rosone

Nell’attesa di un Natale che è incarnazione

2Francescodi Francesco Fioretti

Mi sono sempre chiesto perché alla domanda “che cosa significa Avvento?”, la risposta fosse più spesso “attesa”  che non “Venuto o Venuta”. E che soventemente si paragonasse questa attesa con l’attesa di una mamma in gravidanza che non con la venuta alla vita di un frugoletto che doveva rimanere nel segreto del ventre materno per nove lunghi mesi.

Il mese di dicembre, da bambino, era un tempo di grande piacere nell’attesa del Natale come periodo di festa, di giornate dai cugini e di riposo dalle fatiche scolastiche. In quel tempo del millennio scorso, la scuola iniziava il primo ottobre, il quattro era festa (San Francesco) e il 25 c’era la festa del patrono; novembre aveva un inizio scoppiettante con 1,2 e 4. Dicembre con l’8 (successivamente invidiai qualche amico meneghino che aveva anche il 7) faceva da pausa a metà mese prima delle vacanze; coincideva anche con la discesa delle scatole legate con lo spago dalla soffitta. Cartaroccia, casette, pupetti, stagnola, pecorelle insieme ad uno zoo improbabile entravano in un angolo del tinello per rimanerci fino a Sant’Antonio Abate. Seguiva la ricerca dei materiali per la struttura di base. Questo era un compito di mio padre che mi portava con sè alla ricerca della “vellutina” nel bosco e di legni strani sulla riva del mare da cui prendevamo anche la” rena” per costruire le strade. A questo punto entrava in scena mia madre che preparava il ripiano con cinque o sei pezzi di legna per la stufa e metteva sù una sorta di paesaggio montano di cui una grotta era l’elemento principale; rocce di carta, fiumiciattoli di stagnola d’argento fino al laghetto fatto con uno specchio, pianure e strade di rena che conducevano alla grotta. Poi era la volta delle lucine con la conseguente vellutina, ovatta e legnetti. Eravamo giunti al quinto giorno ed era la volta degli alberi di stoffa con cespugli di paglia e la miriade di animali al pascolo. Il sesto giorno entrano in scena i pupetti e ricordo come la grotta con Maria e Giuseppe, gli angeli, il bue e l’asinello intorno alla mangiatoia, fossero una prerogativa di babbo e mamma che a me lasciavano tutto il resto della popolazione dell’arca: i pastori, gli artigiani, le donne con le brocche intorno al pozzo e tutta la schiera dei personaggi di terracotta. Tutto questo era per me il prepararsi  a quella Venuta che sarebbe stata l’apparizione del Bambinello sulla mangiatoia.

Ci fu, anni dopo, una sorta di repulsione e fastidio per questo periodo che, pur restandomi nel cuore nella visione fiabesca e nell’essenza simbolica del presepio con i miei, andavo percependo in forme artificiali di luci sfavillanti che abbagliavano su plastica e prodotti da scaffale con il sapore di cartone. Il fatto che oggi assistiamo allo stesso tipo di manifestazione, magari con prodotti più tecnologici e forme maggiormente stupefacenti ed edulcoranti, mi porta alla mente che forse anche durante la mia fanciullezza  ciò possa essere accaduto e che, per una serie di casi e di cause, qualcuno si sia preoccupato di tenermene fuori. Mi piace pensare che, tuttavia, la volontà e l’opera sovrannaturale di Chi ha scelto di incarnarsi in questo mondo, l’abbia fatto intendendo bene in che ginepraio andasse a mettersi. Come troviamo nelle narrazioni evangeliche di inizio, la pienezza dei tempi coincide con tutti i tempi abitati completamente dall’uomo in cui Qualcuno decide di portare un seme di Speranza che germoglia e fruttifica in modo inatteso per ciascuno. In ogni tempo è stato, è  e sarà necessaria questa incarnazione che ci preservi in uno spazio protetto per comprenderla e abitarla in ogni tempo dato ad ognuno. Guerra, fame, malattie, violenza, catastrofi naturali e umanitarie non sono accadimenti che qualcuno può ignorare, soprattutto oggi in cui la percezione interattiva con tutto il creato è costantemente riproposta e ripresentata da una comunicazione che pervade ogni sfera della nostra giornata ed entra fortemente nel nostro io profondo in una relazione ineliminabile col nostro contesto vitale i cui limiti si sono allargati a dismisura.

