Il pensiero del giorno
Il pensiero del giorno
Terzo canto del Servo del Signore. Questo canto nella descrizione è presago della passione di Gesù il quale patisce l’umiliazione e il martirio non subendolo, ma vivendolo come compimento del progetto di Dio. La sua fede nel sostegno di Dio è totale, a lui si affida ed Egli lo salva. Il Vangelo narra il tradimento di Giuda per trenta monete d’argento, la preparazione della Pasqua e lo svelamento del traditore secondo il racconto dell’evangelista Matteo.
don David parroco della montagna
Secondo canto del Servo del Signore in cui è il servo stesso che si presenta e rivela alle genti il progetto di Dio, nonostante i fallimenti e le difficoltà Dio rimane sempre il punto saldo con la sua fedeltà alle promesse. Nel Vangelo Gesù a tavola con i dodici per l’ultima Pasqua, rivela i due grandi tradimenti: quello di Giuda, che lo consegnerà ai sommi sacerdoti agli anziani del popolo e agli scribi per essere crocifisso e quello di Pietro che lo rinnegherà per tre volte nel cortile del sommo sacerdote durante il processo.
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In questi primi tre giorni della Settimana Santa, la liturgia della Parola ci propone nella prima lettura i primi tre canti del Servo del Signore di Isaia (il quarto verrà proclamato il Venerdì Santo), mentre il Vangelo ci parla dei giorni immediatamente precedenti la Passione di Cristo. È un introdurci nel Triduo Pasquale, un disporci alla celebrazione-contemplazione dell’evento salvifico della Passione-Morte-Risurrezione di Gesù Cristo.
Oggi ci viene proposto il primo canto del Servo del Signore in cui Dio presenta la figura e l’opera del suo Servo, colui che è chiamato per la salvezza degli uomini, alleanza nuova e luce del mondo. Il Vangelo narra la cena di Betania dove Maria ungendo il corpo di Gesù, compie un gesto profetico in vista della sua sepoltura.
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Dio, attraverso il profeta Ezechiele, annuncia una nuova alleanza, un’alleanza eterna, definitiva, il cui segno è la ricostruzione dell’unità distrutta dal peccato di Israele. Il ritorno alla terra promessa diventa immagine del ritorno a Dio, il riunire Israele dalle terre lontane è immagine della Chiesa, il nuovo Israele, radunata da Cristo, figlio di Davide. Il vangelo ci propone la cospirazione ai danni di Gesù da parte del sinedrio che ne decide la morte per paura che la sua predicazione e i segni (miracoli) che compiva (l’ultimo era stato la resurrezione di Lazzaro) potessero provocare una rivolta e la conseguente risposta repressiva dei romani. Nonostante ciò ancora persone si convertivano alle parole di Gesù.
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Geremia a causa delle sue scelte coraggiose nel proclamare con forza la parola di Dio, viene perseguitato, ma la sua fede di giusto che fa la volontà di Dio è incrollabile e sa che anche nel momento più buio Dio gli è al fianco e lo salva da ogni pericolo. Anche Gesù è perseguitato dai Giudei perché dichiara apertamente la sua origine divina e denuncia la chiusura di cuore degli astanti nel comprendere e accettare quanto dice. E per la terza volta egli sfugge al linciaggio perché non era giunta ancora la sua ora.
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Ormai è scontro aperto tra Gesù e i Giudei: Egli tenta di far loro capire che accogliere lui e la sua parola significa vita, come per Abramo accogliere la parola di Dio è stata vita nella posterità. Per la seconda volta Gesù usa l’appellativo “Io Sono” e qui in maniera più esplicita. Il presente utilizzato da Gesù, (Io sono), evoca il nome stesso di Dio che si presenta a Mosè sul monte. L'espressione “Io sono” significa anche che Gesù non è nato, essendo presente già prima che Abramo fosse. Il nome indica una esistenza eterna ed assoluta, e in questo passo implica chiaramente la preesistenza e la divinità di Cristo, e così l'intendono i Giudei, ai cui occhi l'affermazione di Gesù suona come una bestemmia: “Allora raccolsero pietre per scagliarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio”
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La storia di Sadrach, Mesach e Abdenego ci ricorda che il giusto ottiene sempre il soccorso di Dio. Il giusto è colui che fa la volontà di Dio in ogni frangente della sua vita e chi fa la volontà di Dio vive la verità, conosce la verità e la stessa verità lo rende libero. Gesù è verità, conoscere Gesù è vivere come Gesù e vivere come Gesù rende liberi.
