nell’obbedienza e nella carità fraterna e ne disciplinò la vita con regole da lui stesso composte; istruì i fedeli con insigni scritti e rifulse per la cura pastorale dei poveri e dei malati; morì il primo di gennaio. Gregorio, suo amico, vescovo di Sásima, quindi di Costantinopoli e infine di Nazianzo, difese con grande ardore la divinità del Verbo e per questo motivo fu chiamato anche il Teologo. Si rallegra la Chiesa nella comune memoria di così grandi dottori.
(25 gennaio: A Nazianzo in Cappadocia, nell’odierna Turchia, anniversario della morte di san Gregorio, vescovo, la cui memoria si celebra il 2 gennaio).

1° Gennaio 2010: Ottava di Natale

La solennità di Maria SS. Madre di Dio è la prima festa mariana comparsa nella Chiesa occidentale. Originariamente la festa rimpiazzava l'uso pagano delle "strenae" (strenne), i cui riti contrastavano con la santità delle celebrazioni cristiane. Il "Natale Sanctae Mariae" cominciò ad essere celebrato a Roma intorno al VI secolo, probabilmente in concomitanza con la dedicazione di una delle prime chiese mariane di Roma: S. Maria Antiqua al Foro romano, a sud del tempio dei Castori.

 

La liturgia veniva ricollegata a quella del Natale e il primo gennaio fu chiamato "in octava Domini": in ricordo del rito compiuto otto giorni dopo la nascita di Gesù, veniva proclamato il vangelo della circoncisione, che dava nome anch'essa alla festa che inaugurava l'anno nuovo. La recente riforma del calendario ha riportato al 10 gennaio la festa della maternità divina, che dal 1931 veniva celebrata l'11 ottobre, a ricordo del concilio di Efeso (431), che aveva sancìto solennemente una verità tanto cara al popolo cristiano: Maria è vera Madre di Cristo, che è vero Figlio di Dio.

 

Nestorio aveva osato dichiarare: "Dio ha dunque una madre? Allora non condanniamo la mitologia greca, che attribuisce una madre agli dèi "; S. Cirillo di Alessandria però aveva replicato: "Si dirà: la Vergine è madre della divinità? Al che noi rispondiamo: il Verbo vivente, sussistente, è stato generato dalla sostanza medesima di Dio Padre, esiste da tutta l'eternità... Ma nel tempo egli si è fatto carne, perciò si può dire che è nato da donna". Gesù, Figlio di Dio, è nato da Maria.

 

E’ da questa eccelsa ed esclusiva prerogativa che derivano alla Vergine tutti i titoli di onore che le attribuiamo, anche se possiamo fare tra la santità personale di Maria e la sua maternità divina una distinzione suggerita da Cristo stesso: "Una donna alzò la voce di mezzo alla folla e disse: "Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!". Ma egli disse: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!"" (Lc 11,27s).

 

In realtà, "Maria, figlia di Adamo, acconsentendo alla parola divina, diventò madre di Gesù e, abbracciando con tutto l'animo e senza peso alcuno di peccato la volontà salvifica di Dio, consacrò totalmente se stessa quale Ancella del Signore alla persona e all'opera del Figlio suo, servendo al mistero della redenzione sotto di Lui e con Lui, con la grazia di Dio onnipotente" (Lumen Gentium, 56).

 

A cura di Piero Bargellini

 

 

