Il pensiero del giorno
Il pensiero del giorno
A ventidue anni si fa monaco, tirando con sé una trentina di parenti. Il monastero è quello fondato da Roberto di Molesmes a Cîteaux (Cistercium in latino, da cui cistercensi). A 25 anni lo mandano a ondarne un altro a Clairvaux, campagna disabitata, che diventa la Clara Vallis sua e dei monaci. È riservato, quasi timido. Ma c’è il carattere. Papa e Chiesa sono le sue stelle fisse, ma tanti ecclesiastici gli vanno i traverso. È severo anche coi monaci di Cluny, secondo lui troppo levigati, con chiese troppo adorne, "mentre il povero ha fame". Ai suoi cistercensi chiede meno funzioni, meno letture e tanto lavoro. Scaglia sull’Europa incolta i suoi miti dissodatori, apostoli con la zappa, che mettono all’ordine la terra e l’acqua, e con esse gli animali, cambiando con fatica e preghiera la storia europea. E lui, il capo, è chiamato spesso a missioni di vertice, come quando percorre tutta l’Europa per farvi riconoscere il papa Innocenzo II (Gregorio Papareschi) insidiato dall’antipapa Pietro de’ Pierleoni (Anacleto II). E lo scisma finisce, con l’aiuto del suo prestigio, del suo vigore persuasivo, ma soprattutto della sua umiltà. Questo asceta, però, non sempre riesce ad apprezzare chi esplora altri percorsi di fede. Bernardo attacca duramente la dottrina trinitaria di Gilberto Porretano, vescovo di Poitiers. E fa condannare l’insegnamento di Pietro Abelardo (docente di teologia e logica a Parigi) che preannuncia Tommaso d’Aquino e Bonaventura. Nel 1145 sale al pontificato il suo discepolo Bernardo dei Paganelli (Eugenio III), e lui gli manda un trattato buono per ogni papa, ma adattato per lui, con l’invito a non illudersi su chi ha intorno: "Puoi mostrarmene uno che abbia salutato la tua elezione senza aver ricevuto denaro o senza la speranza di riceverne? E quanto più si sono professati tuoi servitori, tanto più vogliono spadroneggiare". Eugenio III lo chiama poi a predicare la crociata (la seconda) in difesa del regno cristiano di Gerusalemme. Ma l’impresa fallirà davanti a Damasco. Bernardo arriva in una città e le strade si riempiono di gente. Ma, tornato in monastero, rieccolo obbediente alla regola come tutti: preghiera, digiuno, e tanto lavoro. Abbiamo di lui 331 sermoni, più 534 lettere, più i trattati famosi: su grazia e libero arbitrio, sul battesimo, sui doveri dei vescovi... E gli scritti, affettuosi su Maria madre di Gesù, che egli chiama mediatrice di grazie (ma non riconosce la dottrina dell’Immacolata concezione). Momenti amari negli ultimi anni: difficoltà nell’Ordine, la diffusione di eresie e la sofferenza fisica. Muore per tumore allo stomaco. È seppellito nella chiesa del monastero, ma con la
Rivoluzione francese i resti andranno dispersi; tranne la testa, ora nella cattedrale di Troyes. Alessandro III lo proclama santo nel 1174. Pio VIII, nel 1830, gli dà il titolo di Dottore della Chiesa.
(di Domenico Agasso )
Quando si esercita un qualiasi potere il pericolo più grande è quello di "agitarsi sorpa gli altri" cioè recepire l'autorità come un essere al di sopra per comendare ed essere servito. L'ambizione porta con se la superbia, essere sopra. Chi invece sercita il potere nell'ottica di fede, è colui che serve e che intende il comando come un servizio opponendo alla superbia l'umiltà e la mansuetudine... (imparate da me che sono mite e umile...). Anche il vangelo ci propone una riflessione sulla superbia: Dio chiama a tutte le ore della vita, ma non è importante a che ora ha chiamato e noi non possiamo inorgoglirci se siamo stati chiamati presto, è piuttosto importante invece come abbiamo saputo lavorare la vigna.
Non serve la ricchezza, la potenza, la forza per sconfiggere il nemico, sia esso una semplice tribù palestinese o l'esercito più preparato del mondo o, infine il male stesso, basta che il Signore sia con colui che si accinge a compiere l'impresa. Dio sceglie sempre gli ultimi, gli indifesi, gli inermi per confondere i forti, i dotti, i primi e far trasparire la sua potenza nella debolezza. E quando Dio chiama, nella sua chiamata è già contenuta la ricompensa e nessuno che ha lasciato le sue sicurezze e il suo piccolo mondo verrà deluso perchè Dio da sempre il centuplo di ciò che si è lasciato.
