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Notiziario Santa Vittoria

LA PAROLA A CURA DI DON ALESSANDRO

XV DOMENICA TEMPO ORDINARIO ANNO "B"

Am 7,12-15; Sal 84; Ef 1,3-14; Mc 6,7-13

La prima lettura mette a confronto due persone: Amasia e Amos. Essi personificano due modi diversi di vivere la fede e il rapporto con Dio. Amasia è un profeta al servizio del re: egli è come un debole cappellano di corte, che ha messo la fede al guinzaglio di un padrone umano. Di conseguenza cercherà sempre di dire ciò che piace al re e non ciò che vuole Dio: Amasia è un uomo che ha venduto la propria religione. Amos, invece, è un profeta vero, un uomo che vive di fede limpida, pulita, coerente: egli non si muove per interessi umani e quindi non ha paura di gridare i peccati di Israele ed anche i peccati del re. Amos annuncia la verità anche quando è scomoda, perché egli sente la sua vita come servizio obbediente ad una chiamata di Dio. Amasia è presente, come tentazione, anche nella nostra vita. Amasia rappresenta il pericolo di usare la fede per i propri tornaconti umani; il pericolo di fare della religione uno strumento per dominare, per arricchirsi, per avere privilegi mondani. Amos, invece, con la sua vita ricorda a tutti noi il dovere della coerenza e della fedeltà e l'impegno nel difendere la nostra religione da ogni inquinamento opportunista. Il Vangelo chiarisce ancora di più lo spirito che deve possedere l'apostolo e quindi ogni discepolo del Signore. Innanzi tutto il Vangelo dice che Gesù chiamò i dodici e cominciò a inviarli a due a due. Perché? Per ricordare ai i credenti che la fede in Gesù, quando è autentica, non può distaccare dagli altri, ma deve mettere dentro l'anima il bisogno di comunicare, di parlare del Vangelo. Chi crede nel Signore, parla del Signore: non può farne a meno. Ma molti cristiani non lo fanno! E' paura? E' timidezza? E' riservatezza? No! Non occorrono grandi doti umane per annunciare il Vangelo e tantomeno occorre una grande cultura. La fede ha bisogno soltanto di fede. Allora se molti non parlano del Signore, è perché non hanno nulla da dire: e se non hanno nulla da dire, vuol dire che non conoscono il Signore. Ma Gesù vuole che gli apostoli vadano insieme: due a due. È una volontà di Gesù, che sottolinea lo spirito con cui fare apostolato: l'apostolato va fatto nell'unità, nella carità, nella comunione di spirito con gli altri fratelli. Infatti che valore può avere l'annuncio che Dio è amore, quando viene fatto da una comunità divisa dove ognuno combatte il fratello? Chi potrà credere al Vangelo, se i cristiani lo smentiscono con la loro vita?

Gesù ci ricorda che la prima predica deve essere la nostra unità, la prima predica deve essere il nostro accordo, il primo annuncio deve essere lo spettacolo della fraternità: "Siate una cosa sola, affinché il mondo creda" (Gv 17,21). Purtroppo — riconosciamolo — quante iniziative di apostolato non convincono nessuno perché partono da cristiani divisi, in disaccordo, mancanti di carità! Riflettiamo, riflettiamoci e convertiamoci. Gesù dice infine agli apostoli: "Non portate nulla per il viaggio: né pane, né bisaccia, né denaro nella borsa". Evidentemente queste parole di Gesù più che fare un elenco delle cose da portare o da lasciare, intendono definire lo spirito che deve possedere il vero apostolo. Ed è questo: spirito distaccato, libero, disponibile a tutto in vista della missione. Gli apostoli non devono attaccarsi a nulla e a nessuno: debbono appoggiarsi soltanto a Cristo. Con Lui tutto è possibile; senza di Lui, nulla di buono possiamo fare anche se abbiamo come alleati i potenti del mondo intero e i mezzi più sofisticati e più aggiornati. Lungo i secoli (e anche oggi) noi cristiani ci siamo attaccati al prestigio, ai potenti, al denaro... e siamo diventati poco credibili perché poco credenti. Che valore può avere l'annuncio di un'altra vita fatto da cristiani che in tutte le maniere cercano di sistemarsi nel presente, che è fuggevole, e vivono la bramosia di possedere esattamente come coloro che non credono? L'annuncio e la vita devono formare una cosa sola. Per capire la fede di San Francesco, bastava guardarlo; per capire la fede di Madre Teresa, bastava guardarla. Cosi deve essere di noi! Da ultimo Gesù dice: "Se in qualche luogo non vi ascolteranno, andandovene, scuotete la polvere da sotto i piedi in testimonianza per loro". Con queste parole Gesù ricorda agli apostoli che fare il bene non significa sempre aver successo in questo mondo. Anzi! Dopo aver fatto tutto il nostro dovere, può capitare di incontrare ostilità, ingratitudine, rifiuto. Gesù dice: "Preparatevi a questo e restate sereni. Voi dovete lavorare nel nome di Dio e per amore di Dio. Se gli altri vi accolgono: Deo gratias! Se gli altri non vi accolgono, voi non perdete nulla e in più avete l'occasione di verificare la sincerità della vostra fede" . "Scuotere la polvere": è un gesto che facevano gli ebrei quando ritornavano in Palestina dalla terra dei pagani, per indicare che essi non condividevano le scelte dei pagani. In questo senso, il gesto non deve essere considerato disprezzo, ma un richiamo, un invito a considerare la gravità dell'atteggiamento di chi rifiuta Cristo. Scuotersi la polvere, allora, non è un gesto contro gli altri, ma a favore degli altri: perché prendano coscienza di ciò che fanno. Gesù ci invita a parlar chiaro quando si tratta dell'unico problema serio della vita: e questa è carità!

BUONA DOMENICA

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