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Come la mormorazione serpeggia tra gli Israeliti e morde il loro cuore portandoli al peccato e alla morte, così i serpenti velenosi mordono la carne degli Israeliti e li uccidono. Solo il serpente di bronzo innalzato sull’asta porta la guarigione a chi lo guarda con fede. Così il serpente elevato sull’asta anticipa nel segno il Cristo innalzato sulla croce salvezza dell’uomo peccatore e nello stesso tempo rivela tutto e completo il progetto del Padre.
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In questa quinta settimana di quaresima nei vangeli proposti entriamo nello scontro vivo tra Gesù e i giudei. Apre la settimana la storia di due donne: Susanna, accusata ingiustamente dai due anziani e l’adultera accusata dalla gente. Il mondo è sempre così! Puntare il dito, condannare è forse il modo per affermare e convincerci che noi siamo migliori. Ma Dio conosce il cuore dell’uomo e Gesù mette in luce la nostra debolezza e il nostro peccato. Dio attraverso Daniele svela la malizia dei due anziani, mentre Gesù ci da due grandi lezioni: tutti di fronte a Dio siamo peccatori, l’amore, l’accoglienza e il perdono sono la pedagogia da seguire di fronte al peccatore che inondato di questo amore viene spronato e trova la forza di cambiare, convertendosi alla vita nuova.
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La sola presenza di Gesù è sufficiente a gettare lo scompiglio tra la gente. Scompiglio generato dal fatto che Egli fa luce sull’uomo e nel cuore dell’uomo. Lo scontro nel Sinedrio ne è prova: scontro tra l’ala moderata e quella intransigente, scontro tra chi, come dice Gesù, è cieco e presume di vedere e tra chi invece è toccato, come Nicodemo dalla grazia di Dio. Chi non accetta la salvezza nella conversione è destinato ad avere un cuore sempre più indurito e a cadere nella spirale del male fino ad arrivare al punto di non ritorno, come vedremo la prossima settimana…
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Entrando nella seconda parte della quaresima ci addentriamo sempre più nella diatriba tra Cristo e i giudei, scribi sacerdoti e anziani del popolo in uno scontro via, via sempre più aperto e aspro. Le prime letture fanno da supporto al vangelo proponendoci brani in cui si evidenzia il tema del giusto perseguitato, calunniato, condannato, ma alla fine salvato da Dio: un paradigma delle ultime vicende della vita terrena di Gesù. Oggi la prima lettura in modo pregevole ci descrive il modo di agire degli empi (dei cattivi) che tramano contro il giusto, ma che non si rendono conto, nella loro superficialità che comunque Dio ha riservato una sorte diversa e a loro, e al giusto. Nel Vangelo la perplessità dei giudei sul Cristo e la sua provenienza si trasforma in una quasi sommossa contro Gesù quando egli stesso annuncia la sua provenienza divina. Ma il tutto si risolve in un nulla di fatto perché, annota Giovanni, non era giunta l’”ora” di Gesù.
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C’è un binomio contrastante nelle letture di oggi. Da una parte il popolo d’Israele che cede alla tentazione e tradisce Dio e dall’altra Mosè che non cede alla tentazione di “tenersi” per se e per i suoi la libertà conquistata e la terra promessa, ma anzi supplica Dio sollecitandone la misericordia e il perdono. Da una parte ci sono i giudei refrattari alla chiamata a conversione, chiusi nella loro saccenteria, nello sfoggio presuntuoso ed antipatico del loro sapere, del loro scrutare le scritture per trarne beneficio invece che conversione, e dall’altra Cristo che mette in luce il comportamento ipocrita e farisaico di chi non vuole arrendersi neanche di fronte all’evidenza.
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Dopo la domenica “laetare”, in cui la chiesa giunta a metà del cammino quaresimale fa una sosta che interrompe i rigori della penitenza, oggi una nuova piccola sosta nel nostro cammio ci permette di gioire per la misericordia di Dio tradotta in piano di Salvezza. Ci appare innanzi infatti il mistero di Maria, cooperatrice, con il suo “SI”, nonostante i dubbi e le incertezze, al progetto di redenzione. Questa adesione alla volontà di Dio, compie le antiche profezie di Isaia e da il via alla redenzione con l’incarnazione del Verbo di Dio. Nota: questa festa è strettamente legata al Natale, infatti la festa dell’Annunciazione cade esattamente nove mesi prima della festa di Natale.