La storia d'Israele è una storia di infedeltà-infedeltà a Dio. L'uomo per il suo egoismo e la sua superbia è incapace di essere fedele al 100%. Nonostante tutto, Dio invece rimane fedele alle sue promesse e se anche fa sperimentare all'uomo le conseguenze delle sue scelte, sempre, alla fine gli viene in aiuto liberandolo dal male sia esso fisico che spirituale. Anche il "tale" del vangelo messo alle strette nella scelta tra la libertà e il proprio egoismo, non sa fare la scelta giusta e si trova ad affrontare una vita piena di tristezza e non pienamente realizzata.
"Colui che, seduto nella sua cella, medita i Salmi, somiglia a un uomo che cerchi un re. Ma colui che prega senza intermissione somiglia a un uomo che può parlare al re. Quanto a quello che supplica con lacrime, egli tiene i piedi del re e ne invoca pietà, come fece la cortigiana che in pochi attimi lavò con le lacrime tutti i propri peccati".
Celebriamo oggi il mistero dell’Assunzione. Alla fine del suo passaggio sulla terra, la Madre del Redentore, preservata dal peccato e dalla corruzione, è stata elevata nella gloria in corpo e anima vicino a suo Figlio, nel cielo. La tomba vuota di Maria, immagine della tomba vuota di Gesù, significa e prelude alla vittoria totale del Dio della vita sulla morte, quando alla fine del mondo farà sorgere in vita eterna la morte corporale di ognuno di noi unita a quella di Cristo. Maria è anche il primo frutto della redenzione di Cristo e intercede per noi come avvocata presso suo Figlio ottenendo e grazie su grazie.
Zdunska-Wola, Polonia, 8 gennaio 1894 - Auschwitz, 14 agosto 1941
Massimiliano Maria Kolbe nasce nel 1894 a Zdunska-Wola, in Polonia. Entra nell'ordine dei francescani e, mentre l'Europa si avvia a un secondo conflitto mondiale, svolge un intenso apostolato missionario in Europa e in Asia. Ammalato di tubercolosi, Kolbe dà vita al «Cavaliere dell'Immacolata», periodico che raggiunge in una decina d'anni una tiratura di milioni di copie. Nel 1941 è deportato ad Auschwitz. Qui è destinato ai lavori più umilianti, come il trasporto dei cadaveri al crematorio. Nel campo di sterminio Kolbe offre la sua vita di sacerdote in cambio di quella di un padre di famiglia, suo compagno di prigionia. Muore pronunciando «Ave Maria». Sono le sue ultime parole, è il 14 agosto 1941. Giovanni Paolo II lo ha chiamato «patrono del nostro difficile secolo». La sua figura si pone al crocevia dei problemi emergenti del nostro tempo: la fame, la pace tra i popoli, la riconciliazione, il bisogno di dare senso alla vita e alla morte.
(da Avvenire)
Etimologia: Massimiliano = composto di Massimo e Emiliano (dal latino)
Dal Martirologio Romano:
Memoria di san Massimiliano Maria (Raimondo) Kolbe, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali e martire, che, fondatore della Milizia di Maria Immacolata, fu deportato in diversi luoghi di prigionia e, giunto infine nel campo di sterminio di Auschwitz vicino a Cracovia in Polonia, si consegnò ai carnefici al posto di un compagno di prigionia, offrendo il suo ministero come olocausto di carità e modello di fedeltà a Dio e agli uomini.
Il nostro Dio è un Dio che fa meraviglie, con lui al nostro fianco l'impossibile diventa possibile! Un ventre sterile che genera la vita, il mare si divide, l'acqua sgorga nel deserto, il Giordano si volge indietro, la vergine concepisce e da alla luce un bimbo... sono tutti segni meravigliosi dell'amore di Dio. Tuttavia c'è un segno forse alle volte dimenticato dal cristiano, un gesto che ha una forza dirompente, che disarma il nemico e fa arrendere l'avversario. Questo gesto è il perdono, ma non quello dato una volta e basta, il perdono cristiano è uno stile di vita che orienta e dispone ad essere "dono-per", presenza che accoglie nonostante tutto. Allora si capisce che qui non è questione di numeri (quante volte), ma è questione di amore (sempre, cioè fedeltà)
Mosè è arrivato alle soglie della terra promessa. Dall'alto del Nebo la contempla, ma lui non vi entra. La sua missione è terminata, ma la storia d'Israele è a metà. Mosè aveva l'incarico di far uscire il popolo d'Israele dall'egitto e di condurlo fin là, alle soglie del paese di Canaan. Un altro li guiderà dentro al paese dove scorre latte e miele. Nonostante le cose e le persone cambino, Dio rimane l'unico e il fedele.
