rosone

Il pensiero del giorno

Ml 3, 1 -4. 23 – 24;  Sal 24, 4 -5.8 -11;  Lc 1,57 – 66

      In un tempo in cui ( come ci ha fatto presente il Papa quest’anno nel giorno della festa dell’Immacolata) siamo intossicati ogni giorno da cattive notizie che rendono i nostri volti più cupi e meno sorridenti, ci viene incontro Maria che ci insegna ad aprirci all’azione misericordiosa di Dio e a riconoscere in mezzo a tanto male un messaggero di Buone Notizie. Ma non è facile riconoscere un inviato da Dio al nostro cuore se questo cuore non è un cuore riconciliato.
     La prima lettura ci presenta il profeta Malachia che, in un periodo di abusi di potere sia da parte delle autorità politiche e civili, sia da parte di quelle religiose, annuncia che Dio ha misericordia del suo popolo. Egli invierà un messaggero che purificherà i cuori per non farli cadere nel giorno dello sterminio.
     Per questo come ci incoraggia il salmo responsoriale : “ Leviamo il capo perchè è vicina la nostra salvezza”, perchè Dio “indica ai peccatori la via giusta”. Riconosciamoci tra gli anawim, I poveri di Jhawe, coloro che hanno come unica speranza la misericordia di Dio “ Ricordati Signore della tua misericordia e del tuo amore che è da sempre” (Sal 24,6).
    “Ricordati Signore” ci riconduce a Zaccaria, il cui nome significa appunto “ Dio ricorda”. E il Vangelo ci narra proprio la storia della misericordia di Dio, dove le più profonde aspirazioni del cuore umano, l’attesa del Salvatore, stanno giungendo a compimento. La nascita di Giovanni sta a indicare che “ come Dio aveva promesso ai profeti di un tempo” la Sua Misericordia (Giovanni significa: Dio è misericordia), così apre le porte alla Salvezza.
    Siamo perciò introdotti nel tempo pieno della gioia, della meraviglia, dell’ammirazione per un Dio che si prende a cuore la povertà dell’uomo, che lo libera dalle paure e dall’incredulità che lo rendono sordo e muto di fronte alle Promesse. Non rimaniamo sterili spettatori di questi eventi, ma apriamo gli occhi e il cuore all’ingresso di Dio nella storia per essere messaggeri di quella Speranza che non delude e che solo Dio può far fiorire nel cuore di ogni uomo.

Preghiamo per noi e in particolare per i fratelli che sono senza speranza e non conoscono l’amore di Dio e diciamo:

 

O Emmanuele,
nostro re e legislatore,
speranza e salvezza dei popoli:
vieni a salvarci,
o Signore nostro Dio.

A cura delle Monache di Monte San Martino

1Sam 1,24 – 28;  Cant. 1Sam 2, 1.4 – 8;   Lc 1, 46 – 55

     Oggi ci soffermiamo a contemplare due donne, Anna madre di Samuele e Maria la madre di Gesù. Ci accostiamo a loro per ricevere luce di speranza per il nostro quotidiano procedere nella vita, un cuore intelligente, che sappia leggere dentro la nostra storia la continua e amorosa Presenza di Dio e grato perché questa Presenza sempre ci sostiene e ci benedice.
     Dunque due donne, due madri, due vite unite, anche se a distanza di tempo, dal filo d’oro della Misericordia di Dio, della sua gratuità e della sua fedeltà alla promessa di Abramo. Un filo d’oro che nell’intrecciarsi ad altri fili forse meno nobili, rende però prezioso il tessuto di una storia, di ogni storia e vita. Un filo che non si consuma ma che sempre rimane luminoso anche quando il tessuto perde la sua originaria freschezza.
    La prima lettura tratta dal libro di Samuele, ci parla di Anna, donna sterile e umiliata per non poter avere figli; Dopo un’accorata preghiera, riceve in dono la vita tanto sperata e il suo grembo fiorisce. Così anche la storia di Maria, anche lei frutto di genitori particolari: Gioacchino e Anna erano sterili e anziani e,dopo un’insistente preghiera, ricevono in dono Maria (cfr. Vang. Apoc. Giacomo).
Anna e Maria due donne consapevoli che la vita è dono gratuito, consapevoli della loro piccolezza, della loro povertà, ma anche consapevoli che Dio agisce proprio attraverso la categoria degli ultimi, dei poveri, degli sconosciuti.
        Per questo possono essere riempite della ricchezza della Sua Grazia. E la grazia ricevuta se non viene ridonata, condivisa, non cresce, non si moltiplica ma marcisce. Anna ridona al signore Samuele, la vita che Lui le ha donato non le appartiene, e lo fa con cuore grato e gioioso. Infatti così il Salmo ci fa cantare : “l’anima mia magnifica il signore”.
          Ed è anche il canto di Maria nel Vangelo. Maria celebra la santità di Dio che si manifesta nelle creature deboli, umili, semplici. Il Magnificat è un concentrato di tutta la storia della salvezza che dalle origini si espande fino a noi, oggi, se, come Anna, come Maria, fissando lo sguardo sul filo d’oro della Misericordia e della Provvidenza di Dio, non ci soffermiamo sulle nostre fragili sicurezze, o sulla nostra consunta storia, ma ci apriamo con fiducia filiale all’azione dello Spirito, perché ciò che Dio ha compiuto in Maria lo possa compiere anche in noi, generando Cristo Gesù. “ L’anima mia magnifica il Signore”.  

