rosone

Il pensiero del giorno

Il fine ultimo è la santità

 

Giovanni Fidanza nacque a Bagnoregio (Viterbo) nel 1218. Bambino fu guarito da san Francesco, che avrebbe esclamato: « Oh bona ventura ». Gli rimase per nome ed egli fu davvero una «buona ventura» per la Chiesa. Studiò a Parigi e durante il suo soggiorno in Francia, entrò nell'Ordine dei Frati Minori. Quando Bonaventura entrò nell'Ordine, i figli di S. Francesco, al pari di quelli di S. Domenico, si erano spinti fino a Parigi, a Oxford, a Cambridge, a Strasburgo e in altre università europee. L'evoluzione non era stata indolore. Parecchi della "vecchia" generazione guardavano con perplessità all'allentata disciplina religiosa e alla nuova apertura culturale dei giovani frati. Ma Bonaventura sapeva dire una parola tranquillizzante e stimolatrice per gli uni e per gli altri.
A frate Egidio che nella sua semplicità gli chiedeva come avrebbe potuto salvarsi lui, privo di ogni scienza teologica, fra Bonaventura rispose: "Se Dio dà all'uomo soltanto la grazia di poterlo amare, questo basta... Una vecchierella può amare Dio anche più di un maestro di teologia". Dotato di buon senso, pratico e speculativo al tempo stesso, Bonaventura aveva saputo applicare al solido tronco francescano gli innesti delle giovani generazioni con le accresciute esigenze, anche culturali, smentendo quanti paventavano, come Jacopone da Todi, che la scienza portasse detrimento alla semplicità della regola francescana. Bonaventura, discepolo di Alessandro di Hales a Parigi, come S. Tommaso era rimasto in questa città dapprima come maestro di teologia, poi come generale dei frati Minori, carica alla quale venne eletto a soli trentasei anni. Creato cardinale, dovette accettare anche la consacrazione episcopale, precedentemente rifiutata per umiltà, ed ebbe la sede suburbicaria di Albano Laziale. Da papa Gregorio X ebbe l'incarico di preparare il secondo concilio di Lione, al quale era stato invitato pure Tommaso d'Aquino, morto due mesi prima dell'apertura avvenuta il 7 maggio 1274. Il 15 luglio dello stesso anno moriva anche fra Bonaventura, assistito personalmente dal papa. Alla base della dottrina teologica insegnata da fra Bonaventura con la parola e con gli scritti (tra i suoi libri più noti “Itinerario della mente in Dio”) è l'amore o carità. "Non basta - egli scrive - la lettura senza l'unzione; non basta la speculazione senza la devozione; non basta l'indagine senza la meraviglia; non basta la circospezione senza l'esultanza; l'industria senza la pietà; la scienza senza la carità; l'intelligenza senza l'umiltà; lo studio senza la grazia".

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