Assisi, 1193/1194 - Assisi, 11 agosto 1253
Ha appena dodici anni Chiara, nata nel 1194 dalla nobile e ricca famiglia degli Offreducci, quando Francesco d'Assisi compie il gesto di spogliarsi di tutti i vestiti per restituirli al padre Bernardone. Conquistata dall'esempio di Francesco, la giovane Chiara sette anni dopo fugge da casa per raggiungerlo alla Porziuncola. Il santo le taglia i capelli e le fa indossare il saio francescano, per poi condurla al monastero benedettino di S.Paolo, a Bastia Umbra, dove il padre tenta invano di persuaderla a ritornare a casa. Si rifugia allora nella Chiesa di San Damiano, in cui fonda l'Ordine femminile delle «povere recluse» (chiamate in seguito Clarisse) di cui è nominata badessa e dove Francesco detta una prima Regola. Chiara scrive successivamente la Regola definitiva chiedendo ed ottenendo da Gregorio IX il «privilegio della povertà». Per aver contemplato, in una Notte di Natale, sulle pareti della sua cella il presepe e i riti delle funzioni solenni che si svolgevano a Santa Maria degli Angeli, è scelta da Pio XII quale protettrice della televisione. Erede dello spirito francescano, si preoccupa di diffonderlo, distinguendosi per il culto verso il SS. Sacramento che salva il convento dai Saraceni nel 1243.
(da Avvenire)
« Ecco questi sono i nostri tesori: sono tesori eterni, non vengono mai meno, anzi crescono. »
Forse da ragazzo ha visto le grandiose feste per i mille anni della città di Roma, celebrate nel
237-38, regnando l’imperatore Filippo detto l’Arabo, perché figlio di un notabile della regione
siriana. Poco dopo le feste, Filippo viene detronizzato e ucciso da Decio, duro persecutore dei
cristiani, che muore in guerra nel 251. L’impero è in crisi, minacciato dalla pressione dei popoli
germanici e dall’aggressività persiana. Contro i persiani combatte anche l’imperatore Valeriano,
salito al trono nel 253: sconfitto dall’esercito di Shapur I, morirà in prigionia nel 260. Ma già
nel 257 ha ordinato una persecuzione anticristiana.
Ed è qui che incontriamo Lorenzo, della cui vita si sa pochissimo. E’ noto soprattutto per la sua
morte, e anche lì con problemi. Le antiche fonti lo indicano come arcidiacono di papa Sisto II; cioè
il primo dei sette diaconi allora al servizio della Chiesa romana. Assiste il papa nella
celebrazione dei riti, distribuisce l’Eucaristia e amministra le offerte fatte alla Chiesa.
Viene dunque la persecuzione, e dapprima non sembra accanita come ai tempi di Decio. Vieta le
adunanze di cristiani, blocca gli accessi alle catacombe, esige rispetto per i riti pagani. Ma non
obbliga a rinnegare pubblicamente la fede cristiana. Nel 258, però, Valeriano ordina la messa a
morte di vescovi e preti. Così il vescovo Cipriano di Cartagine, esiliato nella prima fase, viene
poi decapitato. La stessa sorte tocca ad altri vescovi e allo stesso papa Sisto II, ai primi di
agosto del 258. Si racconta appunto che Lorenzo lo incontri e gli parli, mentre va al supplizio. Poi
il prefetto imperiale ferma lui, chiedendogli di consegnare “i tesori della Chiesa”.
Nella persecuzione sembra non mancare un intento di confisca; e il prefetto deve essersi convinto
che la Chiesa del tempo possieda chissà quali ricchezze. Lorenzo, comunque, chiede solo un po’ di
tempo. Si affretta poi a distribuire ai poveri le offerte di cui è amministratore. Infine compare
davanti al prefetto e gli mostra la turba dei malati, storpi ed emarginati che lo accompagna,
dicendo: "Ecco, i tesori della Chiesa sono questi".
