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Notiziario Santa Vittoria

LA PAROLA A CURA DI DON ALESSANDRO
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21 DICEMBRE 2014 QUARTA DOMENICA DI AVVENTO "B"

 

2Sam 7,1-5.8b-12.14a-16; Sal 88; Rm 16,25-27; Lc 1,26-38


Nella quarta settimana di Avvento, la figura centrale è Maria, la Madre che dà alla luce il Messia. Il brano evangelico comincia con le parole familiari: 
«L'angelo del Signore fu mandato a una città della Galilea, chiamata Nazaret». Però, noi dobbiamo concentrarci su un punto e questo punto sono le parole che Maria pronuncia alla fine di tutto: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». Con queste parole Maria ha fatto il suo atto di fede. Ha creduto, ha accolto Dio nella sua vita, si è affidata a Dio. Con quella sua risposta all’angelo, è come se Maria avesse detto: 
«Eccomi, sono un foglio di carta bianca: Dio scriva pure sudi me tutto quello che vuole»
Si potrebbe pensare che quella di Maria fu una fede facile. Diventare la madre del Messia: era il sogno di ogni fanciulla ebrea. Ma ci sbagliamo di grosso. Quello è stato l’atto di fede più difficile della storia. A chi può spiegare Maria ciò che è avvenuto in lei? Chi le crederà quando dirà che il bimbo che porta in grembo è “opera dello Spirito Santo”? Questa cosa non è successa mai prima di lei, non succederà mai dopo di lei. Maria conosceva bene ciò che era scritto nella legge mosaica. Una ragazza che il giorno delle nozze non fosse stata trovata in stato di verginità, doveva essere portata immediatamente davanti all’uscio della casa paterna e lapidata (cf. Dt 22,20s). Maria si che ha conosciuto il rischio della fede! Carlo Carretto, che trascorse diversi anni nel deserto, narra questo episodio. Tra un gruppo di Tuareg di passaggio aveva conosciuto un giorno una ragazza «sposata» a un giovane, ma che, secondo il costume, non viveva ancora con lui come sua moglie. Si ricordò di Maria quando era anche lei promessa sposa a Giuseppe, ma non ancora andata a vivere con lui. Dopo diverso tempo, incontrò di nuovo gente di quella tribù e chiese che ne fosse stato di quella ragazza. Notò un silenzio imbarazzato; poi qualcuno gli si avvicinò e in disparte gli disse: Sgozzata! Il giorno delle nozze si scoprì che non era vergine. Di colpò, scrive Carretto, capii Maria: gli sguardi impietosi della gente di Nazaret, gli ammiccamenti; capii la sua solitudine e quella sera stessa la scelsi per sempre come mia maestra di fede e compagna di vita. 
La fede di Maria non è consistita nel fatto che ha dato il suo assenso a un certo numero di verità, come quando noi recitiamo il nostro Credo. E’ consistita nel fatto che si è fidata di Dio, si è completamente rimessa a lui. Ha accolto Dio nella sua vita. Ha detto il suo «Fiat», a occhi chiusi. Ha creduto che «nulla è impossibile a Dio». Veramente, Maria non ha mai detto «Fiat». Fiat è una parola latina e Maria non parlava latino e neppure greco. Cosa avrà detto in quel momento, quale parola sarà uscita dalle sue labbra? Si tratta di una parola che tutti, senza forse saperlo, conosciamo e ripetiamo spesso. Ha detto «amen».

Amen era la parola con cui un ebreo esprimeva il suo assenso a Dio. Insieme con Abbà, Maranathà, questa è una delle poche parole che i cristiani non hanno tradotto, ma che hanno conservato nella lingua in cui le avevano pronunciate Maria e Gesù. Con questa parola si dicono tante cose: «Se così piace a te, Signore, così voglio anch’io». Maria non ha dato il suo assenso con rassegnazione, come chi dice tra sé: «Se proprio non si può fare a meno, ebbene, si faccia la volontà di Dio».

Il verbo messo in bocca alla Madonna dall’evangelista (genoito) è all’ottativo, un modo che, in greco, si usa per esprimere gioia, desiderio, impazienza che una certa cosa avvenga... Che sia stato il momento più felice della vita di Maria, lo deduciamo anche dal fatto che Maria, subito dopo, intona il Magnificat: «Il mio spirito esulta in Dio». Esulta, cioè tripudia, scoppia di felicità. La fede fa felici! Maproprio questo è quello che l’uomo d’oggi trova difficile e che mantiene tanti nell’incredulità. Dire amen a qualcuno, fosse pure Dio, si ritiene sia lesivo della propria libertà e indipendenza. Ma qual è l’alternativa? Il pensiero moderno, partito da queste premesse, è arrivato poi, per conto suo, alla conclusione che dire amen nella vita bisogna, è inevitabile. E, se non lo si dice a Dio, bisogna dirlo a qualcos’altro: al fato, al destino. 
Ma lasciamo da parte i non credenti, e anzi rispettiamo la loro libertà di coscienza. La fede è il segreto per fare un vero Natale e spieghiamo in che senso Sant’Agostino ha detto che "Maria ha concepito per fede e ha partorito per fede; concepì Cristo prima nel cuore che nel corpo". Noi non possiamo imitare Maria nel concepire e dare alla luce fisicamente Gesù; possiamo e dobbiamo, invece, imitarla nel concepirlo e dario alla luce spiritualmente, mediante la fede. Credere è «concepire», è dare carne alla parola. Vediamo dunque come si fa a concepire e dare alla luce Cristo. Concepisce Cristo la persona che prende la decisione di cambiare condotta, di dare una svolta alla sua vita. Dà alla luce Gesù la persona che, dopo aver preso quella risoluzione, la traduce in atto con qualche cambiamento concreto e visibile nella sua vita e nelle sue abitudini. Per esempio, se bestemmiava, non bestemmia più; se aveva una relazione illecita, la tronca; se coltivava un rancore, fa la pace; se non si accostava mai ai sacramenti, vi ritorna; se era impaziente in casa, cerca di mostrarsi più comprensivo, e così via. Nel mettersi a tavola per l’ultima cena, Gesù disse: «Ho desiderato ardentemente celebrare questa Pasqua con voi». Ora dice forse lo stesso del Natale: «Ho desiderato ardentemente celebrare questo Natale con voi». 
La conclusione pratica di questa nostra riflessione è dire anche noi a Dio un bell’amen, sì, nella situazione in cui in questo momento ci troviamo. Se vogliamo essere ancora più vicini a Maria, usiamo le sue stesse parole e diciamo: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola».

 

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