Mary è una bambina di una famiglia con papà (artigiano)  e mamma (impiegata) che è nata e abita in una cittadina di provincia. Gioca con Irina che è arrivata da pochi anni con sua madre (badante) da un paese straniero. Frequentano la stessa classe della scuola primaria in cui è arrivato da pochi giorni Tayeb, un po’ più grande di loro, sbarcato dalla nave di una Ong che lo ha tratto in salvo dal naufragio di un barcone in cui ha perso il padre. Entrambi hanno perso la mamma e due sorelle in un bombardamento del loro villaggio. La scuola ha attivato subito le misure di accoglienza per minori non accompagnati in coordinamento con tutte le strutture istituzionali di competenza (Prefettura, Regione Comune, …) e con le varie figure di supporto (mediatori culturali e linguistici, psicologi, assistenti sociali e quant’altro). Nel quartiere dove abitano Mary e Irina è da pochi mesi arrivata una famiglia di Afgani con papà Giovanni e mamma Sephora (che fa le pulizie con un’agenzia interinale). Fatimah e Layla sono le figlie adolescenti che frequentano un istituto professionale in una città vicina. Tarik è il loro fratello, coetaneo di Mary ed Irina che da quando è arrivato è stato inserito con loro in classe….. Questa storia di fantasia è il modo e il mondo in cui immagino confrontarsi l’incarnazioni di oggi. Un mondo fatto anche da Giuseppina che a ottant’anni  vive da sola dopo che i figli si sono trasferiti su al nord ed ha qualche problema a camminare per via di una frattura seria.  Le va a fare compagnia Armando che è appena  tornato da una lungodegenza che ha visto la moglie andarsene consumata da un male incurabile; da Lucia, con una malformazione genetica ma che sorride sempre e saluta ogni volta con entusiasmo Armando quando lo incontra in piazza mentre va a scuola dove è in classe con Mary ed Irina. Lucia ha la mamma che è collega di Alessandro che va sempre a protestare con le insegnanti di Maicol, suo figlio che sta in classe con Mary ed Irina, perché la classe così variegata per estrazione e provenienza non ha ritmi performanti adeguati a suo figlio … chi vuole aggiungere? (disoccupazione, lavoro insostenibile, frutti dell’economia prona alla finanza, disagio giovanile e non solo, …) ogni gentile lettrice e ogni caro lettore può aggiungere altre situazioni, casi e fatti di diversità da un canone spesso arbitrariamente stabilito come giusto che  conduce a diseguaglianze foriere di iniquità e ingiustizie lesive della pari dignità delle persone umane e dell’ambiente in cui esse vivono.

Certamente la predisposizione del presepe rappresenta ancora per me e per la mia famiglia un momento da fare in casa per ricordarci che quell’Incarnazione continua ancor oggi ogni giorno là dove c’è qualcuno che si fa prossimo a chi si sente demolito e abbattuto. In chi si fa parte diligente nell’inventare, nutrire e sviluppare strutture di partecipazione e di comunione che facilitino la presa in carico delle fatiche e delle sofferenze e che possano essere di esempio educativo e dato di riferimento morale con esperimenti di comunicazione intergenerazionale e interculturale. Nei luoghi dove si investe sull’armonizzazione e la ricchezza delle diversità più che sulla performance quantitativa.

Il prossimo Giubileo sarà un’esperienza che ci metterà di fronte al mistero dell’incarnazione? Sarà un caso che la data d’inizio coincida col Natale? Ci richiamerà al dono di una Speranza che riceviamo? Una Speranza fattiva, operativa, non di facciata? L’augurio è che sappiamo narrarci e testimoniarci con e tra tutti la buona notizia che un Dio si è incarnato tra le piaghe crude e le pieghe complesse della nostra storia per riscattarla e, con i suoi tempi, renderla più umana e aderente allo scopo della nostra esistenza.

Eventi dalla diocesi

09 gennaio

Ritiro spirituale del clero diocesano animato da don Andrea Bezzini

06 febbraio

Momento di aggiornamento pastorale per il clero diocesano guidato da don Giuseppe Bonfrate

10 aprile

Momento di aggiornamento pastorale del clero diocesano. Interviene il dott. Francesco De Angelis

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