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Tre emergenze, un'unica sfida
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Il Convegno svolto in occasione della Festa Regionale del Creato ha posto una domanda sul rapporto tra Salute, Agricoltura e Ambiente; le pregevoli relazioni affidate agli esperti hanno evidenziato una correlazione molto spiccata tra queste grandi emergenze

FestaCreato2016-2Il giorno 2 Ottobre 2016 a Penna San Giovanni l’Ufficio per la Pastorale sociale del lavoro e dell’ambiente della Chiesa Marchigiana e dell’Arcidiocesi di Fermo, ha celebrato, come ogni anno,  la FESTA REGIONALE DEL CREATO in collaborazione con l’Associazione Culturale “Centro Studi Giuseppe Colucci” presso il Teatro Comunale “Flora” di Penna San Giovanni.

 

Al mattino si è svolto un convegno sul tema: “SALUTE – AGRICOLTURA – AMBIENTE Tre emergenze indipendenti o interconesse?”.

 

Il titolo del Convegno pone una domanda sulla reale relazione tra le tre emergenze salute -agricoltura-ambiente, in realtà già i titoli delle tematiche affidate agli esperti evidenziano la stretta correlazione tra di esse.

Con la prima relazione di ispirazione francescana  donataci quest’anno dalla professoressa Dominique Guillemant dell’Università di Macerata e dal titolo :”Francesco di Assisi uno sguardo riconciliato con il Creato”, siamo stati introdotti all’universalità del pensiero di Francesco che ha considerato tutto il creato la sua casa, il mondo il Chiostro dove egli cammina leggero per non comprometterlo e tutte le creature la sua famiglia. Egli abita il mondo ma sa che il mondo non è suo, si direbbe che ha firmato un contratto in comodato d’uso con il Signore consapevole che a lui è dato di usarlo per i suoi bisogni, ma anche di custodirlo perché è la casa di tutti e di tutte le generazioni. Il Cantico delle Creature è il suo testamento, il suo punto di arrivo perché con esso stabilisce la sua alleanza con Dio; una alleanza fatta di uno sguardo stupito verso tutto ciò che il Signore ha salvato (anche lui stesso) e con il quale si deve vivere relazioni profonde. Solo l’uomo salvato diventa capace di creare relazione tra tutte le creature e di stabilire patti perché il creato diventi un nuovo paradiso terrestre. Così con il racconto dell’incontro con il lupo, Francesco, che ha penetrato il cuore di Dio, ci insegna che se sappiamo stabilire accordi, compromettendo le nostre persone e condividendo le risorse del mondo, non abbiamo ragione di avere paura e di avere nemici, possiamo dire che già da allora traccia il programma per portare nel mondo la giustizia e la  pace.

 

Molto significativa ed appassionata  la relazione della dottoressa Ilse Maria Ratsch, che per la sua professione di dottoressa impegnata nell’Ospedale Salesi di Ancona, si trova a rilevare dati che  evidenziano l’aumento di malattie nei bambini dovute all’inquinamento dell’ambiente ed in particolare dell’agricoltura. Sostanze di sintesi, pesticidi toccano il nostro sistema immunitario; da qui scaturiscono diverse malattie (Parkinson, autismo, diabete) e le modificazioni del DNA; c’è correlazione anche con l’aumento di celiachie e delle intolleranze.

Riferendosi alla prima relazione in cui Francesco insegna ad essere consapevoli che il mondo non è nostro ma lo abbiamo solo in prestito e lo dobbiamo preservare per le generazioni future, ella evidenzia l’importanza della consapevolezza dei comportamenti nell’agricoltura. La distribuzione delle sostanze di sintesi sui campi senza pudore, senza riflessione né per chi lavora, né per chi vola né per chi assume il cibo, ci fa vivere in modo drammatico quello che è stato avviato con il DDT. Dobbiamo imparare a vivere nell’oggi e sperare al domani, non dobbiamo dimenticare di porci domande. Noi siamo la parte più inutile di tutta l’evoluzione, invece stiamo usando il cosmo in modo veramente inconsapevole. Tutti vogliamo stare bene e che i nostri figli abbiano un futuro,ma il dato allarmante dell’aumento dell’infertilità ci dice che questo avviene all’interno della specie  quando non ha più senso procreare perché l’ambiente è diventato ostile;  per evoluzione noi smettiamo di procreare, cioè noi abbiamo creato un mondo in cui la nostra specie si auto-estingue.  Bisogna “prendersi cura” del cosmo anche attraverso l’informazione, si deve fare  una rete che dà messaggi: facilitare e seminare in tutti i sensi, salvaguardare i semi ma anche spargere semi di informazione, è necessario partecipare ed interagire, proprio come ci insegna Francesco. Dobbiamo pensare che cosa lasciamo un domani. La dottoressa denuncia anche  il fatto che tra chi studia c’è settorialità, difesa, mancanza di contatto, non interazione, insicurezza; abbiamo perso la connessione tra salute, ambiente, abitare, società, dobbiamo riguardare l’aspetto psicosociale. Questo è un problema culturale ed abbiamo bisogno di una risposta integrata.