Allora viene messo a morte. E un’antica “passione”, raccolta da sant’Ambrogio, precisa: "Bruciato
sopra una graticola": un supplizio che ispirerà opere d’arte, testi di pietà e detti popolari per
secoli. Ma gli studi (v. Analecta Bollandiana 51, 1933) dichiarano leggendaria questa tradizione.
Valeriano non ordinò torture. Possiamo ritenere che Lorenzo sia stato decapitato come Sisto II,
Cipriano e tanti altri. Il corpo viene deposto poi in una tomba sulla via Tiburtina. Su di essa,
Costantino costruirà una basilica, poi ingrandita via via da Pelagio II e da Onorio III; e
restaurata nel XX secolo, dopo i danni del bombardamento americano su Roma del 19 luglio 1943.
Autore: Domenico Agasso
"Se sei orgoglioso, sei il diavolo. Se sei triste, sei suo figlio. E se ti preoccupi di mille cose,
sei il suo servitore senza riposo"
Domenico nacque nel 1170 a Caleruega, un villaggio montano della Vecchia Castiglia (Spagna) da
Felice di Gusmán e da Giovanna d'Aza.
A 15 anni passò a Palencia per frequentare i corsi regolari (arti liberali e teologia) nelle celebri
scuole di quella città. Qui viene a contatto con le miserie causate dalle continue guerre e dalla
carestia: molta gente muore di fame e nessuno si muove! Allora vende le suppellettili della propria
stanza e le preziose pergamene per costituire un fondo per i poveri. A chi gli esprime stupore per
quel gesto risponde: "Come posso studiare su pelli morte, mentre tanti miei fratelli muoiono di
fame?"
Terminati gli studi, a 24 anni, il giovane, assecondando la chiamata del Signore, entra tra i
"canonici regolari" della cattedrale di Osma, dove viene consacrato sacerdote. Nel 1203 Diego,
vescovo di Osma, dovendo compiere una delicata missione diplomatica in Danimarca per incarico di
Alfonso VIII, re di Castiglia, si sceglie come compagno Domenico, dal quale non si separerà più.
Il contatto vivo con le popolazioni della Francia meridionale in balìa degli eretici catari, e
l'entusiasmo delle cristianità nordiche per le grandi imprese missionarie verso l'Est, costituiscono
per Diego e Domenico una rivelazione: anch'essi saranno missionari. Di ritorno da un secondo viaggio
in Danimarca scendono a Roma (1206) e chiedono al papa di potersi dedicare all'evangelizzazione dei
pagani.
Ma Innocenzo III orienta il loro zelo missionario verso quella predicazione nell'Albigese (Francia)
da lui ardentemente e autorevolmente promossa fin dal 1203. Domenico accetta la nuova consegna e
rimarrà eroicamente sulla breccia anche quando si dissolverà la Legazione pontificia, e l'improvvisa
morte di Diego (30 dicembre 1207) lo lascerà solo. Pubblici e logoranti dibattiti, colloqui
personali, trattative, predicazione, opera di persuasione, preghiera e penitenza occupano questi
anni di intensa attività; cosi fino al 1215 quando Folco, vescovo di Tolosa, che nel 1206 gli aveva
concesso S. Maria di Prouille per raccogliere le donne che abbandonavano l'eresia e per farne un
centro della predicazione, lo nomina predicatore della sua diocesi.
Intanto alcuni amici si stringono attorno a Domenico che sta maturando un ardito piano: dare all
Predicazione forma stabile e organizzata. Insieme Folco si reca nell'ottobre del 1215 a Roma per
partecipare al Concilio Lateranense IV e anche per sottoporre il suo progetto a Innocenzo III che lo
approva. L'anno successivo, il 22 dicembre, Onorio III darà l'approvazione ufficiale e definitiva. E
il suo Ordine si chiamerà "Ordine dei Frati Predicatori".
Il 15 agosto 1217 il santo Fondatore dissemina i suoi figli in Europa, inviandoli soprattutto a
Parigi e a Bologna, principali centri universitari del tempo. Poi con un'attività meravigliosa e
sorprendente prodiga tutte le energie alla diffusione della sua opera. Nel 1220 e nel 1221 presiede
in Bologna ai primi due Capitoli Generali destinati a redigere la "magna carta" e a precisare gli
elementi fondamentali dell'Ordine: predicazione, studio, povertà mendicante, vita comune,
legislazione, distribuzione geografica, spedizioni missionarie.
