Notiziario Santa Vittoria
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11 GENNAIO 2015 BATTESIMO DEL SIGNORE ANNO "B"
Is 55,1-11; Cant. Is 12,2.4-6; 1Gv 5,1-9; MC 1,7-11
Oggi la liturgia commemora il Battesimo di Gesù nel Giordano. Gesù aveva forse bisogno, anche lui, di essere battezzato come noi? No certamente. Egli volle, con quel gesto, mostrare che si era fatto uno di noi in tutto. Come ogni sacramento, il battesimo è fatto di due cose: di gesti e di parole. Vista e udito sono entrambi chiamati in causa. Somiglia a una rappresentazione, a un dramma. Possiamo dire che anche nel sacramento l’evento è rappresentato, ma nel senso forte del termine: reso presente. Ripercorriamo i momenti principali del rito. Cominciamo dall’imposizione del nome. «Che nome date al vostro bambino?» In questo momento, viene pronunciato per la prima volta in pubblico quello che sarà il nostro nome per l’eternità. Proprio perché il nome è destinato ad accompagnare il bambino per tutta la vita, i genitori, nel deciderlo, dovrebbero evitare di scegliere nomi troppo singolari che un giorno potrebbero imbarazzare i loro figli.
Ma portiamoci al momento del battesimo vero e proprio. La liturgia dedica particolare attenzione all’elemento di cui Gesù ha voluto servirsi, l’acqua. Essa ricorda l’acqua del Mar Rosso, l’acqua del Giordano, l’acqua che sgorgò dal costato di Cristo. “Come i pesciolini, diceva Tertulliano, nascono e vivono nell’acqua, mentre boccheggiano e muoiono se se ne allontanano, così noi cristiani, se ci distacchiamo dal nostro battesimo”. Il celebrante fa dunque avvicinare al fonte i genitori, prende tra le braccia il bambino o la bambina e, chiamandolo per nome, per tre volte lo immerge nell’acqua, pronunciando le semplici e solenni parole indicate da Gesù stesso nel Vangelo: «Io ti battezzo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo». Per tre volte il bambino è stato immerso, interamente o con il capo, nell’acqua e per tre volte ne è riemerso. Questo sta a simboleggiare Gesù Cristo che per tre giorni fu sepolto sotto terra e al terzo giorno risuscitò. D’altra parte, le parole «nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo», evocano, o meglio rendono presente, la Trinità. Così, nel battesimo, noi professiamo i due più grandi misteri della nostra fede; con i gesti, evochiamo l’incarnazione, morte e risurrezione di Cristo; con le parole l’unità e Trinità di Dio.
Nell’agire di Dio si nota sempre una sproporzione tra i mezzi impiegati e i risultati ottenuti. I mezzi sono semplicissimi, i risultati grandiosi. Il battezzato è una creatura nuova, è rinato dall’acqua e dallo Spirito; è diventato figlio di Dio, membro del corpo di Cristo che è la Chiesa, e tempio vivo dello Spirito Santo. Tutto, nel battesimo, avviene in simbolo, in immagine, cioè attraverso dei segni, ma quello che, attraverso di essi, il bambino ha conseguito non è un simbolo, è realtà. Egli non è sceso davvero nella morte, ma Gesù gli ha concesso ugualmente il frutto della sua morte e della sua vittoria sul demonio.
Completano il battesimo alcuni riti minori, ma assai suggestivi. Uno è quello della veste bianca che viene consegnata al bambino, segno della sua innocenza che i genitori dovranno aiutarlo a conservare per tutta la vita. Un altro è il rito della luce. Il sacerdote accende una candela dal cero principale e la consegna al papà: è simbolo della fede che genitori, padrino e madrina dovranno trasmettere al bambino.
Perché battezzare i bambini da piccoli? Perché non aspettare che siano grandi e decidano loro stessi liberamente? E' una domanda seria, ma può nascondere un inganno. Il maligno non aspetta che i vostri figli abbiano vent’anni per inoculare in essi i germi del male. D’altra parte, a voler essere coerenti, di questo passo bisognerebbe non insegnare ai bambini nessuna lingua, non dare loro alcuna educazione, né inculcare alcun principio, lasciando che un giorno decidano da se stessi quale adottare. Ma c’è una ragione ben più seria di queste. Quando avete procreato il vostro bambino e gli avete dato la vita, avete forse chiesto prima il suo permesso? Non era possibile; ma, sapendo che la vita è un dono immenso, avete giustamente supposto che il bambino un giorno vi sarebbe stato grato per esso. Si chiede forse il permesso a una persona prima di farle un dono? Che dono sarebbe? Ora il battesimo è la vita divina che viene gratuitamente «donata» a noi. Non è violare la libertà dei figli far sì che possano ricevere questo dono. Certo, tutto qesto suppone che i genitori siano essi stessi credenti e intendano aiutare il bambino a svilùppare il dono della fede. La Chiesa riconosce ad essi una competenza decisiva in questo campo. Per questo non vuole che un bambino sia battezzato contro la volontà dei genitori.
• Siamo giunti così alla conclusione. Che scopo può aver avuto, per degli adulti come noi, aver rivisitato i riti del nostro battesimo e ascoltato la loro spiegazione? IL Card. Suenens così scriveva: “Abbiamo tanti battezzati, ma pochi cristiani! Perché? Perché le nostre famiglie e le nostre comunità non sono così vive nella fede da far maturare il seme dei battesimi”. Questa è l’occasione, se siamo dei credenti, per rinnovare e ratificare il nostro stesso battesimo. Nel battesimo, altri hanno promesso per noi, si sono fatti garanti. Alla domanda del sacerdote: «Che cosa chiedi alla Chiesa di Dio?», hanno risposto in nome nostro: «La fede»; alla domanda: «Rinunci a Satana?», hanno risposto: «Rinuncio!»; alla domanda: «Credi?», hanno risposto: «Credo!»; alla domanda: «Vuoi essere battezzato?», hanno risposto sempre in nome nostro: «Si, lo voglio!». Bisogna che, una volta nella vita, noi decidiamo da soli, in libertà, cosa rispondere a tutte queste domande. Solo allora il nostro battesimo viene «liberato» e può sprigionare tutta la sua forza. Solo allora esso viene come «scongelato» e noi, da cristiani nominali, diventiamo cristiani reali, maturi.
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