Auguri di Buon Anno a tutti voi

Giovanni esorta la comunità alla vigilanza per l’imminente “ultima ora” della storia, il tempo cioè che precede la parusia; questo tempo è contraddistinto da una durissima lotta tra le forze del bene e quelle del male.
La durata di questa ultima ora non è indicata per cui è necessaria una fedeltà a tutta prova di fronte al dilagare di false dottrine.
L’Anticristo, infatti, che sorgerà negli ultimi tempi per combattere coloro che appartengono alla chiesa, sono in concreto i divulgatori di dottrine erronee, essi non sono pagani ma cristiani della stessa comunità destinataria della lettera che non si sono mantenuti nell’ortodossia, anche se non appartengono alla comunità perché non hanno lo Spirito Santo.
Veramente opportuno l’invito alla vigilanza nell’ultimo giorno dell’anno; abbiamo anche noi bisogno di sapienza affinché la nostra storia personale non si distacchi da Cristo, Via verità e Vita.
Abbiamo bisogno anche noi, alla fine di questo anno, di riflettere se ci siamo fatti afferrare dall’amore di Dio, se abbiamo obbedito allo Spirito di Cristo o abbiamo dato ascolto allo spirito del male.
Preghiamo affinché la nostra fede non sia inquinata dalla menzogna e dall’errore, ma sia sempre pura e coerente, pronta a optare in ogni circostanza per Cristo e la sua Verità.
Il salmo ci invita a unirci alla gioia dei cieli e della terra soprattutto “gli alberi devono cantare perché uno di loro fu l’albero della salvezza su cui fu crocifisso il corpo del Salvatore e portò così ogni bene agli uomini” Teodoreto.
Il prologo di Giovanni è un inno al Verbo incarnato che ha origine nell’eternità di Dio, sintetizza tutto il mistero di Cristo e delle nostra fede.
I suoi versetti, che evidenziano l’aspetto della preesistenza e della divinità di  Cristo, svolgono il tema essenziale dell’incarnazione del Verbo di Dio, rivelatore del Padre.
Questo tema comincia dalla testimonianza di Giovanni Battista (1,19) per concludersi con le apparizioni pasquali di Gesù (Gv 20,1-29).
Il prologo si divide in tre parti:
1 Gesù – Verbo e la sua opera di rivelazione (1,1-15)
2 Gesù – Verbo e la sua incarnazione (1,6-14)
3 Gesù – Verbo e la sua Nuova Alleanza (1,15-18)
L’autore rivela fin dall’inizio il mistero di Gesù per coinvolgere il lettore in questa vicenda umana e divina e per interpellarlo chiedendogli una decisione di fede. Tutti e due i brani di oggi concentrano la nostra attenzione sul mistero di Gesù Cristo, il Dio incarnato e ci invitano oltre alla vigilanza anche alla gioia perché ci ricordano che l’incarnazione di Cristo ha impregnato tutta la storia e che la vita degli uomini è guidata da Dio che è amore e misericordia; a Lui va tutta la nostra gratitudine per la vita nuova che nel suo Figlio sempre ci offre, e per tutti i doni ricevuti!
Buon Anno a tutti!

a cura delle monache benedettine di Monte San Martino

La lettera di Giovanni è un’esortazione alla comunità cristiana perché sia coerente alle scelte fatte nei riguardi di Dio e del mondo:
Sia ai figli che ai padri Giovanni raccomanda di non amare il mondo, esso è il regno del maligno, del tentatore che spinge gli uomini al male opponendosi a Dio.
Non si può servire a due padroni; colui che ama il mondo non può dire di amare Dio.
Giovanni passa dunque a descrivere le forze che guidano il mondo: sensualità, seduzione delle apparenze, orgoglio che risulta dal possesso dei beni terreni.
Le vere realtà sono altre, sono quelle invisibili che ci riserva il Padre nel regno dei cieli.
La lettera di Giovanni ci pone difronte alla domanda: quali beni desideriamo e cerchiamo veramente?
Se decidiamo di aderire a Cristo dobbiamo dire “no” alle forze del maligno così anche noi possiamo testimoniare che abbiamo vinto il maligno perché Cristo dimora in noi e ci preserva dal male. Celebrare il natale dunque significa separarsi dalla mentalità del mondo per seguire le beatitudini che Cristo ci propone e che non hanno nulla a che fare con le mode facili, comode e passeggere del mondo.
Con la forza di Cristo possiamo cantare anche noi il “Signore regna”! Dice san Girolamo a proposito di questo salmo: “Ogni giorno il Cristo è crocifisso per noi; noi siamo crocifissi al mondo e il Cristo è crocifisso in noi; e ogni giorno il Cristo risuscita in noi”.
Il Vangelo ci presenta la testimonianza della profetessa Anna. La legge ebraica esigeva la deposizione di due testimoni per garantire l’autenticità di un fatto: Simeone e Anna esprimono con la loro età, la lunga attesa dell’umanità e testimoniano la venuta del Messia. La profetessa Anna, vedova, donna di preghiera e di penitenza è anche lei nella schiera dei poveri di Jhavè, per questo loda il Signore quando riconosce nel Bambino Gesù l’atteso messia e diffonde la notizia della sua venuta “a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme”.
Il Vangelo di oggi termina con l’osservazione che Gesù cresceva a Nazaret pieno di grazia. Questa Parola ci ricorda che la nostra vocazione cristiana di vivere nel mondo a servizio dei fratelli, inoltre ci sprona a testimoniare Cristo con la lode e l’annuncio del messaggio di salvezza con l’umiltà e semplicità.