Sfinito dal lavoro apostolico ed estenuato dalle grandi penitenze, il 6 agosto 1221 muore circondato
dai suoi frati, nel suo amatissimo convento di Bologna, in una cella non sua, perché lui, il
Fondatore, non l'aveva. Gregorio IX, a lui legato da una profonda amicizia, lo canonizzerà il 3
luglio 1234. Il suo corpo dal 5 giugno 1267 è custodito in una preziosa Arca marmorea. I numerosi
miracoli e le continue grazie ottenute per l'intercessione del Santo fanno accorrere al suo sepolcro
fedeli da ogni parte d'Italia e d'Europa, mentre il popolo bolognese lo proclama "Patrono e
Difensore perpetuo della città;".
La fisionomia spirituale di S. Domenico è inconfondibile; egli stesso negli anni duri
dell'apostolato albigese si era definito: "umile ministro della predicazione". Dalle lunghe notti
passate in chiesa accanto all'altare e da una tenerissima devozione verso Maria, aveva conosciuto la
misericordia di Dio e "a quale prezzo siamo stati redenti", per questo cercherà di testimoniare
l'amore di Dio dinanzi ai fratelli. Egli fonda un Ordine che ha come scopo la salvezza delle anime
mediante la predicazione che scaturisce dalla contemplazione: contemplata aliis tradere sarà la
felice formula con cui s.Tommaso d'Aquino esprimerà l'ispirazione di s. Domenico e l'anima
dell'Ordine. Per questo nell'Ordine da lui fondato hanno una grande importanza lo studio, la vita
liturgica, la vita comune, la povertà evangelica.
Ardito, prudente, risoluto e rispettoso verso l'altrui giudizio, geniale sulle iniziative e
obbediente alle direttive della Chiesa, Domenico è l'apostolo che non conosce compromessi né
irrigidimenti: "tenero come una mamma, forte come un diamante", lo ha definito Lacordaire.
Fonte: Edizioni Studio Domenicano, Bologna
Ogni volta che leggiamo il brano del vangelo odierno o i suoi paralleli, siamo portati ad
interpretarlo in forma privativa e usiamo termini come "rinuncia", "privazione" a cui leghiamo il
concetto di "sforzo", "fatica" e anche "sofferenza". Ma questo non è che un aspetto della questione.
Per usare una similitudine paolina, l'atleta che si allena per una gara certamente fatica, soffre,ad
ogni allenamento porta il suo corpo, i suoi muscoli un po' oltre il limite, ma poi nella gara da
tutto se stesso e quell'allenamento gli permette di gareggiare con uno sforzo minore. Portare la
croce, rinunciare alla propria vita, non è una catastrofe totalmente negativa, semmai è una scelta
in cui ogni giorno vado un po' oltre il limite del mio egoismo, è una scelta a cui do priorità su
altre scelte, personali, edonistiche, utilitaristiche in visione di un bene più grande.
Il dono che il Signore ci fa oggi, nel pieno dell'estate, del caldo e delle vacanze, è una "vacanza
spirituale", una sosta che ci dà speranza: La visione di ciò che saremo quando saremo con lui. In
altre parole la méta della nostra vita e se la cosa ci potrebbe rendere euforici, lo stesso Gesù ci
ricorda che questa meta si conquista attraverso la passione quotidiana e la croce accolta docilmente
portata con dignità.
"Dio mio, vieni sempre in aiuto nelle vere necessità."
S. Josemaría Escrivá de Balaguer (1902-1975)
Napoli, 1696 - Nocera de' Pagani, Salerno, 1 agosto 1787
Martirologio Romano: Memoria di sant’Alfonso Maria de’ Liguori, vescovo e dottore della Chiesa, che rifulse per la sua premura per le anime, i suoi scritti, la sua parola e il suo esempio. Al fine di promuovere la vita cristiana nel popolo, si impegnò nella predicazione e scrisse libri, specialmente di morale, disciplina in cui è ritenuto un maestro, e, sia pure tra molti ostacoli, istituì la Congregazione del Santissimo Redentore per l’evangelizzazione dei semplici. Eletto vescovo di Sant’Agata dei Goti, si impegnò oltremodo in questo ministero, che dovette lasciare quindici anni più tardi per il sopraggiungere di gravi malattie. Passò, quindi, il resto della sua vita a Nocera dei Pagani in Campania, tra grandi sacrifici e difficoltà.
