rosone

Il pensiero del giorno

Il Vangelo di oggi Gv 8, 12-20
12 Di nuovo Gesù parlò loro: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita».13 Gli dissero allora i farisei: «Tu dai testimonianza di te stesso; la tua testimonianza non è vera». 14 Gesù rispose: «Anche se io rendo testimonianza di me stesso, la mia testimonianza è vera, perché so da dove vengo e dove vado. Voi invece non sapete da dove vengo o dove vado. 15 Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno. 16 E anche se giudico, il mio giudizio è vero, perché non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato. 17 Nella vostra Legge sta scritto che la testimonianza di due persone è vera: 18 orbene, sono io che do testimonianza di me stesso, ma anche il Padre, che mi ha mandato, mi dà testimonianza». 19 Gli dissero allora: «Dov'è tuo padre?». Rispose Gesù: «Voi non conoscete né me né il Padre; se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio». 20 Queste parole Gesù le pronunziò nel luogo del tesoro mentre insegnava nel tempio. E nessuno lo arrestò, perché non era ancora giunta la sua ora.
 

Medita
Il dialogo tra Gesù e i giudei si apre con la solenne proclamazione: "Io sono la luce del mondo". Per fare questa affermazione, Gesù prende lo spunto dalle luminarie della Festa delle Capanne, nella quale si illuminava il tempio di Gerusalemme con tanta profusione di luci. Superando l’orizzonte giudaico, Gesù si proclama la luce non solo di Gerusalemme, ma di tutta l’umanità. Egli, per la prima volta, si proclama, in modo solenne ed esplicito, la luce del mondo, cioè la rivelazione divina che porta vita e salvezza. er non camminare nelle tenebre, bisogna seguire Gesù, diventare suoi discepoli. Cammina nelle tenebre chi rifiuta l’adesione personale al Figlio di Dio (cfr Gv 12, 35. 46) e chi odia il proprio fratello (cfr 1Gv 2, 9. 11).
I giudei accusano Gesù di vanagloria perché rende testimonianza a se stesso e perciò concludono che la sua testimonianza non è verace. In 5, 32-37 Gesù aveva già portato a suo favore la testimonianza del Battista, delle opere compiute e del Padre. Ora afferma che la sua testimonianza è attendibile perché egli è una persona divina.
In 5, 31 Gesù aveva detto: "Se fossi io a rendere testimonianza a me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera". Ora qui sembra dire il contrario: "Anche se io rendo testimonianza di me stesso, la mia testimonianza è vera, perché so da dove vengo e dove vado" (v. 14). Nel primo caso Gesù parlava della sua testimonianza umana, nel secondo si appella alla sua natura divina. Gesù conosce per scienza divina il mistero della sua origine.
I farisei ignorano completamente la vera identità di Gesù e la sua origine divina perché giudicano secondo la carne, a differenza del Figlio che vive in sintonia e in comunione con il Padre che l’ha mandato. Gesù che è pieno della grazia della verità (cfr Gv 1, 14. 17) non solo è la rivelazione vivente del Padre, ma con il suo giudizio mostra lo stato reale degli uomini. La ragione della veracità del giudizio di Cristo sta nella sua intima unione con il Padre. In tal modo è rispettata anche l’esigenza della legge mosaica, che esige la testimonianza di due persone, perché Gesù non è solo, perché il Padre è sempre con lui (cfr Gv 8, 29; 16, 32).
"Gli dissero allora: ‘Dov’è tuo padre?’. Rispose Gesù: ‘Voi non conoscete né me né il Padre; se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio’ ". Questa risposta di Gesù insinua implicitamente la sua divinità. Egli dichiara che uno solo è suo Padre, Dio, e che per conoscere il Padre bisogna conoscere lui che è suo Figlio.
I giudei ignorano la vera identità di Gesù, non sanno che egli è il Figlio di Dio e tanto meno immaginano che per giungere alla vera conoscenza del Padre occorra passare per la persona del Cristo. Gesù dichiara che nessuno può andare al Padre se non per mezzo di lui che è via, verità e vita; che per conoscere il Padre bisogna conoscere il Figlio; che vedendo Gesù si vede il Padre, perché l’uno vive nell’altro (cfr Gv 14, 6-11).
Gesù attacca il giudaismo e gli nega ciò di cui è più fiero: la conoscenza di Dio. Gli ebrei in realtà non conoscono Dio, perché rifiutano il Figlio di Dio.
Questa sublime rivelazione della vita trinitaria fu proclamata presso la camera del tesoro nel tempio. Tale precisazione forse vuol dare alla testimonianza un carattere più ufficiale e più solenne.
La frase finale "E nessuno lo arrestò, perché non era ancora giunta la sua ora" è un ritornello che ricorre varie volte nel vangelo. Esso vuol mettere in evidenza l’impossibilità, per i nemici, di impedire a Gesù di compiere la sua missione secondo il disegno del Padre.