Dopo la prima denuncia della dottoressa Ilse che evidenzia come salute, agricoltura ed ambiente siano strettamente interconnesse, Il prof. Stefano Tavoletti dell’Università Politecnica delle Marche ci aiuta a capire quali,oggi, possono essere i rimedi,  come si può coltivare sano e fare una zootecnia sostenibile. Egli che si occupa di agricoltura no OGM , ci fa comprendere come  il commercio internazionale degli alimenti si basa sul commercio di quegli alimenti che controllano tutto il mercato mondiale: grano, mais, riso soia … partendo dalla borsa  di Chicago; di ciò ne pagano le spese gli agricoltori nostri perché il prezzo del grano è legato alla over produzione di grani di poca qualità come  quelli dell’America del nord in cui il clima è più umido e la coltivazione  necessita di glifosate. Qui da noi può esistere un sistema alternativo? Oggi i nostri animali mangiano soia e mais e, specialmente la soia, importiamo tutta dall’estero e ora costa moltissimo. Potremmo reintrodurre una serie di colture antiche: esempio possiamo produrre il favino, il pisello proteico, la cicerchia, il sorgo e le piante foraggere. Nelle aziende nostre il frutteto e le piante foraggere  servono per salvaguardare l’erosione del suolo. Chi ha foraggio, ha bestiame, chi ha bestiame ha letame e di conseguenza il grano senza bisogno di glifosate. Noi abbiamo potenzialità e aziende. Le nostre aziende sono anche quelle che salvaguardano la razza è un sistema che può guardare il futuro e non solo il guadagno. La grande distribuzione controlla il mercato ed ora il guadagno degli allevatori e dei contadini è minimo, una soluzione può essere quella della vendita diretta che rende possibile alle aziende di stare sul mercato e i consumatori sono  più contenti. Anche il rapporto  tra uomo-animale nei piccoli allevamenti è più idoneo per la salute degli animali e di conseguenza dell’uomo. Per venire incontro ai problemi della salute  bisogna prendere coscienza che è questo il modo di produrre. I grani antichi, riscoperti nell’agricoltura biologica, ad esempio, non danno intolleranze e sono molto graditi. La nostra missione è che il sistema agro zootecnico può essere strutturato localmente, l’approccio globale non funziona più e deve essere economicamente  sostenibile perché il contadino possa vivere. E’ necessario pensare globale ed agire localmente, così come ci ha più volte ripetuto la dottoressa Ilse nella sua relazione. “Il pensare globale rappresenta il chiedersi come vogliamo salvare la vita nel cosmo e l’agire locale è come porsi da responsabili nella salvaguardia della” vita” nello spazio fisico e temporale in cui siamo.”

In ultimo il professor Belletti, sempre dell’Università Politecnica, con la sua relazione dal titolo. ”Ruolo dell’agricoltura familiare al tramonto dell’era industriale: un approccio bio-economico” ci dimostra che siamo al tramonto dell’era industriale. Già egli anni 70 alcuni pensatori  affermavano che l’era industriale era già al tramonto per la sua inconciliabilità con i cicli di vita. L’economia non ha niente a che fare con la natura. L’era industriale ha dato una accelerazione all’utilizzo delle risorse ma il genere di vita molto comodo che ci offre ha una fine molto vicina, basta pensare all’inquinamento ed all’effetto serra. Questo stile di vita non può essere sostenibile, ci dobbiamo chiedere quanto la nostra stirpe duri nel tempo. Dobbiamo ragionare come processo, nell’agricoltura per esempio dobbiamo chiederci quanti anni possiamo mantenere la fertilità del terreno.

L’approccio bio-economico mette di fronte alla società questa riflessione che la natura non c’entra niente con l’economia. Per l’economia un qualsiasi input di produzione vale per aumentare il consumo ed il guadagno; a livello naturale è il contrario perché l’elemento vale quando è integro.