Azpeitia, Spagna, c. 1491 - Roma, 31 luglio 1556
Il grande protagonista della Riforma cattolica nel XVI secolo, nacque ad Azpeitia, un paese basco, nel 1491. Era avviato alla vita del cavaliere, la conversione avvenne durante una convalescenza, quando si trovò a leggere dei libri cristiani. All'abbazia benedettina di Monserrat fece una confessione generale, si spogliò degli abiti cavallereschi e fece voto di castità perpetua. Nella cittadina di Manresa per più di un anno condusse vita di preghiera e di penitenza; fu qui che vivendo presso il fiume Cardoner decise di fondare una Compagnia di consacrati. Da solo in una grotta prese a scrivere una serie di meditazioni e di norme, che successivamente rielaborate formarono i celebri Esercizi Spirituali. L'attività dei Preti pellegrini, quelli che in seguito saranno i Gesuiti, si sviluppa un po'in tutto il mondo. Il 27 settembre 1540 papa Paolo III approvò la Compagnia di Gesù. Il 31 luglio 1556 Ignazio di Loyola morì. Fu proclamato santo il 12 marzo 1622 da papa Gregorio XV. (da Avvenire)
Finalmente con la costruzione della tenda Dio realizza il suo più grande desiderio: abitare in mezzo al suo popolo. Certo non è un abitare fisico, ma piuttosto un'abitazione-presenza du cui la nube è segno. La tenda anticipa invece una presenza fisica di Dio nel suo figlio Gesù, l'Emanuele, colui che come dice l'evangelista Giovanni: "Ha posto la sua tenda in mezzo a noi". Oggi questa presenza è l'Eucarestia.
Marta è la sorella di Maria e di Lazzaro di Betania, un villaggio a circa tre chilometri da Gerusalemme. Nella loro casa ospitale Gesù amava sostare durante la predicazione in Giudea. In occasione di una di queste visite compare per la prima volta Marta. Il Vangelo ce la presenta come la donna di casa, sollecita e indaffarata per accogliere degnamente il gradito ospite, mentre la sorella Maria preferisce starsene quieta in ascolto delle parole del Maestro. Non ci stupisce quindi il rimprovero che Marta muove a Maria: "Signore, non t'importa che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti".
L'amabile risposta di Gesù può suonare come rimprovero alla fattiva massaia: "Marta, Marta, tu t'inquieti e ti affanni per molte cose; una sola è necessaria: Maria invece ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta". Ma rimprovero non è, commenta S. Agostino: "Marta, tu non hai scelto il male; Maria ha però scelto meglio di te". Ciononostante Maria, considerata il modello evangelico delle anime contemplative già da S. Basilio e S. Gregorio Magno, non sembra che figuri nel calendario liturgico: la santità di questa dolce figura di donna è fuori discussione, poiché le è stata confermata dalle stesse parole di Cristo; ma è Marta soltanto, e non Maria né Lazzaro, a comparire nel calendario universale, quasi a ripagarla delle sollecite attenzioni verso la persona del Salvatore e per proporla alle donne cristiane come modello di operosità.
L'avvilita e incompresa professione di massaia è riscattata da questa santa fattiva di nome Marta, che vuol dire semplicemente "signora". Marta ricompare nel Vangelo nel drammatico episodio della risurrezione di Lazzaro, dove implicitamente domanda il miracolo con una semplice e stupenda professione di fede nella onnipotenza del Salvatore, nella risurrezione dei morti e nella divinità di Cristo, e durante un banchetto al quale partecipa lo stesso Lazzaro, da poco risuscitato, e anche questa volta ci si presenta in veste di donna tuttofare. La lezione impartitale dal Maestro non riguardava, evidentemente, la sua encomiabile laboriosità, ma l'eccesso di affanno per le cose materiali a scapito della vita interiore. Sugli anni successivi della santa non abbiamo alcuna notizia storicamente accertabile, pur abbondando i racconti leggendari. I primi a dedicare una celebrazione liturgica a S. Marta furono i francescani, nel 1262, il 29 luglio, cioè otto giorni dopo la festa di S. Maria Maddalena, impropriamente identificata con sua sorella Maria.
di Piero Bargellini da www.santiebeati.it
Eventi dalla diocesi
Presso il Santuario di Santa Maria della Misericordia di Petriolo, luogo giubilare pro hac vice