Il pensiero del giorno
Il pensiero del giorno
Alle volte, leggendo la scrittura, si può incappare in una errata interpretazione che porta a farsi una falsa di Gesù. Il brano di oggi è uno di quelli che si presta a tale interpretazione. Infatti si potrebbe erroneamente pensare che il Cristo assuma la fisionomia di chi volgia dividere il genere umano, ma non è così. In realtà il Cristo è venuto a fare luce, ad illuminare l'uomo che vagava nelle tenebre. E' venuto a mettere in luce le zone d'ombra dell'uomo. Per questo ci saranno divisioni, perché il vivere coscentemente e coerentemente la vita cristiana porta indiscutibilmente a scontrarsi con chi non la vive e non la pensa come noi...
C'è una massima in giurispudenza che ci arriva addirittura dai romani: "La legge non ammette ignoranza" Nel Vangelo invece sembra che questa massima si capovolga, in quanto il servo che non conoscendo la volontà del padrone non la compie, riceve una punizione minore rispetto a quello che la conosce e non la compie. C'è una scala di responsabilità, un metro di giudizio da rispettare che riflette l'equazione: chi più ha più è responsabile e chi è più responsabile, verrà giudicato più severamente, non per la responsabilità in se stessa, ma perché questa coinvolge le persone che gli sono affidate. Ma, in qualunque modo vada, soprattutto c'è una legge che ci giustifica, che ci perdona: è la legge dell'amore.
Estote Parati, siate pronti! Vidi un film molti anni orsono in cui un gruppo di soldati stava aspettando l'attacco di un nemico. Tutto il film era centrato su questa attesa mentre il nemico non arrivava mai. Si raccontava nel frattempo le storie dei singoli personaggi che si intersecavano e creavano l'ossatura del film. Non ricordo se alla fine il nemico arrivò, ma quel che ricordo era la tensione dell'attesa di quegli uomini, sempre pronti, sempre attenti. Non so se l'autore del film abbia avuto in mente il brano odierno del vangelo nello scrivere la trama, ma certamente se ne può trovare una similitudine. Stare pronti, vegliare è una caratteristica del cristiano. Vegliare non significa "non dormire" come qualcuno potrebbe pensare, ma è un'affinare i sensi per percepire anche i più piccoli cambiamenti siano essi dentro di sé siano essi nell'ambiente come il rumore dei passi del padrone che a notte fonda ritorna dalla festa di nozze. Beati (felici) coloro che riescono in questo perché di sicuro hanno colto l'essenzialità della vita cristiana.
«Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Nelle famiglie tutto va bene, si va d'amore e d'accordo fino a quando non si tratta di dividersi i soldi. Le più furibonde liti avvengono proprio per la divisione dell'eredità. In questa guerra tutto è permesso, anche fare la faccia tosta e andare da qualche autorità... così il tizio del vangelo pensa di risolvere la questione secondo la parola autorevole di un personaggio famoso in quel momento: Gesù. E che diamine! Se quest'uomo si dice Figlio di Dio saprà di certo "darmi ragione" e costringere mio fratello a darmi parte dell'eredità! Ma questa persona ha fatto male i conti... Gesù non solo non si pronuncia («O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?»), ma coglie l'occasione per una piccola catechesi sulle ricchezze i cui punti fondamentali sono: Le ricchezze, quando sono fini a se stesse (cupidigia, avarizia), sono sterili e non servono ad altro che a far perdere la salvezza a chi le ha, quindi è vano appoggiarsi sulle ricchezze umane. La vera ricchezza è Dio, l'ascolto della sua parola e il rapporto con lui.
Il perdono va accordato non a chi si dice pentito ma a chi lo chiede a bassa voce.
