rosone

Il pensiero del giorno

3 Marzo 2013 III Domenica di Quaresima
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Il Vangelo di oggi Lc 13, 1-9
1 In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici. 2 Prendendo la parola, Gesù rispose: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? 3 No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. 4 O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? 5 No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».6 Disse anche questa parabola: «Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. 7 Allora disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno? 8 Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest'anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime 9 e vedremo se porterà frutto per l'avvenire; se no, lo taglierai».
 

Medita
E' san Paolo che oggi ci introduce in una delle possibili interpretazioni della Parola che condividiamo durante la preghiera domenicale. Siamo nel deserto, dicevamo nelle scorse domeniche, come Gesù e come il popolo di Israele dopo essere stato liberato dall'Egitto; eppure, dice l'apostolo scrivendo ai Corinti, malgrado l'esperienza dell'alleanza e del ritrovamento di sé stessi, per molti israeliti il deserto fu presagio di disfatta e di sconfitta; dopo un primo momento di gioia e di libertà, molti israeliti cominciarono a mormorare (a lamentarsi) contro Dio e finirono col rimpiangere la sicurezza della schiavitù (!) alla fatica del cammino. Quest'esperienza, conclude Paolo, serve da ammonimento e da esempio per tutti noi che stiamo attraversando il deserto della vita. Vero, verissimo: nel deserto della vita mettiamo in gioco la nostra libertà di vivere o di lasciarci vivere, di essere protagonisti, cercando il senso e la misura di quello che facciamo, oppure di lasciarci un po' andare seguendo la corrente. Anche noi – come gli israeliti – talvolta preferiamo la sicurezza della schiavitù piuttosto che diventare dei cercatori di Dio. Siamo sinceri: non è più semplice lasciar pensare gli altri al posto nostro? Non è più immediato e gradevole seguire mode e costumi che ci rendono accettabili e piacevoli? Il nostro Dio è silenzioso e nascosto (timido?), la nostra vita è un mistero che può essere abbracciato o ignorato, la nostra fede può essere fragile ed inutile o riempire la vita. Quaresima è questo: cogliere l'occasione, giocarsi bene la libertà, vivere bene del tempo che ci è dato, pensare con la nostra testa, puntare in alto, guardare oltre. La pagina del Vangelo ci presenta Gesù che commenta due episodi di cronaca successi in quel periodo a Gerusalemme: una repressione brutale nel Tempio da parte di soldati romani e il crollo della torre di Siloe. Gesù – a sorpresa – afferma che gli uomini uccisi durante questi due fatti non erano più o meno peccatori degli altri. Una frase buttata lì con semplicità e che pure scardina molte nostre false sicurezze. Quante volte mi sento dire: "cosa ho fatto di male per meritarmi questo?" Malgrado l'apparenza ci spinga a formulare tali pensieri, la Bibbia afferma il contrario: disgrazia e fortuna non sono legati al nostro comportamento, né ad una punizione di Dio, ma diventano l'occasione, come asserisce Gesù, di accorgerci che la vita è un soffio e che occorre davvero cogliere ogni momento per guardare al Tabor. La vita – ci ricorda il Maestro – è un'unica occasione che ci è data per scoprire la Verità in noi. La vita, fortunata o tragica che sia, non è che lo strumento con cui impariamo a scoprire la pienezza nascosta nelle cose. A Mosé che tentenna nell'andare a parlare di Dio al popolo, Jawhé racconta di sé, dice il suo nome, e si svela come un Dio che conosce le sofferenze del popolo. Se anche la nostra vita attraversa momenti di fatica, Dio non è lontano ed interviene, chiedendo a qualcuno di agire in nome suo. Dio non guarda indifferente alle tragedie del mondo, ma chiede a noi, come a Mosé, di renderlo presente accanto a chi soffre. Al popolo che aspetta liberazione Dio manda un pastore pauroso, Mosé, come liberatore.
Tiriamo le fila di queste pagine complesse e dense. La vita è un'opportunità da cogliere per scoprire chi è Dio e chi siamo noi e il deserto è il luogo in cui esercitiamo la nostra libertà. Non esiste una vita più o meno semplice, ma ogni vita è un soffio breve che siamo chiamati a vivere con intensità e gioia. Gesù ci svela il volto di un Dio che pazienta, che insiste perché il fico produca frutti. La conversione, il cambiare atteggiamento, il ri-orientare la nostra vita è il frutto che ci è chiesto. Fermarci davanti agli eventi tristi della vita senza incolpare Dio, né scuotere la testa e tirare innanzi, ma guardarli come un monito che la vita stessa ci rivolge per giocare bene la nostra partita. Dio – da parte sua – è un Dio che conosce, che interviene, ma che rispetta, trattandoci da adulti, le nostre scelte, anche se catastrofiche e schiavizzanti. Sapremo svegliarci?

Prega

Nel tragico orizzonte di questi anni di guerre, di odio o di violenza, nel lento e faticoso scorrere delle nostre giornate, ancora ci chiami, Signore, per dirci chi tu sei. Aiutaci a saper sempre rimanere in ascolto della tua voce, aiutaci a stare in silenzio, in ginocchio, almeno un momento, davanti al flebile cero che arde di fronte a un tabernacolo, nell'ampia solitudine delle nostre chiese, diventate spesso un deserto in cui sei rimasto tu solo, in attesa di tutti noi affannati e assorbiti da altro. Raccontaci ancora di te, di quello che hai fatto per noi, per le innumerevoli generazioni di uomini che ci hanno preceduto nel cammino della storia, quando udendo il grido di disperazione salire dalla terra,
ti sei misericordiosamente chinato per stringere con noi un'alleanza eterna.
Sul tuo esempio, fa' che anche noi impariamo a scoprire le sofferenze di tanti fratelli
di cui non ci siamo mai nè accorti nè preoccupati.

Un pensiero per riflettere

Le sofferenze sono come i colpi di scalpello di uno scultore.
Oh! se la statua potesse parlare griderebbe di dolore! Così noi gridiamo di dolore ai colpi di scalpello.
Ma se così non fosse il pezzo di marmo non diverrebbe mai una bella opera d'arte!
Così la nostra vita diventa bella attraverso i colpi della sofferenza!
Salvo Massa
(A cura dell’Azione Cattolica della Parrocchia S.Rita da Cascia - Villaricca)

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