Notiziario Santa Vittoria
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II DOMENICA DI PASQUA 12 APRILE 2015
At 4,32-35; Sal 117; 1Gv 5,1-6; Gv 20,19-31
“La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: Pace a voi” (Gv 20,19). La pace è il dono pasquale di Cristo. Tutti vogliamo la pace, parliamo di pace, ma, nello stesso tempo, noi soffriamo per la mancanza di pace. La pace vera, infatti, è dono di Dio, perché solo Dio può riempire di pace il cuore umano, che è stato creato sull’ampiezza stessa del Cuore di Dio. E la pace, quando viene da Dio, non si può perdere, perché Dio è fedele. Tanta gente la perde perché ha legato la propria pace a situazioni materiali, a condizioni precarie: in questo modo la pace non sarà mai nostra, non sarà mai sicura.
Gesù aggiunge: “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi” (v.21). È l’atto di fondazione della Chiesa, il gesto più coraggioso della storia, l’impegno che solo Dio poteva pensare e volere. La Chiesa non è nata dalla pretesa di voler rappresentare Dio, ma dal coraggio di Dio che non ha paura della nostra debolezza e del nostro peccato. Queste parole di Gesù accompagnano tutta la storia della Chiesa e sono il sostegno della sua missione, la giustificazione del suo servizio. Siamo la Chiesa di Pietro e di Giuda e nello stesso tempo di Maria e di Giovanni; siamo la Chiesa nella quale crescono insieme il grano e la zizzania: eppure a questa Chiesa... Gesù ha dato e consegnato il lievito della risurrezione, il vangelo della pace, il potere di salvare e di redimere. In questa Chiesa, Gesù ha fissato il recapito per incontrarlo!
Forse Gesù non ha tenuto conto delle nostre debolezze?
Gesù ha ben valutato le nostre debolezze e ha calcolato il peso drammatico delle nostre miserie. Lo rivela il Vangelo di oggi. Infatti il primo potere della Chiesa di Cristo, il primo compito ricevuto da Cristo Risorto è proprio quello di perdonare. Gesù dice: “Ricevete lo Spirito Santo. A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi li riterrete saranno ritenuti” (vv. 22-23). Con queste parole Gesù, mentre dimostra di sapere chi siamo noi, nello stesso tempo definisce il compito della Chiesa. La Chiesa non ha e non deve avere la pretesa di essere impeccabile. Essa, all’inizio di ogni Eucaristia, si batte il petto riconoscendo la fragilità dei suoi figli e invocando la solidità del perdono di Dio.
Essa è consapevole dei suoi peccati, però ha anche la certezza di poterli sempre vincere e perdonare con la misericordia infinita di Dio. La Chiesa allora non è la comunità che non pecca, ma è la comunità dove si perdona il peccato. G. Chesterton, interrogato sul motivo della sua conversione al cattolicesimo, esclamò: “Mi faccio cattolico per ricevere il perdono dei miei peccati”. Aveva ben capito che cosa è la Chiesa: la Chiesa è il luogo dove si celebra la misericordia di Dio nel sacramento della riconciliazione; quella riconciliazione che trasuda da ogni sacramento! Il vero cristiano sa che essere Chiesa significa lasciarsi perdonare da Dio attraverso la Chiesa: continuamente!
Il vero cristiano non si scoraggia per i propri peccati, ma ugualmente non si scandalizza per i peccati degli altri. Egli sa che può sempre chiedere perdono, ma deve perdonare a sua volta senza condannare gli altri nè giudicare gli altri: il vero cristiano è umile e pronto a cantare dappertutto il mistero del perdono di Dio.
Se vivremo così, noi saremo un segno di Cristo risorto e il mondo crederà in Gesù Figlio di Dio. Molta gente, infatti, come Tommaso, vuol vedere qualcosa, vuole garanzie, esige un segno: vuol vedere le ferite della bontà vissuta.
La Chiesa non sempre può offrire il segno della santità, ma sempre deve offrire il segno del perdono: e il perdono è un raggio di Luce, che manifesta la presenza e la potenza di Gesù Risorto.
Riconosciamo apertamente: quante volte più che di persone lontane da Dio, dovremmo parlare di persone allontanate da Dio per la nostra incapacità di perdonare. Gesù ci invita, ancora una volta, a entrare nella sua Pasqua, a buttare via il vecchio lievito del peccato e a vivere la misericordia: perché la misericordia è la vittoria di Dio, la misericordia è la novità che viene da Dio e ribalta la pietra pesante del peccato e dell’orgoglio umano.
Santa Teresa di Lisieux, dopo un atto di umiltà, esclamò: “Sentii l'amore di Dio entrare nel cuore, con il bisogno di dimenticare me stessa per pensare agli altri. E da quel momento io fui felice”. Potessimo anche noi fare questa esperienza!
BUONA DOMENICA
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Momento di aggiornamento pastorale del clero diocesano. Interviene il dott. Francesco De Angelis