Salvatore Castaldo
m. 107 circa
Fu il terzo vescovo di Antiochia, in Siria, terza metropoli del mondo antico dopo Roma e Alessandria d'Egitto e di cui san Pietro era stato il primo vescovo. Non era cittadino romano, e pare che non fosse nato cristiano, convertendosi in età non più giovanissima. Mentre era vescovo ad Antiochia, l'Imperatore Traiano dette inizio alla sua persecuzione. Arrestato e condannato, Ignazio fu condotto, in catene, da Antiochia a Roma dove si allestivano feste in onore dell'Imperatore e i cristiani dovevano servire da spettacolo, nel circo, sbranati dalle belve. Durante il viaggio da Antiochia a Roma, Ignazio scrisse sette lettere, in cui raccomandava di fuggire il peccato, di guardarsi dagli errori degli Gnostici, di mantenere l'unità della Chiesa. Di un'altra cosa poi si raccomandava, soprattutto ai cristiani di Roma: di non intervenire in suo favore e di non salvarlo dal martirio. Nell'anno 107 fu dunque sbranato dalle belve verso le quali dimostrò grande tenerezza. «Accarezzatele " scriveva " affinché siano la mia tomba e non faccian restare nulla del mio corpo, e i miei funerali non siano a carico di nessuno». (da Avvenire)
Etimologia: Ignazio = di fuoco, igneo, dal latino
Emblema: Bastone pastorale, Palma
Martirologio Romano: Memoria di sant’Ignazio, vescovo e martire, che, discepolo di san Giovanni Apostolo, resse per secondo dopo san Pietro la Chiesa di Antiochia. Condannato alle fiere sotto l’imperatore Traiano, fu portato a Roma e qui coronato da un glorioso martirio: durante il viaggio, mentre sperimentava la ferocia delle guardie, simile a quella dei leopardi, scrisse sette lettere a Chiese diverse, nelle quali esortava i fratelli a servire Dio in comunione con i vescovi e a non impedire che egli fosse immolato come vittima per Cristo.
Bellissimo brano di Vangelo che ci apre alla consolazione e rafforza la nostra fede: il male prima o poi viene smascherato e coloro che l'hanno fatto saranno messi di fronte alle loro responsabilità. Non dobbiamo avere paura perché Dio agisce nella storia dell'uomo e si prende cura di coloro che ama: nessuno è escluso dal suo amore.
Avila, Spagna, 1515 - Alba de Tormes, 15 ottobre 1582
Nata nel 1515, fu donna di eccezionali talenti di mente e di cuore. Fuggendo da casa, entrò a vent'anni nel Carmelo di Avila, in Spagna. Faticò prima di arrivare a quella che lei chiama la sua «conversione», a 39 anni. Ma l'incontro con alcuni direttori spirituali la lanciò a grandi passi verso la perfezione. Nel Carmelo concepì e attuò la riforma che prese il suo nome. Unì alla più alta contemplazione un'intensa attività come riformatrice dell'Ordine carmelitano. Dopo il monastero di San Giuseppe in Avila, con l'autorizzazione del generale dell'Ordine si dedicò ad altre fondazioni e poté estendere la riforma anche al ramo maschile. Fedele alla Chiesa, nello spirito del Concilio di Trento, contribuì al rinnovamento dell'intera comunità ecclesiale. Morì a Alba de Tormes (Salamanca) nel 1582. Beatificata nel 1614, venne canonizzata nel 1622. Paolo VI, nel 1970, la proclamò Dottore della Chiesa. (da Avvenire)
Etimologia: Teresa = cacciatrice, dal greco; oppure donna amabile e forte, dal tedesco
Emblema: Giglio
Martirologio Romano: Memoria di santa Teresa di Gesù, vergine e dottore della Chiesa: entrata ad Ávila in Spagna nell’Ordine Carmelitano e divenuta madre e maestra di una assai stretta osservanza, dispose nel suo cuore un percorso di perfezionamento spirituale sotto l’aspetto di una ascesa per gradi dell’anima a Dio; per la riforma del suo Ordine sostenne molte tribolazioni, che superò sempre con invitto animo; scrisse anche libri pervasi di alta dottrina e carichi della sua profonda esperienza.