Chiediamo alla Vergine Maria che dia forza alle nostre voci  e in unione con tutta la Chiesa diciamo:

O Re delle genti,
atteso da tutte le nazioni,
pietra angolare
che riunisci i popoli in uno,
vieni, e salva l’uomo
che hai formato dalla terra.

 

A cura delle Monache di Monte San Martino

Le letture che il lezionario ci propone in questi pochi giorni che ci separano dal Natale sono ricche di movimento, di gioia, di canto, di lode per le meraviglie che Dio compie nella vita e nella storia dell’uomo umile e semplice. Meraviglie che solo un cuore in trepidante e amorosa  attesa sa cogliere, anzi accogliere, gestare e dare alla vita tramite un’attenzione fattiva a chi ci vive accanto e non solo.
    La prima lettura tratta dal Cantico ci introduce in questa trepidante attesa di una venuta. La sposa attende l’amato, non vede l’ora che arrivi, con le orecchie tese ad una voce, l’unica. “ Una voce! l’amato mio!” E l’attesa si compie, lo sposo chiama la sposa e le dice “ Alzati, amica mia, mia bella e vieni, presto!”.
    Vieni, in ebraico è lekilāk,  la formula verbale che troviamo in Gen. 1,12 e 22,2, quando Dio ordina ad Abramo di partire per il paese dell’Alleanza. Ora si tratta della Nuova Alleanza, mistero della Kenosi di Dio: la sposa – l’umanità – non può salire fino a Lui e allora Dio stesso è lo sposo che, saltando per i monti e i colli, discende e si fa uomo, l’uomo Gesù, l’uomo nuovo che può dire alla donna nuova – Maria “vieni”.

    E in Maria siamo tutti noi e con lei possiamo intonare, così come ci suggerisce il salmo responsoriale, il canto nuovo” Beata la nazione che ha il signore come Dio, il popolo che egli ha scelto come sua eredità” infatti con lei siamo beati perché siamo diventati sua eredità.

    Maria è l’arca della Nuova Alleanza, il percorso che compie in fretta da Nazaret ad Ain Karim è lo stesso che fece Davide mentre portava l’arca dell’alleanza a Gerusalemme, tra canti e tripudi, benedicendo con la sua Presenza la casa di Obed Edom dove rimase tre mesi ( 2Sam 6,11).
   Maria è l’arca che porta il lieto messaggio ad Elisabetta, (presso cui si intrattiene per circa tre mesi) e reca con se la pienezza di gioia che Dio le ha gratuitamente donato. Una gioia che nell’incontro fa trasalire Elisabetta e il bimbo che porta in grembo, Giovanni il precursore, “ Appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia”; “ha sussultato” Luca usa un verbo greco particolare eschírtesen che significa : saltare, o più liberamente danzare – tripudiare, proprio come danzò Davide davanti all’arca, con tutte le sue forze. (2Sam 6,5).
    Con questo gesto gioioso Giovanni quasi ci anticipa chi è lui e Chi è il bimbo nel grembo di Maria, infatti un giorno dirà “Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena” (Gv3,29).
     Ora questa gioia è anche nostra perché, nella sposa –Maria – la Chiesa, siamo tutti noi che attendiamo la manifestazione della sua venuta. Amen, Vieni Signore Gesù.

In comunione preghiamo e diciamo:

O Astro che sorgi,
splendore della luce eterna,
sole di giustizia:
vieni, illumina
chi giace nelle tenebre
e nell’ombra di morte.


A cura delle Benedettine di Monte San Martino

Dai detti dei Padri della Chiesa


La tristezza è il più malvagio di tutti gli spiriti ed il più temibile per i servi di Dio e più di tutti gli spiriti rovina l’uomo e caccia lo Spirito Santo


"Il Pastore" di Erma



Antifona Maggiore del 20 Dicembre


O Chiave di Davide e scettro della casa d’Israele,
che apri e nessuno può chiudere, chiudi e nessuno può aprire,
vieni: libera l’uomo prigioniero, che giace nelle tenebre e nell’ombra di morte.

