Il pensiero del giorno
Il pensiero del giorno
L’umiltà e la carità sono l’espressione massima di Dio; quindi chi si fa umile e misericordioso scopre la presenza e la verità di Dio. Per altre strade non si incontra Dio, ma una sua ombra.
Bisogna abbandonare il passato alla misericordia di Dio, il presente alla nostra fedeltà e il futuro alla divina Provvidenza.
Più passa il tempo e più mi accorgo che non riesco ad essere felice senza silenzio, senza preghiera.
A partire dal giorno in cui ho rinunciato alle cose di questo mondo per consacrare l’anima mia alle contemplazioni luminose e celesti, quando l’intelligenza suprema mi ha rapito da quaggiù per posarmi lontano da tutto ciò che è carnale, per rinchiudermi nel segreto del tabernacolo celeste, da quel giorno i miei occhi sono stati abbagliati dalla luce della Trinità, il cui splendore supera tutto ciò che il pensiero umano poteva suggerire all’anima mia; poiché dalla sua sublime sede la Trinità spande su ogni cosa il suo irradiamento ineffabile, comune ai Tre. Essa è il principio di tutto ciò che si trova quaggiù, separato dalle cose supreme a causa del tempo […]. A partire da quel giorno io sono morto al mondo e il mondo è morto a me.

La commemorazione dei fedeli defunti appare già nel secolo IX, in continuità con l’uso monastico del secolo VII di consacrare un giorno completo alla preghiera per tutti i defunti. Amalario, nel secolo IX, poneva già la memoria di tutti i defunti successivamente a quelli dei santi che erano già in cielo. E’ solo con l’abate benedettino sant’Odilone di Cluny che questa data del 2 novembre fu dedicata alla commemorazione di tutti i fedeli defunti, per i quali già sant’Agostino lodava la consuetudine di pregare anche al di fuori dei loro anniversari, proprio perché non fossero trascurati quelli senza suffragio. La Chiesa è stata sempre particolarmente fedele al ricordo dei defunti. Nella professione di fede del cristiano noi affermiamo: “Credo nella santa Chiesa cattolica, nella comunione dei Santi…”. Per “comunione dei santi” la Chiesa intende l’insieme e la vita d’assieme di tutti i credenti in Cristo, sia quelli che operano ancora sulla terra sia quelli che vivono nell’altra vita in Paradiso ed in Purgatorio. In questa vita d’assieme la Chiesa vede e vuole il fluire della grazia, lo scambio dell’aiuto reciproco, l’unità della fede, la realizzazione dell’amore. Dalla comunione dei santi nasce l’interscambio di aiuto reciproco tra i credenti in cammino sulla terra i i credenti viventi nell’aldilà, sia nel Purgatorio che nel Paradiso. La Chiesa, inoltre, in nome della stessa figliolanza di Dio e, quindi, fratellanza in Gesù Cristo, favorisce questi rapporti e stabilisce anche dei momenti forti durante l’anno liturgico e nei riti religiosi quotidiani.

Dai “Discorsi” di san Bernardo, abate
A che serve dunque la nostra lode ai santi, a che il nostro tributo di gloria, a che questa stessa nostra solennità? Perché ad essi gli onori di questa stessa terra quando, secondo la promessa del Figlio, il Padre celeste li onora? A che dunque i nostri encomi per essi? I santi non hanno bisogno dei nostri onori e nulla viene a loro dal nostro culto. E’ chiaro che, quando ne veneriamo la memoria, facciamo i nostri interessi, non i loro. Per parte mia devo confessare che, quando penso ai santi, mi sento ardere da grandi desideri. Il primo desiderio, che la memoria dei santi o suscita o stimola maggiormente in noi, é quello di godere della loro tanto dolce compagnia e di meritare di essere concittadini e familiari degli spiriti beati, di trovarci insieme all’assemblea dei patriarchi, alle schiere dei profeti, al senato degli apostoli, agli eserciti numerosi dei martiri, alla comunità dei confessori, ai cori delle vergini, di essere insomma riuniti e felici nella comunione di tutti i santi.