Nello scontro tra Gesù e i farisei e i dottori assume importanza centrale il mettere in luce da parte di Gesù quegli atteggiamenti ipocriti e prevaricatori che gli interlocutori assumevano nei confronti degli altri. Sotto la forma di avvertimento ("guai a voi") Gesù invita caldamente all'esercizio della carità e della misericordia a immagine del Padre celeste.
Illuminante il brano del Vangelo di oggi che mette in luce gli atteggiamenti, a volte equivoci, che assumiamo scandalizzati più della forma che della sostanza. In un mondo dove l'apparenza conta più dei contenuti, il Vangelo di oggi ci invita ad essere trasparenti e cristallini sapendo che il "giudizio" non viene dagli uomini, ma da Dio che non bada alle apparenze, ma al cuore dell'uomo.
Iniziamo oggi a leggere, nella liturgia della Parola dei giorni feriali, la lettera che S. Paolo invia alla comunità di Roma. Paolo scrive da Corinto dove è andato a racimolare una colletta per i fratelli di Gerusalemme e mentre è lì, fa progetti per il futuro: infatti dopo aver consegnato i frutti della carità che ha raccolto, la sua intenzione è di recarsi a Roma, dove è già nata una piccola comunità cristiana, che lui desidera incontrare, per poi dirigersi in Spagna. L'inizio della lettera è un saluto molto solenne che risuona alle volte anche nelle nostre liturgie eucaristiche. Paolo fa una sintesi del saluto ebraico e del saluto greco: infatti egli augura la pace e la gioia profonda, vera che deriva dalla grazia. Questo saluto è inframezzato da una profonda riflessione al cui centro c'è Cristo da cui scaturisce ogni vocazione, da quella dell'apostolo a quella della santità universale dei battezzati. Una vocazione che diventa missione di annuncio del Vangelo nei diversi stati o chiamate di vita.
Per poter criticare, si dovrebbe avere un'amorevole capacità, una chiara intuizione e un'assoluta tolleranza.
Gandhi
Gesù nel vangelo odierno proclama beato (felice) colui che osserva la Parola di Dio, ma chi osserva la Parlola di Dio e la mette in pratica è colui che ascolta il Figlio, Parola del Padre e ascoltare il Figlio significa vivere la volontà del Padre. Ecco allora che emerge la figura del Giusto cioè di colui che ascolta voce di Dio e la vive nel quotidiano.
Ancora una volta il Vangelo ci mostra Gesù che lotta contro il male, contro il principe del male che teneva schiavo un uomo rendendolo muto, incapace di comunicare con gli altri. Gesù libera quest'uomo dalla sua schiavitù. E tutti, appena sentono parlare quest'uomo, si meravigliano. Lo spirito del male non si arrende e, se possibile, rafforza la sua resistenza e la sua opposizione a Gesù e al Vangelo. È una storia di opposizione e di lotta che continua ancora oggi. L'incomunicabilità è davvero frequente: è difficile comunicare tra persone, tra etnie, tra popoli, tra nazioni. E l'incomunicabilità crea tensioni e conflitti, talora drammatici. Il principe del male opera perché la divisione e l'inimicizia si allarghino. I discepoli, anche oggi, sono invitati a essere attenti e vigilanti, a non abbassare la guardia, perché siano sconfitti dagli spiriti del male e della divisione. E soprattutto debbono sapere che Gesù è davvero il più forte che può custodire la casa di cui parla il Vangelo. Questa casa è il cuore di ciascuno, è la comunità cristiana, è il mondo.