a cura delle monache benedettine di Monte San Martino

La prima lettera di Giovanni si presenta come una lettera enciclica destinata alle comunità dell’Asia, minacciate dalle lacerazioni delle false dottrine che davano la priorità assoluta al sapere e,  solo grazie a questo, si sentivano salvati; san Giovanni considera invece insieme la conoscenza di Dio e la comunione con lui, la vita con lui e la fedeltà ai comandamenti, l’elevazione mistica ed una morale impegnata ed esigente sul piano dell’amore dei fratelli.
La pratica dell’amore fraterno è dunque il vero criterio per discernere se uno ha lo spirito di Dio: si tratta di un amore concreto che giunge anche a donare la vita per il nemico perché Dio nel donarci suo Figlio ha fatto conoscere a noi, che eravamo suoi nemici, il mistero del suo amore.
Il Signore ci conceda il suo Santo Spirito perché possiamo mettere in pratica il comandamento dell’amore per poter cantare con il salmista un canto nuovo. “Il canto nuovo è quello dell’uomo nuovo. Il canto nuovo è la nuova alleanza” (Origene).
Il brano del vangelo di Luca narra l’episodio della presentazione di Gesù al tempio. La legge mosaica prescriveva che, quaranta giorni dopo la nascita del primo figlio, i genitori si recassero al tempio di Gerusalemme per offrire il loro primogenito al Signore e per la purificazione della madre.
Anche Giuseppe e Maria si assoggettano a questa prescrizione e offrono il Bambino Gesù, anticipo della vera offerta del Figlio al Padre che si compirà sul Calvario. Essi compiono questo segno secondo l’offerta dei poveri, perché Gesù da ricco che era si è fatto povero per noi, perché noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà. Nel Tempio avviene l’incontro del Messia appena nato con il vecchio Simeone; il quale riconosce Gesù per il Messia atteso e lo proclama salvatore e luce del mondo. Da questo momento il destino di 0ogni uomo si deciderà dall’atteggiamento assunto nei suoi confronti: egli sarà per la rovina o per la risurrezione.
Il vecchio Simeone ci invita, con il suo esempio, a scoprire, mossi dallo Spirito, la presenza di Dio nella nostra vita, nelle persone che possono sembrare poco significative, nei piccoli fatti di ogni giorno; inoltre ci presenta un cristianesimo esigente che ci mette di fronte a scelte serie e a rinunce anche dolorose ma che ci permettono di essere più chiaramente “figli della luce”.