La prima lettura tratta dal libro dei Giudici racconta l’annuncio della nascita di Sansone.
Manoach un uomo di Zorea, della famiglia dei Danìti aveva sposato una donna sterile. L’angelo del Signore apparve a questa donna e disse: “ Ecco tu sei sterile e non hai avuto figli, ma concepirai e partorirai un figlio sulla cui testa non passerà mai rasoio, perché il fanciullo sarà un nazireo consacrato a Dio fin dal seno materno; egli comincerà a liberare Israele dalle mani dei Filistei”.
La donna raccontò tutto al marito, poi partorì il figlio e lo chiamò Sansone, egli crebbe, il Signore lo benedisse e lo Spirito del Signore era in lui.
Dio porta avanti il suo progetto di salvare il suo popolo e usa vie misteriose, fa nascere un figlio da una donna sterile, Dio agisce nella debolezza dell’uomo. Sceglie Sansone, un uomo famoso per la sua forza, la forza però viene da Dio e quando lui cerca di usarla per altri scopi rendendosi protagonista essa si ritira da lui e cade nelle mani dei nemici; la forza gli ritorna appena ricrescono i capelli e la usa per sconfiggere i nemici del popolo d’Israele sacrificando la sua vita.
In Sansone inizia la salvezza che sarà realizzata pienamente da Gesù Cristo.
Il salmo ci invita a cantare la misericordia di Dio e i suoi prodigi. Dio è la nostra rupe di difesa, il nostro rifugio, la nostra fortezza.
Uniamoci alla preghiera del salmista che chiede di essere liberato dalle mani dell’empio riconoscendo che nel nostro cuore c’è l’inclinazione al male e che la nostra speranza è solo Dio.
In parallelo con la prima lettura, nel vangelo, si racconta l’annuncio della nascita di Giovanni Battista.
Al tempo di Erode, re della Giudea, c’era un sacerdote chiamato Zaccaria, della classe di Abìa, aveva sposato Elisabetta, della discendenza di Aronne. Non avevano figli perché lei era sterile, erano osservanti irreprensibili della Legge.
A Zaccaria che officiava davanti al Signore, gli toccò in sorte di entrare nel tempio per fare l’offerta dell’incenso, gli apparve l’angelo Gabriele che gli disse: “Non temere, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie ti darà un figlio, che chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza e molti si rallegreranno della sua nascita, poiché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà pieno di Spirito Santo . . . preparerà al signore un popolo ben disposto”.
Zaccaria rispose che lui e sua moglie erano vecchi, per la sua incredulità rimase muto, la sua lingua si sciolse alla nascita del bambino per benedire il Signore.
“Se Giovanni avesse presentato se stesso, la bocca di Zaccaria non si sarebbe schiusa. Si scioglie la lingua perché nasce la voce; Giovanni dice:  Io sono voce di uno che grida nel deserto.  Voce di uno che rompe il silenzio. Preparate la via al Signore, quasi a dire: per questo io grido, per introdurre lui nel cuore.
Che vuol dire: preparate la via, se non: elevate suppliche degne? Che vuoi dire: preparate la via, se non: siate umili nei vostri pensieri? Da lui stesso prendete esempio di umiltà, avvertì dov'era per lui la salvezza: comprese di essere lucerna ed ebbe timore perché non venisse spenta dal vento della superbia”.
(sant’Agostino)
Cerchiamo di imitare Giovanni nella sua umiltà e ripetiamo con fede:

O Germoglio della radice di Iesse,
che t’innalzi come segno per i popoli:
vieni a liberarci, non tardare!

 

A cura delle Monache Benedettine di Monte San Martino

Attraverso il profeta Geremia Dio promette di suscitare nella casa di Davide un germoglio giusto che regnerà da vero re e di radunare il suo popolo disperso in terra d’esilio per farlo dimorare nella propria terra. Dio continua ad essere fedele nonostante il peccato del suo popolo. Questa promessa si compirà pienamente in Gesù Cristo, Lui sarà il re saggio che eserciterà il diritto e la giustizia.
Il salmo ci invita a benedire il Signore, Dio di Israele, perché egli solo compie prodigi. Benedetto è il suo nome glorioso per sempre, della sua gloria sia piena tutta la terra.
Siamo chiamati a dare gloria a Dio e non a noi stessi perché è Lui che opera il bene attraverso di noi.
Il Vangelo racconta di come avviene la nascita di Gesù. La Vergine Maria, promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trova incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe che era giusto decise di non ripudiarla,  ma di licenziarla in segreto, mentre pensava queste cose un angelo gli apparve in sogno e disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”.
Giuseppe destatosi dal sonno prese con sé sua moglie, obbedì alle parole che Dio gli aveva detto attraverso l’angelo.
La nostra salvezza non un’opera umana ma divina, è lo Spirito Santo che agisce in Maria.
Giuseppe non comprende ciò che sta avvenendo nella sua sposa e interviene Dio attraverso un angelo. Maria aspetta i tempi di Dio, non si mette a discutere con Giuseppe, aspetta in silenzio: E’ Dio che porta avanti la sua opera, che le spiana la strada.
Gesù viene per salvare il suo popolo dai peccati. Oggi si cerca di eliminare il senso del peccato, tutto è lecito, si parla erroneamente di libertà e così con le nostre stesse mani ci costruiamo una prigione, cerchiamo la gioia ma rifiutiamo la via che ci conduce ad essa: Gesù Cristo. Solo riconoscendo che ci siamo allontanati da Lui, che ci siamo fatto dio della nostra vita, possiamo fare esperienza del perdono. Il Signore ci aiuti ad essere luce per i nostri fratelli.
Giuseppe ha ascoltato la voce di Dio e ha obbedito con umiltà, siamo chiamati anche noi a fare altrettanto. E’ Dio che salva e noi non possiamo appropriarci della sua opera, siamo chiamati a servirlo lasciando che agisca attraverso di noi.
In comunione con tutta la Chiesa preghiamo l’antifona di questo giorno per noi e in modo particolare per i fratelli che sono lontani:

O Signore, guida del tuo popolo,
che hai dato la Legge a Mosè sul monte Sinai:
vieni a liberarci con la tua potenza.

 

A cura delle Monache Benedettine di Monte San Martino

Nella prima lettura Giacobbe dal suo letto di morte benedice i suoi dodici figli.
Le parole pronunciate in questa occasione sono sacre esse sono una profezia per ognuno dei figli.
L’attenzione va sulla benedizione che riceve Giuda. Giuda te loderanno i tuoi fratelli; la tua mano sarà sulla nuca dei tuoi nemici. . . Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone dal comando tra i suoi piedi, finchè verrà colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l’obbedienza dei popoli. Queste parole sono riferite al Re Davide ma anche e sopratutto a Gesù Cristo, il Messia.
In Lui noi tutti diventiamo eredi della benedizione e tutti i popoli lo diranno beato.
Regga con giustizia il tuo popolo e i tuoi poveri con rettitudine. . .ai miseri del suo popolo renderà giustizia, salverà i figli dei poveri. Il salmo 71 ci ricorda che Gesù è il Re potente, ma è un re che si è fatto servo dei poveri per amore.
Nel Vangelo di oggi troviamo la genealogia di Gesù. Sembra un testo arido, fatto solo di una lunga serie di nomi, invece è un testo importante in cui vediamo come la volontà di Dio di salvare il suo popolo si intreccia con la storia dell’uomo segnata soprattutto dalla fragilità e debolezza. Sono indicate le 14 generazioni che vanno da Abramo a Davide, le 14 che vanno da Davide fino alla deportazione e le 14 che vanno dalla deportazione in Babilonia a Gesù Cristo.
Abramo ricorda  l’elezione, è Dio che prende l’iniziativa e in Abramo benedice tutti i discendenti. Il re Davide ricorda lo splendore del Regno e le promesse messianiche. L’esilio segna la fine della casa di Davide, la schiavitù babilonese e il riscatto operato da Dio con la redenzione.
Nella genealogia compaiono 4 nomi di donne: Tamar (un’imbrogliona che per avere una discendenza inganna Giuda suo suocero), Raab (una prostituta), Rut (una straniera) e Betsabea (la donna con la quale Davide adulterò). Esse stanno ad indicare che la salvezza di Dio è aperta a tutti anche a coloro che non fanno parte del popolo di Israele e ai peccatori. L’elenco dei nomi termina con Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo.
Siamo chiamati ad accogliere l’amore che il Padre ci offre in Gesù Cristo a non scandalizzarci delle nostre miserie e delle miserie che vediamo all’interno della Chiesa e a ripetere con fede l’antifona di questo giorno:

O Sapienza che esci dall’Altissimo e tutto disponi con forza e dolcezza: viene a insegnarci la via della vita.

 