Purtroppo è la nostra natura: vogliamo tutto e subito e se non lo otteniamo ce la prendiamo con tutti, persino con Dio. Il brano di Malachia è illuminante su questo: meglio proclamare beati i superbi ai quali tutto va bene (qui e subito). In realtà il tempo e la pazienza danno ragione ai giusti i quali a tempo debito costituiranno il nuovo Israele, la nuova eredità di Dio. Infatti, ci suggerisce il Vangelo, il Signore non lascerà cadere invano la preghiera di chi lo invoca. Ricordiamoci che l'orologio di Dio non è sincronizzato con il nostro: o va avanti o va indietro. Comunque il suo è sempre puntuale!
Questa memoria Mariana di origine devozionale si collega con la vittoria di Lepanto (1571), che arrestò la grande espansione dell'impero ottomano. San Pio V attribuì quello storico evento alla perghiera che il popolo cristiano aveva indirizzato alla Vergine nella forma del Rosario. (dal Messale Romano)
Etimologia: Maria = amata da Dio, dall'egiziano; signora, dall'ebraico
Martirologio Romano: Memoria della beata Maria Vergine del Rosario: in questo giorno con la preghiera del Rosario o corona mariana si invoca la protezione della santa Madre di Dio per meditare sui misteri di Cristo, sotto la guida di lei, che fu associata in modo tutto speciale all’incarnazione, passione e risurrezione del Figlio di Dio.
C'è qualcosa che oggi accomuna la prima lettura e il vangelo: Sia i niniviti che Maria ascoltano la parola di Dio. Il risultato? La conversione e il ritorno al padre. Ascoltiamo noi la parola di DIO? La sappiamo incarnare nella nostra vita?
C'è un piano di Dio su ciascuno di noi, un piano che realizziamo giorno per giorno con le nostre scelte, decisioni, azioni. La sicurezza che questo piano è conforme a quello di Dio ci è data dal dipanarsi, pur non senza difficoltà, della storia dinanzi a noi. È la storia di Giona che rifiuta di realizzare il progetto di Dio, ma infine si ritrova ad essere inghiottito da un pesce le lo porta di fronte alle sue responsabilità. IL Vangelo invece attraverso la parabola del buon samaritano ci fa riflettere su come amare il nostro prossimo. Vorrei aggiungere una piccola provocazione... In Inglese si traduce traduce con "neighbor" ma questa parola (sempre in Inglese) significa anche "vicino, vicino di casa" prossimo allora è, per estensione, anche il vicino di casa: pensate a cosa sarebbe la vita sia nelle grandi città (indifferenza) sia nei piccoli borghi (invidie e gelosie) se si sostiruisse la parola "prossimo" con "vicino"! "Amerai il Signore Dio tuo [..], amerai il tuo vicino come te stesso.
Dovrei pensare che la mia fede non sia vera solo perchè non la vedo?
Ma io sono sicurissimo di avere la cistifellea, anche se non l'ho mai vista.
Anonimo
Dopo aver ricevuto i discepoli ritornati dalla missione e ascoltato il loro racconto, Gesù esprime la sua gioia, anzi, ci dice Luca "esulta" di gioia nello Spirito Santo. Esultare è un verbo caro a Luca: Giovanni battista esulta nel grembo di Elisabetta al saluto di Maria; Maria esulta nello Spirito alla conferma del progetto di Dio... Ma che significa esultare? Gesù esulta cioè (ex = fuori e Saltare = ballare danzare gesticolando) saltare di gioia la gioia, il gaudio, ricorda quello del re David che esultò di gioia al trasporto dell’arca dell’alleanza (2Sam 6,12; 6,14-15 ) oppure Miriam che danza davanti alla sponda del mar Rosso dopo il prodigioso passaggio (Cf Es 15,20) L'Exultet della notte di Pasqua è sulla stessa linea... Ma noi sappiamo "esultare" delle meraviglie che Dio fa nella nostra vita?
Eventi dalla diocesi
Presso il Santuario di Santa Maria della Misericordia di Petriolo, luogo giubilare pro hac vice