a cura delle monache benedettine di Monte San Martino

Il cammino alla sequela di Cristo non è facile, spesso costa sangue; oggi alla testimonianza di Stefano e di Giovanni Battista si aggiunge quella dei bambini innocenti di Betlemme. Questa festa mette in evidenza la malvagità di Erode che semina odio e morte e l’amore del Giusto innocente, Gesù che dona la sua vita per la salvezza del mondo. Anche la lettera di Giovanni ci presenta gli uomini divisi in figli della luce e figli delle tenebre.
Il segno che si appartiene alla luce é l’amore, la comunione con i fratelli; invece chi sta nelle tenebre vive nel non amore, oppresso dalle passioni.
Ogni giorno davanti a Cristo-luce siamo chiamati a fare delle scelte di vita a favore a contro l’amore, siamo chiamati a gettar via le opere delle tenebre per indossare le armi della luce.
Questa Parola ci invita a riconoscerci incapaci di amare veramente e a confidare nella misericordia di Colui che solo può liberarci con il suo sangue dal peccato e ristabilire la nostra comunione con Dio: Gesù Cristo giusto.
In Lui anche noi possiamo superare ogni prova e cantare con il salmista: “Il nostro aiuto è nel nome del Signore che ha fatto cielo e terra.”
L’evangelista Matteo in questo brano vuole stabilire un parallelo tra Gesù e Mosè; la loro nascita coincide con una strage di bambini ebrei innocenti decretata l’una da Erode e l’altra dal Faraone (Es. 1,8-2,10; mt2,13-18); ambedue vanno in Egitto (Es. 3,10;4,19 e Mt 2,13-14) ambedue attuano la parola “dall’Egitto ho chiamato mio figlio” (Es 4,22; Os 11,1 e Mt 2,15), tutti e due diventeranno liberatori: del popolo d’Israele e di tutta l’umanità, però prima sono essi stessi liberati.
In questo brano inoltre ci viene presentata la Famiglia di Nazaret esperta nel patire: essa infatti sperimenta la persecuzione, la fuga dalla propria terra, l’emarginazione, l’incertezza.
Gesù rimane segno di contraddizione: i Magi lo cercano per adoralo, Erode per ucciderlo; la stessa profezia su Rachele che piange i suoi figli (Ger 31,15) ci indica Gesù come il Messia atteso e rifiutato, in cui si compiono le promesse di Dio.
Questo Vangelo ci interroga sulla qualità della nostra testimonianza di cristiani: Giuseppe e Maria, dopo la gioia della nascita di Gesù, sperimentano che la volontà di Dio scomoda, crea disagio e sofferenza; eppure la compiono in silenziosa fiducia e amorosa obbedienza.
Come reagiamo noi quando Dio ci chiede una disponibilità che ci chiama a rinunciare ai noi stessi, ai nostri programmi, desideri, gratificazioni?
Siamo spesso facili a dire belle parole ma il Signore, come ai bambini innocenti, ci chiede di rendere testimonianza non a parole ma con le opere e con la vita.

a cura delle monache benedettine di Monte San Martino

Voi lo amate, pur senza averlo visto; e ora senza vederlo credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa.
(1Pt 1,8)

† Gerusalemme, 33 o 34 ca

Primo martire cristiano, e proprio per questo viene celebrato subito dopo la nascita di Gesù. Fu arrestato nel periodo dopo la Pentecoste, e morì lapidato. In lui si realizza in modo esemplare la figura del martire come imitatore di Cristo; egli contempla la gloria del Risorto, ne proclama la divinità, gli affida il suo spirito, perdona ai suoi uccisori. Saulo testimone della sua lapidazione ne raccoglierà l'eredità spirituale diventando Apostolo delle genti. (Mess. Rom.)

Patronato: Diaconi, Fornaciai, Mal di testa

Etimologia: Stefano = corona, incoronato, dal greco

Emblema: Palma, Pietre

Martirologio Romano: Festa di santo Stefano, protomartire, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, che, primo dei sette diaconi scelti dagli Apostoli come loro collaboratori nel ministero, fu anche il primo tra i discepoli del Signore a versare il suo sangue a Gerusalemme, dove, lapidato mentre pregava per i suoi persecutori, rese la sua testimonianza di fede in Cristo Gesù, affermando di vederlo seduto nella gloria alla destra del Padre.
 

