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Il pensiero del giorno

Lunedì 28 dicembre Santi Innocenti: quarto giorno dell’ottava di Natale

Il cammino alla sequela di Cristo non è facile, spesso costa sangue; oggi alla testimonianza di Stefano e di Giovanni Battista si aggiunge quella dei bambini innocenti di Betlemme. Questa festa mette in evidenza la malvagità di Erode che semina odio e morte e l’amore del Giusto innocente, Gesù che dona la sua vita per la salvezza del mondo. Anche la lettera di Giovanni ci presenta gli uomini divisi in figli della luce e figli delle tenebre.
Il segno che si appartiene alla luce é l’amore, la comunione con i fratelli; invece chi sta nelle tenebre vive nel non amore, oppresso dalle passioni.
Ogni giorno davanti a Cristo-luce siamo chiamati a fare delle scelte di vita a favore a contro l’amore, siamo chiamati a gettar via le opere delle tenebre per indossare le armi della luce.
Questa Parola ci invita a riconoscerci incapaci di amare veramente e a confidare nella misericordia di Colui che solo può liberarci con il suo sangue dal peccato e ristabilire la nostra comunione con Dio: Gesù Cristo giusto.
In Lui anche noi possiamo superare ogni prova e cantare con il salmista: “Il nostro aiuto è nel nome del Signore che ha fatto cielo e terra.”
L’evangelista Matteo in questo brano vuole stabilire un parallelo tra Gesù e Mosè; la loro nascita coincide con una strage di bambini ebrei innocenti decretata l’una da Erode e l’altra dal Faraone (Es. 1,8-2,10; mt2,13-18); ambedue vanno in Egitto (Es. 3,10;4,19 e Mt 2,13-14) ambedue attuano la parola “dall’Egitto ho chiamato mio figlio” (Es 4,22; Os 11,1 e Mt 2,15), tutti e due diventeranno liberatori: del popolo d’Israele e di tutta l’umanità, però prima sono essi stessi liberati.
In questo brano inoltre ci viene presentata la Famiglia di Nazaret esperta nel patire: essa infatti sperimenta la persecuzione, la fuga dalla propria terra, l’emarginazione, l’incertezza.
Gesù rimane segno di contraddizione: i Magi lo cercano per adoralo, Erode per ucciderlo; la stessa profezia su Rachele che piange i suoi figli (Ger 31,15) ci indica Gesù come il Messia atteso e rifiutato, in cui si compiono le promesse di Dio.
Questo Vangelo ci interroga sulla qualità della nostra testimonianza di cristiani: Giuseppe e Maria, dopo la gioia della nascita di Gesù, sperimentano che la volontà di Dio scomoda, crea disagio e sofferenza; eppure la compiono in silenziosa fiducia e amorosa obbedienza.
Come reagiamo noi quando Dio ci chiede una disponibilità che ci chiama a rinunciare ai noi stessi, ai nostri programmi, desideri, gratificazioni?
Siamo spesso facili a dire belle parole ma il Signore, come ai bambini innocenti, ci chiede di rendere testimonianza non a parole ma con le opere e con la vita.

a cura delle monache benedettine di Monte San Martino

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