A cura delle Monache Benedettine di Monte San Martino

“E’ Dio che fa la luce e crea le tenebre, fa il bene e provoca la sciagura”. Con queste parole il profeta Isaia ricorda che la nostra esistenza non dipende dal caso e che Dio manda il suo aiuto per vie inaspettate, usa il re dei Persiani ,Ciro, per liberare il popolo d’Israele dall’esilio.
“Volgetevi a me e sarete salvi, paesi tutti della terra, perché io sono Dio; non ce n’è altri”. Questo monito è rivolto a tutti noi che siamo alla ricerca sempre di novità, di esperienze nuove, dimenticando che l’angoscia e la disperazione così divaganti nel nostro tempo sono causate dall’allontanamento da Dio. Siamo in un tempo favorevole, questo tempo di Avvento ci invita a fermarci, a ritornare sui nostri passi per volgere i nostri cuori a Dio che sempre rinnova il suo amore per noi. “Stillate, cieli, dall’alto e le nubi facciano piovere la giustizia, si apra la terra e produca la salvezza”. Questa profezia si è compiuta  con la nascita di Gesù, è Lui la nostra giustizia, è Lui che si è offerto per la nostra salvezza. Anche nel salmo ritroviamo le stesse parole profetiche. Ma come si possono concretizzare nelle nostra vita?  “In che modo da te, peccatore ed iniquo, potrà germogliare la verità? Confessa i tuoi peccati, e la verità spunterà fuori da te. La verità è spuntata fuori dalla terra, cioè dall'uomo è scaturita la confessione dei peccati e dal cielo si è affacciata la giustizia. Cioè: a colui che riconosceva la propria colpa Dio ha fatto dono della giustificazione. L'empio ha da riconoscere che egli, da sé solo, non può diventare santo, ma può rendercelo solamente colui dinanzi al quale ha confessato i propri peccati. E questo avviene mediante la fede in colui che giustifica l'empio 33. Di tuo quindi puoi avere i peccati, ma frutti di opere buone non puoi averne, se non te li dà colui al quale ti confessi. Confessando a lui i tuoi peccati, meriterai di ottenere da lui altre dolcezze: ti darà il gusto di compiere la giustizia; e così comincerà a procurarti gioia la giustizia, Il Signore darà la sua dolcezza e la nostra terra darà il suo frutto. Oh, sì, venga il Signore a visitare il vostro cuore: nelle ore di svago e fra le occupazioni, in casa, nel letto, durante la refezione e la conversazione o il passeggio, in ogni luogo ove a noi non è dato di venire. Venga la pioggia divina, e il seme che è stato sparso produca i suoi frutti!” (dall’Esp. Sal. 2 di sant’Agostino) Nel Vangelo Giovanni Battista che sta in carcere manda due dei suoi discepoli da Gesù per chiedere: “ Sei tu colui che viene, o dobbiamo aspettare un altro? E Gesù risponde: Andate a riferire a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi vengono sanati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunziata la buona novella. Con la venuta di Gesù si instaura il Regno di Dio, la vittoria della vita sulla morte accogliamolo perché sarà beato chi non si scandalizza di Lui.

 

A cura delle Monache Benedettine di Monte San Martino

Attraverso il profeta Sofonia Dio richiama fortemente alla conversione il suo popolo. “Guai alla città ribelle e impura. . .non ha accettato la correzione, . . non si è rivolta al suo Dio.”  Egli è un Dio geloso permette l’esperienza dura del castigo per purificare il suo popolo. Non ci lascia vagare lontano da Lui ci viene a cercare con amore attraverso i profeti del nostro tempo e con i fatti della vita. Nel giorno del Signore non si proverà più vergogna per i misfatti commessi perché Egli è misericordioso, condanna il peccato e non il peccatore. Dopo la purificazione darà al suo popolo un labbro puro, perché invochino tutti il suo nome e lo servano tutti sotto lo stesso giogo, con umiltà e obbedienza. Con la sofferenza si prepara un popolo che confida in Lui che non commetterà più l’iniquità e potrà pascolare e riposare senza che alcuno lo molesti. Il Salmo ci invita a benedire il Signore in ogni tempo. La nostra lode sale al Padre attraverso Gesù Cristo sommo sacerdote, è Lui che la purifica e le dà forza, è in Lui che possiamo benedire anche nel tempo della prova “perché Dio non toglie se stesso a chi lo benedice” (esp. Salmo 33 s. Agostino). Ascolta i poveri e manda il suo angelo a quelli che lo temono per liberarli. Nel Vangelo Gesù, rivolgendosi ai sacerdoti e agli anziani, racconta che un uomo aveva due figli, li invitò  a lavorare la vigna, il primo disse di sì ma poi non andò, il secondo invece rispose che non aveva voglia ma poi si pentì e andò. Alla domanda chi dei due ha compiuto la volontà del Padre rispondono l’ultimo; Gesù aggiunge che i pubblicani  e le prostitute passeranno avanti nel regno Di Dio, essi infatti a Giovanni Battista hanno creduto a differenza degli anziani e dei sacerdoti. Quello che conta non sono i nostri buoni propositi ma la nostra reale adesione alla volontà di Dio nei fatti concreti di tutti i giorni. Siamo chiamati ad uscire dal nostro falso perbenismo e autosufficienza per vivere con attesa gioiosa questo Avvento perché la salvezza non dipende dalle nostre forze ma da Dio che si dona gratuitamente a noi.