25 Dicembre Natale del Signore

Mentre il silenzio fasciava la terra

 

Mentre il silenzio fasciava la terra

e la notte era a metà del suo corso,
tu sei disceso, o Verbo di Dio,
in solitudine e più alto silenzio.

La creazione ti grida in silenzio,
la profezia da sempre ti annuncia,
ma il mistero ha ora una voce,
al tuo vagito il silenzio è più fondo.

E pure noi facciamo silenzio,
più che parole il silenzio lo canti,
il cuore ascolti quest'unico Verbo
che ora parla con voce di uomo.

A te, Gesù, meraviglia del mondo,
Dio che vivi nel cuore dell'uomo,
Dio nascosto in carne mortale,
a te l'amore che canta in silenzio.

 

(David Maria Turoldo)

 

Sinceri Auguri di Buon Natale

2Sam 7,1–5.8b–11.16;    Sal 88, 2–5.27.29;    Lc 1, 67-79

 

       Nella tradizionale preghiera mariana dell’Angelus, ad un certo punto così preghiamo: “ E il Verbo di Dio si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14). Il verbo greco che usa l’evangelista, eskēnosen, cf. skēnē, tenda,e che si riferisce al versetto “venne ad abitare in mezzo a noi”, allude alla miškān, alla dimora che simboleggiava la presenza di Dio al tempo dell’esodo, quando accompagnava il popolo nel deserto.
       Il re Davide, come ci presenta la prima lettura, vuole “catturare” questa Presenza in modo stabile, costruendogli un edificio come si conviene a un Dio. Questo desiderio del re, sembra buono anche al profeta Natan, ma non tutti i buoni desideri di dare gloria a Dio sono scevri dal’essere viziati da quelli che sono i bisogni e le logiche umane di successo, potere, stima, controllo ecc… Però Dio non umilia Davide con un rifiuto ma, leggendo invece il suo desiderio più vero e profondo, tramite il profeta, ricentra la logica di stabilità del regno, che lui aveva in mente, con quella divina, che va sempre oltre e più di ogni progetto umano.
       In questo testo si gioca sul termine ebraico bayit che può avere due significati: quello di edificio e quello di discendenza o dinastia. E’ Dio che andrà incontro al desiderio di Davide facendogli una promessa “ io susciterò un tuo discendente…egli edificherà una casa al mio nome…io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio…e il tuo trono sarà reso stabile per sempre”. Questa promessa risuonerà in modo unico nell’annuncio a Maria “ Concepirai un figlio…Il Signore gli darà il trono di Davide…e il suo regno non avrà fine”.

       Il salmo responsoriale riprende il tema della promessa messianica, la “discendenza” sarà inviata da Dio stesso, e sarà il più alto segno d’amore per il genere umano, l’ha detto e l’ha fatto; per questo col salmista possiamo dire: “ Canterò per sempre l’amore del Signore”.
      Il desiderio dell’uomo di avere sempre Dio con sé e il desiderio di Dio di avere sempre l’uomo con sé, si sono potuti realizzare definitivamente e pienamente nel figlio di Davide, Gesù Cristo. In Lui siamo tutti resi figli nel Figlio.
      Il Benedictus che ci propone il Vangelo, è cantato da Zaccaria che è pieno di Spirito Santo; egli benedice Dio perché le profezie e le attese dei padri si sono compiute, e profetizza su suo figlio la missione di precursore, lodando il Signore perché Dio, per la sua tenerezza e misericordia, ci viene a visitare  come un sole che sorge dall’alto per risplendere su di noi che siamo nelle tenebre dell’errore e della morte e per dirigere i nostri passi sulla via della pace.
 

A cura delle Monache Benedettine di Monte San Martino

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