Ci attende la primitiva comunità dei cristiani, e noi ce ne disinteresseremo? I santi desiderano di averci con loro e noi e ce ne mostreremo indifferenti? I giusti ci aspettano, e noi non ce ne prenderemo cura? No, fratelli, destiamoci dalla nostra deplorevole apatia. Risorgiamo con Cristo, ricerchiamo le cose di lassù, quelle gustiamo. Sentiamo il desiderio di coloro che ci desiderano, affrettiamoci verso coloro che ci aspettano, anticipano con i voti dell’anima la condizione di coloro che ci attendono. Non soltanto dobbiamo desiderare la compagnia dei santi, ma anche di possederne la felicità. Mentre dunque bramiamo di stare insieme a loro, stimoliamo nel nostro cuore l’aspirazione più intensa a condividerne la gloria. Questa bramosia non é certo disdicevole, perché una tale fame di gloria é tutt’altro che pericolosa. Vi é un secondo desiderio che viene suscitato in noi dalla commemorazione dei santi, ed é quello che Cristo, nostra vita, si mostri anche a noi come a loro, e noi pure facciamo con lui la nostra apparizione nella gloria. Frattanto il nostro capo si presenta a noi non come é ora in cielo, ma nella forma che ha voluto assumere per noi qui in terra. Lo vediamo quindi non coronato di gloria, ma circondato dalle spine dei nostri peccati. Si vergogni perciò ogni membro di far sfoggio di ricercatezza sotto un capo coronato di spine. Comprenda che le sue eleganze non gli fanno onore, ma lo espongono al ridicolo. Giungerà il momento della venuta di Cristo, quando non si annunzierà più la sua morte. Allora sapremo che anche noi siamo morti e che la nostra vita é nascosta con lui in Dio. Allora Cristo apparirà come capo glorioso e con lui brilleranno le membra glorificate. Allora trasformerà il nostri corpo umiliato, rendendolo simile alla gloria del capo, che é lui stesso.
Nutriamo dunque liberamente la brama della gloria. Ne abbiamo ogni diritto. Ma perché la speranza di una felicità così incomaparabile abbia a diventare realtà, ci é necessario il soccorso dei santi. Sollecitiamolo premurosamente. Così, per loro intercessione, arriveremo là dove da soli non potremmo mai pensare di giungere. (Disc. 2; Opera omnia, ed. Cisterc. 5 [1968] 364-368)
Essere Chiesa non significa separarsi dagli altri, ma lasciarsi accendere dal fuoco di Dio per correre dagli altri ad annunciare l’unica grande notizia: Dio è amore. Se non si è missionari di Dio, non si è cristiani. I “lontani” dalla Chiesa ufficiale possono essere vicinissimi a Dio, mentre i “vicini” alla Chiesa possono essere lontanissimi da Dio. “Quanti lupi sono dentro l’ovile (della Chiesa) e quante pecore sono fuori di esso”.
Sono convinto che il nostro più grande peccato è quello di omissione: bene non fatto, responsabilità non vissute, gesti buoni e doverosi non compiuti, impegni disattesi.
Ciò che si ottiene con una preghiera frequente e perseverante è a prova del tempo.
Il cristiano non ha dimora permanente quaggiù. Ma la sua libertà non è evasione. Egli si mantiene libero per meglio servire. Ha rinunciato al mondo come tentazione, ma Dio gli ha ridato il mondo come vocazione al servizio degli uomini.
Padre celeste, quando il pensiero di te si sveglia nell’anima nostra, fa’ che non si svegli come un uccello sbigottito e disorientato che svolazza qua e là, ma come un bambino che si desta col suo sorriso celeste.
Se tutti ci contentassimo del necessario, e dessimo il superfluo al bisognoso, non ci sarebbe più né il ricco né il povero.
Ci vuole coraggio per amare la verità. Questo è uno dei motivi per cui la verità non è amata.
Il perdono ci fa simili a Dio. Dio perdona perché è grande, intelligente e buono. L’uomo, quando non perdona, è piccolo, stupido e cattivo.
Eventi dalla diocesi
Presso il Santuario di Santa Maria della Misericordia di Petriolo, luogo giubilare pro hac vice