Prega
Padre giusto e misericordioso, tu mai ti stanchi di chiamare ogni uomo a conversione, perché i tuoi figli conoscano la gioia della comunione con te. Perdonami, Padre: ancora ho chiuso il cuore nell'indifferenza egoistica e appagata, e non mi sono aperto al tuo invito. Signore Gesù, tu ci hai portato l'estremo appello dell'amore, quell'amore che vince la morte offrendo la vita. Perdonami, o Cristo: ancora ho esitato a confidare in te. Spirito Santo, fuoco di carità, infiamma il mio cuore bruciando ogni scoria di timore, meschinità e durezza. Luce beatissima, fa' che io veda la misura sconfinata della misericordia di Dio, la profondità insondabile della sua sapienza. Liberami dalla freddezza del mio indurimento, dalla cecità della mia logica umana.

Un pensiero per riflettere
A forza di pentirmi senza correggermi, finirò per restare e morire nei miei peccati.
(Giovanni di Gaza)
 

(A cura dell’Azione Cattolica della Parrocchia S.Rita da Cascia - Villaricca)

V Domenica di Quaresima

Il Vangelo di oggi Gv 8,1-11
1 Gesù si avviò allora verso il monte degli Ulivi. 2 Ma all'alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava. 3 Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, 4 gli dicono: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. 5 Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». 6 Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. 7 E siccome insistevano nell'interrogarlo, alzò il capo e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». 8 E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. 9 Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi.Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. 10 Alzatosi allora Gesù le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». 11 Ed essa rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù le disse: «Neanch'io ti condanno; va’ e d'ora in poi non peccare più».
 

Medita
Una donna colta in flagrante adulterio (ah già, e l'uomo che era con lei? Mistero del maschilismo religioso!) portata davanti a Gesù per essere giudicata. Una trappola dei farisei (i benpensanti?) ben congeniata, in fondo: Gesù è un lassista? Oserà contestare Mosé? Dove andremo a finire! Senza regole come può esserci religione! Non c'è che dire: trappola splendida, pronta a scattare, a ricondurre a normalità (la nostra) l'eccesso (di Dio). Piovono pietre su questa donna. Non ha un nome, né un volto: è una peccatrice. Non ha dignità, né ragioni: è una peccatrice. Va punita, ha trasgredito la legge. Piovono pietre nelle nostre parole: sempre indulgenti a giustificare noi stessi, impietosi nel giudicare i comportamenti degli altri. E il nostro tempo lo sa quanto le parole feriscono ed uccidono. Giudizi, silenzi, smorfie, tutti a dimostrare che c'è qualcosa di strano nell'altro, che comunque io sono, se non migliore, almeno non peggiore. L'altro è avversario perché diverso, non rientra nello schema che mi sono costruito. Diverso per razza, per storia, per sensibilità politica. Alzo i toni, urlo, critico, magari finisco anche sui giornali. L'altro è diverso: un muro divide le generazioni, i popoli, i pensieri... Su Gesù, dì la tua: questa donna ha sbagliato, è chiaro, è evidente, bisogna fare qualcosa. E Dio tace. Tace perché conosce, tace scrivendo in terra (cosa? I peccati dei presenti, chiosa quella linguaccia di san Girolamo!), tace sconfortato dalla durezza del cuore dell'uomo. In cosa ha sbagliato Dio? Davvero la libertà dell'uomo può ridursi a questo? Un Dio libero e vero, un Dio tenero e adulto che vede l'umanità ridotta a chiassosa classe di adolescenti che si accusano l'un l'altro. Che tristezza nel cuore di Dio! Che tenacia! E scrive, e riflette. Che dire? Come portare questa gente (e noi) altrove? Nel modo di vedere di Dio, nei lidi pieni di luce di Dio? Sì, è peccatrice, ha sbagliato. E allora? Chi non sbaglia? Chi è senza colpa? Gesù non giustifica, né condanna, invita ad alzare lo sguardo, ad andare oltre, a guardare col cuore la fragilità dell'altro e scoprirvi – riflessa – la propria. No, Dio non giudica. Ci giudicano la vita, la società, il datore di lavoro, noi stessi. Tutti ci giudicano, Dio no. Dio ama, e basta. E questa donna viene liberata. Salvata dalla lapidazione, viene ora salvata dalla sua fragilità. "Non peccare più" ammonisce Gesù. Anche lei viene invitata a guardare oltre ciò che pensava essere la soluzione ai suoi problemi.

Prega

No, Signore, nessuno può giudicare il fratello ergendosi a giudice,
poiché è la misericordia l'unico modo che tu hai di vedere noi e i nostri fratelli...

