Giubileo della speranza, sinodo, carcere e porta santa
Giubileo della speranza, sinodo, carcere e porta santa
Come vivere e conciliare la speranza, il sinodo, la Porta Santa nel carcere? Papa Francesco, oltre alle Porte Sante delle basiliche di Roma e a quelle particolari nelle Diocesi, ha voluto aprirne una in un carcere perché sia per i detenuti un simbolo che invita a guardare all'avvenire con speranza e con rinnovato impegno. Sollecita inoltre tutti i governanti della terra affinché si adoperino a far sì che ci siano condizioni dignitose per chi è recluso, rispetto dei diritti umani e soprattutto l'abolizione della pena di morte (N° 10 bolla indizione del Giubileo). Tutte le comunità cristiane siano pronte a difendere il diritto dei deboli e spalanchino con generosità le porte dell'accoglienza, perché a nessuno venga mai a mancare la speranza di una vita migliore.
In una chiesa sinodale non può mancare l'attenzione e la cura verso il mondo delle carceri. Attenzione e cura che, nel tempo, pregiudizi e ignoranza hanno impedito o accantonato. Con molta sincerità devo dire che anch'io fino a qualche anno fa non avevo nemmeno idea di cosa fosse il mondo del carcere. Poi Papa Francesco invitò tutti, in un incontro con i membri dell'Azione Cattolica, ad impegnarsi nelle periferie della società. Quest'invito fu la spinta per mettermi al servizio come volontario nel carcere di Fermo. E lì ho scoperto un mondo.
Il mondo della polizia penitenziaria. Il lavoro che essi svolgono è un lavoro nascosto, spesso difficile e poco appagante, ma essenziale. Il servizio che fanno non è solo di vigilanza seppur necessaria ma, spesso diventa sostegno a chi è debole. Non è un compito facile ma, oltre ad essere custodi della sicurezza, essi diventano presenza vicina e attenta per chi è caduto nelle reti del male. Così la polizia penitenziaria diventa costruttore di futuro: essa pone le basi per una convivenza più rispettosa e dunque per una società più sicura. Ogni giorno essi sono tessitori di giustizia e di speranza.
Ho scoperto il mondo dei detenuti. Persone, uomini, che soffrono per la mancanza della libertà. La pena da scontare li porta lontano dai loro affetti. Molti di essi stanno cercando con fatica di recuperare la loro vita (che spesso è frantumata). Quanta fatica si fa a recuperare dignità e speranza, soprattutto se intorno non si crea una rete che può riabilitarli attraverso il lavoro e le relazioni. Il periodo trascorso in carcere serve oltre a pagare il debito verso la società, a riabilitarsi, per rimediare e riflettere sugli errori del passato. Per questo chi sta "fuori" non deve cancellare la speranza del futuro dei detenuti.
Il Papa ha aperto la Porta Santa nel carcere, ma quella che non dobbiamo chiudere è la porta del nostro cuore. Siamo pronti ad accogliere come nostro compagno di lavoro il detenuto appena uscito? Quanti sguardi d'indifferenza e di giudizio deve ancora sopportare chi ha "sbagliato" ma ha comunque scontato la sua condanna? La cosa più difficile per un detenuto è il reinserimento nella società, soprattutto in ambito lavorativo e relazionale. Ognuno di noi vive di ciò. Vi assicuro che dopo un primo sguardo dato velocemente al detenuto, una volta che lo guardiamo negli occhi, e quelli non mentono, ci accorgiamo della sua umanità. Si scopre la persona, l'uomo. E l'uomo non è mai il suo errore. (Don Oreste Benzi).
Buon cammino giubilare nella speranza e nell'accoglienza.
Mauro Trapè (volontario presso il carcere di Fermo)
Eventi dalla diocesi
Contestualmente sarà celebrato il Giubileo dei Movimenti, delle Associazioni e delle nuove Comunità
Presso il Santuario di Santa Maria della Misericordia di Petriolo, luogo giubilare pro hac vice