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L’acqua è vita, senza l’acqua ogni essere vivente è destinato a perire. L’acqua lava, purifica, dona nuova vita. L’acqua è come la grazia, dove arriva cambia il deserto in giardino. La visione di Ezechiele ci mostra la grazia di Dio, simboleggiata dall’acqua che esce dal tempio, che invade la terra e dona la vita. I Padri della chiesa hanno messo in relazione quest’acqua che esce dal tempio con l’acqua che esce dal costato di Cristo che con il sangue sono simboli dei sacramenti della chiesa. L’acqua dunque come segno sacramentale del battesimo. L’episodio della guarigione del paralitico del vangelo ci mostra l’acuirsi dei contrasti tra Cristo e i giudei che porterà allo scontro finale e alla condanna a morte di Gesù.
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In questa quaresima il Signore ci allena a saper riconoscere i segni degli empi: i cieli nuovi e la terra nuova annunciati dal profeta Isaia si compiono in Cristo, il Signore della vita, colui che ci guarisce dalla febbre del peccato e ci restituisce la gioia dei figli di Dio. La fede in lui ci permette di sperimentare questo passaggio dalla morte alla vita.
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Ancora un invito a modificare i nostri atteggiamenti plasmandoli alla scuola dell’umiltà e della sincerità, senza falsità e ipocrisie. L’esempio c’è dato nella storia del fariseo e del pubblicano del Vangelo: tutti di fronte a Dio siamo peccatori e lui non guarda alle apparenza, ma al cuore. Di fronte a lui non serve elencare ciò che di buono abbiamo fatto, se non lo abbiamo fatto di cuore ma solo per mero ossequio esteriore a delle norme, al contrario riconoscersi peccatori e invocare la sua misericordia ci ottiene il perdono e la pace: “…perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato”.
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Il richiamo alla conversione si fa più pressante man mano che ci inoltriamo nella quaresima. Conversione non a parole ma con i fatti e nella verità. La conversione diventa pratica nell’amore, ma noi sperimentiamo quanto questo sia duro da fare, quanto sia difficile spodestare l’egoismo dal centro della nostra vita per lasciar posto all’altro, sia esso con la “a” minuscola (l’uomo) sia esso con la “A” maiuscola (Dio).
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Quello che mi fa riflettere e mi meraviglia pensando a San Giuseppe è che quest’uomo diventato per volontà divina il custode del “Verbo”, della “Parola fatta carne”, non dica neanche una parola in nessuno dei passi del Vangelo che lo riguardano, neanche quando vive, con Maria, uno dei momenti più difficili della sua missione di padre. Agitato, preoccupato, impaurito per lo smarrimento del figlio lo ritrova dopo tre giorni nel Tempio tra i dottori della legge e lascia a Maria la “ramanzina” a Gesù! Poi però leggendo attentamente le scritture proposte per la sua festa, si riesce ad entrare nell’ottica di Giuseppe: egli è l’uomo di fede, il giusto che compie la volontà di Dio, l’uomo che realizza la profezia fatta a Davide da Natan, il patriarca che ci introduce nei nuovi cieli e nella nuova terra. Giuseppe non parla con le parole perché parla con la sua fede lasciando lo spazio alla vera Parola, Gesù.
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Il pericolo che si corre interpretando in modo errato il messaggio di Gesù è quello di pensare a lui come a uno venuto a far piazza pulita di tutto il passato, a predicare una specie di “anarchia” guidata dalla pseudo-legge dell’amore. In realtà Gesù si pone in continuità con il passato, non lo rinnega, ma lo rivaluta, gli dà completezza, lo perfeziona. La stessa legge dell’amore, già contenuta nel vecchi testamento, viene completata nell’amore anche per il nemico e rivalorizzata nel modello di riferimento (Amatevi come io vi ho amato).
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Uno dei frutti della conversione è il perdono: perdono da Dio, ma anche perdono al fratello. Però se è facile accettare il perdono di Dio non è altrettanto scontato accettare di perdonare il fratello. Più volte si sente dire: ”Io l’ho perdonato, ma per me non esiste più” oppure “L’ho perdonato una, due, tre volte, ma adesso basta!”. Queste affermazioni stigmatizzano un comportamento non cristiano e addirittura contrario al Vangelo. Infatti Gesù rispondendo a Pietro che gli poneva la domanda sul perdono e sulle volte che bisogna perdonare, afferma che non esiste un limite al perdono ma che bisogna perdonare sempre. In fondo non è questo che Dio fa con noi? Alle volte rispondo a chi chi mi dice frasi come quelle riportate sopra: “E se Dio dicesse così riguardo a te e ai tuoi peccati?, e se Dio si stancasse di perdonarti? Cosa Succederebbe?”…. Domandiamoci nella giornata di oggi cosa accadrebbe di noi se Dio “si stancasse” di perdonarci…
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Eventi dalla diocesi
Presso il Santuario di Santa Maria della Misericordia di Petriolo, luogo giubilare pro hac vice