 

A cura delle Monache Benedettine di Monte San Martino

Dio non è un uomo che dice e poi si pente, la sua benedizione e la sua fedeltà rimangono per sempre! E’ questa la sintesi del racconto presentato nella prima lettura. Balak, il re Moab, ha paura del popolo d’Israele che si è accampato nelle steppe del suo territorio e chiama Balaam un indovino per maledirlo. Dalla bocca di Balaam che è “costretto” ad obbedire a Dio esce una benedizione, elogia la bellezza delle tende di Giacobbe  che  come un torrente  si diramano, come giardini lungo un fiume. Conclude dicendo che vede una stella che spunta da Giacobbe e che uno scettro sorge da Israele. Davanti alla visione dell’Onnipotente l’indovino cade, si prostra con la faccia a terra gli è tolto il velo dagli occhi e contempla la bellezza del popolo di Dio fino a profetare la venuta del Messia. Con il salmo chiediamo al Signore di farci conoscere le sue vie, di insegnarci i suoi sentieri. Le sue vie non sono larghe, ma strette e conducono alla vita. Abbiamo bisogno di essere guidati nella fedeltà del Signore e istruiti. Da noi viene solo la menzogna, la salvezza è un dono, da soli non possiamo tornare se Dio non viene incontro al nostro errare. Il Signore insegna ai poveri le sue vie, a coloro che non vogliono correre avanti, quasi potessero meglio guidarsi da sé medesimi, ma a coloro che non levano in alto la fronte, che non recalcitrano ma che accolgono il suo giogo. (Cfr. Esp. Sui salmi di S. Agostino) Nel Vangelo vediamo che i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo chiedono a Gesù da dove viene la sua autorità. Gesù risponde dicendo: l’autorità di Giovanni Battista viene dal cielo o dagli uomini? In questo modo sono smascherati, non rispondono, non possono mettersi contro Giovanni il Battista che è riconosciuto dal popolo come un profeta e non accettano che è un dono che viene dall’alto perché si rifiutano di credere. Lasciamoci smascherare anche noi dal Signore, lasciamoci guidare dalla Stella, sottomettiamoci con amore all’autorità di questo Re. Accostiamoci con fiducia alla Chiesa in questo tempo di Avvento per diventare eredi della benedizione e godere della ricchezza che Dio ha deposto in essa,  con la consapevolezza che non abbiamo una fissa dimora su questa terra ma siamo in cammino, pellegrini verso il Cielo.

 

A cura delle Monache Benedettine di Monte San Martino

Ovunque tu vada, abbi sempre Dio davanti agli occhi.

(Antonio abate)

Il libro del Siracide, nel brano della liturgia di oggi, ci presenta la figura del profeta Elia e ne tesse l’elogio. Egli viene paragonato al fuoco per lo zelo con cui lottò contro l’idolatria del suo popolo e per la sua predicazione; ma egli si è reso glorioso soprattutto per la sua misteriosa scomparsa su un carro di fuoco, segno della vittoria della vita sulla morte e della speranza escatologica. Egli infatti, secondo la tradizione giudaica, sarebbe ritornato per preparare la venuta dei tempi messianici. Questo ritorno si compirà nella persona di Giovanni Battista. La missione di Elia è una parola di fuoco oggi per noi perché ci chiede di dare a Dio solo il nostro culto rigettando tutti gli idoli che il mondo ci invita ad adorare. In questo Avvento dunque lasciamo che il Signore bruci con la fiamma del suo amore tutto ciò che ostacola l’unione intima con Lui, affinché anche noi possiamo essere luce e fuoco per il mondo!

Col salmo 79 possiamo anche noi cantare con il salmista “Fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi”, soltanto se Dio manifesta il suo volto misericordioso, noi, devastati dal peccato, possiamo ritornare a Dio ed essere salvi.

Vangelo
Gesù, dopo la trasfigurazione, ai discepoli che si stupiscono che Elia non abbia assolto il ruolo di precursore, risponde che Elia è già venuto nella persona di Giovanni Battista, ma molti non hanno saputo riconoscerlo. Giovanni Battista è la voce che grida e invita tutti a convertirsi, denuncia la posizione irregolare del re Erode per questo viene ucciso. La sua morte preannunzia quella del Figlio dell’uomo. Elia, il Battista, Gesù sono testimoni scomodi che mettono in discussione il nostro modo di vivere a volte borghese e facile al compromesso con il peccato e con il mondo. Accettare la loro testimonianza e quella dei profeti di oggi significa per noi accettare i disegni di Dio nella nostra vita che spesso ci obbligano a scuoterci dal sonno della superficialità e dell’indifferenza per immergerci nell’unica avventura degna di essere vissuta, quella della santità. E’ questo il vero Avvento, è questo il vero Natale!

Nella prima lettura il discorso del Secondo - Isaia ritorna ancora sul popolo protetto da Dio, segue un triste rimprovero per l’infedeltà del popolo che ha scelto la via della sua caparbietà perdendo così tutti i benefici di cui avrebbe goduto se fosse stato fedele, anche l’esilio poteva essere evitato ascoltando la voce del Signore; comunque il ritorno in patria può ancora far sperare nei benefici previsti. Quando anche noi, come il popolo d’Israele, siamo tentati di abbandonare il nostro Dio per stringere altre alleanze ricordiamoci che così facendo ci priviamo dei sublimi doni divini.
Lasciamoci guidare dalla Parola di Dio per gustare la dolcezza dei frutti che maturano da un ascolto attento, docile e costante.