Culturalmente, prendendo coscienza di alcune dinamiche, anche lo stile di vita può cambiare, ma i cambiamenti delle abitudini hanno bisogno di tempo. Nel marketing il ciclo delle abitudini è importantissimo, è su quello che si inseriscono tutte le campagne pubblicitarie.

Prendere coscienza che viviamo in un sistema da decenni insostenibile quindi è importante e si deve operare cambiamenti da subito. Questo sistema non ha più energia né più ambiente da offrire (pensiamo alle emigrazioni): era facilmente prevedibile infatti che nelle aree più ricche di risorse naturali ci sarebbero state sempre più guerre, ora non ha senso meravigliarsi dei flussi migratori. Anche la politica agricola europea ha avuto il fine di creare l’industria nell’agricoltura: negli anni 50 l’agricoltura era da eliminare perché c’era bisogno di braccia nelle industrie; così l’industrializzazione dell’agricoltura ci ha portato ad avere campagne senza più abitanti. A livello agricolo abbiamo un panorama fatto per un paese industrializzato, e non c’è spazio per un sistema più sostenibile..

La fine dell’era industriale è che essa distrugge se stessa. In questo panorama che senso ha l’agricoltura familiare?

Il concetto di agricoltura familiare può essere vago, ma oggi parlando di agricoltura biologica, notiamo quante famiglie giovani ma includenti tutte le generazioni, anche nell’esperienza del territorio delle Marche, si stanno rimettendo in un percorso per un modo di vivere alternativo, a cui non fanno parte solo gli agricoltori ma anche il sistema di vendita, di educazione alimentare e di sani comportamenti orientati all’uso e non all’abuso delle sostanze, della ricerca scientifica per la medicina naturale etc.. Insomma si sta sperimentando il modo di usare l’agricoltura non come un fine ma come un mezzo di riflessione e di sperimentazione, per creare nuovi modelli di vita. Reindirizzare la tecnologia e le conoscenza, può avanzare con finalità diverse da quelle che abbiamo oggi, non finalizzate a creare plastica ma ad esempio a purificare il mare dalla plastica che crea problemi evidenti alla vita dei pesci ed alla salute  delle persone.

 

Nel dibattito si è posta una ulteriore riflessione che dà senso a tutte le informazioni che ci sono state donate: “Noi, come genere umano, quanto vogliamo durare? Non abbiamo sempre detto che l’uomo è un animale superiore capace di organizzare la vita di tutti gli esseri viventi? Al contrario osserviamo che  mentre le piante hanno possibilità di formare relazioni importanti tra loro in grado nel tempo di proteggersi e di non auto estinguersi, noi  andiamo verso l’auto estinzione”.

 

Dopo il convegno  la “festa” è continuata con la visita ed il pranzo presso un agriturismo di Penna San Giovanni, che costituisce un esempio  di come si può produrre  in maniera sana e fare zootecnia sostenibile , mettendo insieme le energie di più aziende, vendendo i prodotti, ed offrendo possibilità di svago, di ricreazione per famiglie che hanno anche  la possibilità di ammirare e godere dello spettacolo della natura, delle nostre colline piene di colori meravigliosi specialmente in questa stagione.

 

Nella festa non poteva mancare la celebrazione, presieduta da Mons. Orlandoni, assistente, fino a qualche mese fa, dell’Ufficio della Pastorale del Lavoro del Sociale e dell’Ambiente Regionale. Egli nell’omelia ci ha ricordato come la fede consiste nell’aderire ad una persona, nel mettere la nostra fiducia in Gesù, abbandonarci nelle sue mani; che la fede è un dono  ma abbiamo la responsabilità di custodirlo, di salvaguardalo perché questo dono possa essere utile per l’umanità: “la fede senza le opere è morta”.

Tra i compiti della fede  c’è anche la cura, la custodia e la salvaguardia del creato, la casa comune, la famiglia umana, l’insieme di tutte le creature. Da un lato abbiamo il compito di lodare il Signore per tutto il Creato perché in esso possiamo trovare tutto ciò che serve  per tutti gli uomini, per tutte le generazioni, dall’altro a noi ne è affidata la custodia. Non dobbiamo dimenticare che nella casa comune  se si maltratta la natura si maltratta l’uomo: quante persone soffrono, sono in difficoltà muoiono perché la natura è stata maltrattata. Il Vescovo ci invita in questo anno a prendere coscienza della grandezza della misericordia di Dio e di operare secondo i suoi insegnamenti per il bene dell’umanità

 

Anna Rossi

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