Il salmo 1 in risposta al passo di Isaia ci propone il tema delle “due vie” e dichiara beato l’uomo che sceglie la via di Dio e che “mormora” cioè medita la sua legge giorno e notte, così troverà la vera felicità.

Nel Vangelo il lamento passa dalle labbra del profeta Isaia a quelle di Gesù, egli paragona la sua generazione incredula a fanciulli musoni che respingono tutti i giochi che vengono loro proposti. I Giudei rigettano infatti sia l’austerità di Giovanni che la condiscenda di Gesù nei confronti dei peccatori. Ma il sapiente disegno di Dio si realizza e si giustifica da solo per le stesse opere compiute da Giovanni e sopratutto da Gesù.
Il Vangelo è un appello a non trovare scuse dinanzi al progetto di salvezza che Dio ci propone.
A volte ci lamentiamo di tutto e di tutti perché in fondo non vogliamo accogliere l’invito del Signore a cambiare vita e la gioia del perdono che egli ci viene a portare. Attendiamo con cuore sincero il Signore che viene e lasciamolo entrare nella nostra vita perché finalmente la trasformi secondo il suo piano d’amore.

In questo passo il profeta presenta Dio come il gö’èl, il redentore che, nella società dell’antico Israele, indica il parente stretto, colui che riscatta il prigioniero per i debiti, colui che difende la vedova. Dio dunque è il protettore dell’oppresso, del povero e il popolo deve credere nel soccorso del suo Signore quando vive il deserto della prova.
Appare qui ancora una volta uno scenario paradisiaco dove risplende l’intervento di un Dio misericordioso che si prende cura del suo popolo, il quale a sua volta è chiamato ad essere strumento di salvezza per tutti gli altri popoli.
Anche noi, poveri vermiciattoli, possiamo incontrare il nostro gö’èl in Gesù Cristo, che ha preso su di sé tutte le nostre iniquità e infermità per renderci creature nuove e libere capaci di portare la gioia della salvezza a quanti oggi gridano la loro angoscia, la loro povertà, la loro sete di Dio.
A noi la decisione di aprirci liberamente al suo amore!

Il salmo ci rinnova l’invito a non temere perché il Signore è paziente e ricco di grazia, nessuno è escluso dal suo tenero abbraccio che tutti accoglie, tutti salva, tutti benedice.

In Cristo Dio realizza pienamente la liberazione di ogni creatura dal peccato e dalla morte. La venuta del Figlio di Dio è preparata da un precursore, Giovanni Battista; nel brano di Matteo Gesù ne esalta la fede e la grandezza morale, eppure nel regno dei cieli anche il più piccolo ha una dignità più grande di quella di Giovanni, la dignità di figlio di Dio. Difendiamo questa enorme dignità prendendo coscienza con gioia che la mano di Dio è sempre tesa verso di noi per soccorrerci e liberarci da tutto ciò che minaccia di deturparla.
 

Con il capitolo 40, attribuito al Secondo-Isaia, un profeta anonimo della fine dell’esilio, inizia il libro della Consolazione di Israele.
Agli esiliati di Babilonia che si sentono abbandonati da Dio, Dio risponde che non c’è nessun motivo di dubitare della sua fedeltà. Egli, infatti, è il Signore onnipotente ed eterno ma è anche il Dio buono e misericordioso pronto a soccorrere chi riconosce con umiltà la propria fragilità e debolezza.
Questa Parola è un invito a non perdersi mai d’animo perché Dio ci è vicino, non ignora i nostri problemi e ha il potere di risollevarci dalle nostre fatiche e stanchezze e di rimetterci in cammino rinnovati nelle forze.
Il salmo è un inno a Dio amore che si prende cura di noi, ci guarisce e rende eterna la nostra giovinezza rinnovandoci con il suo perdono.
Il Vangelo completa il passo di Isaia: in Gesù, mite e umile di cuore, Dio si fa uno di noi, si fa Lui stesso povero, piccolo e così si propone come maestro di vera sapienza.
Ai poveri infatti, che si mettono alla sequela di Cristo, è indirizzato l’annuncio della buona novella del Regno, a loro è promessa la beatitudine del cielo.
Tanti maestri spesso ci impongono i loro pesi che ci opprimono e ci schiavizzano: il denaro, il successo e ogni genere di passioni. In questo Avvento Gesù viene con il suo amore per farsi carico con noi della nostra vita, per farci entrare nella vera libertà dei figli di Dio.
Il Signore ci doni di accogliere docilmente il suo giogo che ci permetterà di assaporare la vera gioia!

Gen 3,9-15.20; Sal 87; Ef 1,3-6.11-12; Lc 1,26-38

La solennità dell’Immacolata Concezione di Maria sboccia lungo il cammino dell’Avvento come puro e candido fiore. Nella prima lettura della Liturgia di oggi, Maria è prefigurata come la nuova Eva che, con la sua umiltà e obbedienza, si lascia totalmente coinvolgere da Dio nel suo disegno di salvezza a favore dell’umanità peccatrice. Maria, preservata da qualunque macchia di peccato, diviene per ognuno di noi sostegno nel cammino di conversione, a lei possiamo chiedere fiduciosi che ci ottenga la purezza del cuore e che ci aiuti nella lotta contro il peccato. O Maria, Vergine Immacolata, splendida aurora, tu che sei via alla Via, tu che doni vita alla Vita, tu che sei lo specchio della Verità, sorgi nella nostra notte e aprici alla speranza!

Il salmo è un inno escatologico che invita alla gioia perché tutti i confini della terra hanno veduto la vittoria di Dio sul male e sul peccato. Non c’è più da temere, chi ci separerà dall’amore di Dio? In Cristo e con la cooperazione di Maria ci è restituita la nostra identità di figli di Dio.

La lettera agli Efesini scritta da Paolo in prigione, inizia con un canto di lode a Dio perché ci ha voluti e amati fin dall’eternità per essere “santi e immacolati al suo cospetto nella carità”. Questa certezza è per noi motivo di gioia anche quando, come Paolo, siamo nella sofferenza della prova. Quanto l’apostolo afferma in questo versetto si riferisce ad ogni cristiano ma in modo tutto particolare a Maria che, separata dal mondo del peccato, per grazia, si è totalmente consacrata al servizio di Dio. Siamo, dunque, chiamati anche noi a vivere come Maria, non contando sulle nostre forze ma in virtù del nostro battesimo. Preghiamo la Vergine Immacolata perché si accresca in noi la nostalgia della primitiva innocenza e desideriamo ardentemente di essere purificati e rivestiti di Cristo, nostra salvezza.

Vangelo

Maria, nuova Eva prefigurata nella prima lettura, appare nel brani del Vangelo di Luca in tutta la sua bellezza e umiltà. In contrasto con la prima Eva, accoglie con il suo docile sì, il sì di Dio all’attuazione del piano salvifico per tutta l’umanità.
Dall’incontro di questi due sì nasce Gesù il nuovo Adamo, il Dio con noi, il Salvatore del mondo; “nulla è impossibile a Dio”, per questo Maria è anche detta Madre della Chiesa; grazie a lei ha inizio la nostra nuova nascita, da creature povere e peccatrici, Dio può fare di noi esseri santi e immacolati. Inoltre Maria è per noi maestra d’obbedienza, anche noi oggi, ascoltando questa Parola, siamo invitati ad accogliere Dio nella nostra vita, ad aprirci al suo progetto d’amore che a volte non comprendiamo subito ma che certamente è il solo che può farci entrare nella vera gioia, nella vera libertà, nella verità di noi stessi.
Rallegriamoci perché da ogni nostro sì a Dio fiorisce la vita nuova in noi e intorno a noi!

Chi cerca la pace ricerca Cristo, poiché egli è la pace
(Basilio di Cesarea)

La chiamata a conversione e il ritrovato perdono porta la grazia di Dio che trasforma la vita. Il ritorno al Signore porta un fiorire di bene e di felicità. La misericordia di Dio deve essere annunciata, il dono ricevuto va trasmesso con la stessa gratuità con cui si è avuto. Nel campo di Dio c'è molta messe, tanti stanno aspettando l'annuncio dell'amore di Dio, ma gli operai sono pochi: preghiamo il Signore perché ci dia il coraggio dell'annuncio e della testimonianza.

Per mezzo di Isaia il Signore ci dona la speranza attraverso le bellissime immagini di una nuova creazione dove ogni stortura umana, ogni difetto sarà guarito e ogni peccato sarà perdonato. Gesù nel miracolo dei ciechi guariti compie la promessa fatto da Dio.

Xavier, Spagna, 1506 - Isola di Sancian, Cina, 3 dicembre 1552

Studente a Parigi conobbe sant'Ignazio di Loyola e fece parte del nucleo di fondazione della Compagnia di Gesù. E' il più grande missionario dell'epoca moderna. Portò il Vangelo a contatto con le grandi culture orientali, adattandolo con sapiente senso apostolico all'indole delle varie popolazioni. Nei suoi viaggi missionari toccò l'India, il Giappone, e morì mentre si accingeva a diffondere il messaggio di Cristo nell'immenso continente cinese. (dal Messale Romano)

Patronato: Giappone, India, Pakistan, Missioni, Missionari, Marinai

Etimologia:
Francesco = libero, dall'antico tedesco

Martirologio Romano: Memoria di san Francesco Saverio, sacerdote della Compagnia di Gesù, evangelizzatore delle Indie, che, nato in Navarra, fu tra i primi compagni di sant’Ignazio. Spinto dall’ardente desiderio di diffondere il Vangelo, annunciò con impegno Cristo a innumerevoli popolazioni in India, nelle isole Molucche e in altre ancora, in Giappone convertì poi molti alla fede e morì, infine, in Cina nell’isola di Sancian, stremato dalla malattia e dalle fatiche.

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