Un pensiero per riflettere

Spendi l'amore a piene mani! 'amore è l'unico tesoro che si moltiplica per divisione.
È l'unico bene che aumenta quanto più ne sottrai.
È l'unica impresa nella quale più si spende più si guadagna.
Donalo, diffondilo, spargilo ai quattro venti,vuotati le tasche, scuoti il cesto,
 capovolgi il bicchiere  domani ne avrai più di prima.
(Gibran)

Per la lettura spirituale
Il peccato:
Uno sperpero della nostra umanità
(Giovanni Paolo II)
Ci allontaniamo da Dio, come si era allontanato quel figlio dal padre, uando incominciamo a comportarci nei confronti di ogni bene che è in noi, osì come egli ha fatto con la parte dei beni ricevuti in eredità. imentichiamo che quel "bene" ci viene "dato" da Dio come un "compito", come talento evangelico. perando con esso dobbiamo moltiplicare la nostra eredità e, in tal modo, rendere gloria a Colui dal quale l’abbiamo ricevuta. urtroppo, noi ci comportiamo, talvolta, come se quel bene che è in noi, l bene dell’anima e del corpo, le capacità, le facoltà, le forze, fossero di nostra esclusiva proprietà, di cui possiamo servirci d abusare in qualsiasi maniera, sprecandola e dissipandola. l peccato, infatti, è sempre uno "sperpero" della "nostra umanità", lo sperpero dei nostri valori più preziosi. ale è la vera realtà, anche se possa sembrare, talora, che proprio il peccato ci permetta di conseguire dei successi. L’allontanamento dal Padre porta sempre con sé una grande distruzione in chi lo compie,  in chi trasgredisce la sua volontà, e dissipa in se stesso la sua eredità:la dignità della propria persona umana,l’eredità della grazia.
(Da “Buon Giorno nel Signore “ di E.Marrone
(A cura dell’Azione Cattolica della Parrocchia S.Rita da Cascia - Villaricca)

Il Vangelo di oggi Gv 7,40-53
40 All'udire queste parole, alcuni fra la gente dicevano: «Questi è davvero il profeta!». 41 Altri dicevano: «Questi è il Cristo!». Altri invece dicevano: «Il Cristo viene forse dalla Galilea? 42 Non dice forse la Scrittura che il Cristo verrà dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide?». 43 E nacque dissenso tra la gente riguardo a lui.44 Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno gli mise le mani addosso. 45 Le guardie tornarono quindi dai sommi sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: «Perché non lo avete condotto?». 46 Risposero le guardie: «Mai un uomo ha parlato come parla quest'uomo!». 47 Ma i farisei replicarono loro: «Forse vi siete lasciati ingannare anche voi? 48 Forse gli ha creduto qualcuno fra i capi, o fra i farisei? 49 Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!». 50 Disse allora Nicodèmo, uno di loro, che era venuto precedentemente da Gesù: 51 «La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?». 52 Gli risposero: «Sei forse anche tu della Galilea? Studia e vedrai che non sorge profeta dalla Galilea».
 

Medita
Gesù è segno di contraddizione. Al culmine della disputa con i farisei e i capi del Sinedrio, troviamo il divertente episodio di oggi dei soldati che quasi si convertono, dimenticando di arrestare l'ingombrante profeta di Nazareth. Il povero Nicodemo, che nel vangelo di Giovanni fa la parte del giusto di Israele che però non ha il coraggio di schierarsi a causa del suo ruolo sociale, viene pesantemente insultato dai membri del Sinedrio per la sua posizione troppo morbida verso Gesù. Sì, amici, se siete apertamente cristiani, se vi siete innamorati di lui, se avete visto in lui la verità e la speranza, se siete davvero credenti e quindi non fanatici, sicuramente vi sarà già successo di dovervi difendere, di sentire una fitta al cuore quando avete sentito descrivere la vostra esperienza come una specie di esaltazione nevrotica, vi sarà accaduto di vedere un sorrisino compassionevole sul volto del vostro collega quando ha saputo della vostra frequentazione alla Messa domenicale... Buon segno, amici, buon segno. Segno che davvero il Maestro ormai abita il vostro cuore, segno che davvero senza la sua presenza il vostro cuore vacilla. E se ciò significa qualche strattone, pazienza: pensiamo ai 25 milioni di cristiani uccisi nel suo nome, nell'appena trascorso, orribile, 20esimo secolo. Animo, amici, nessun servo è più grande del proprio padrone: se hanno perseguitato lui, perseguiteranno anche noi. Ma non abbiamo timore, egli ha vinto il mondo!

Prega
Liberaci dal pregiudizio, Signore, e dall'ostinazione del cuore di chi si rifiuta di accogliere la tua verità, rendici tuoi testimoni nell'amore e nella semplicità nella giornata che si apre,
Dio benedetto nei secoli.
Un pensiero per riflettere
Ci sono quelli che danno poco del molto che hanno e lo danno per ottenere riconoscenza,
 ma questo segreto desiderio guasta i loro doni.
Ci sono quelli che hanno poco e danno molto e sono proprio quelli che credono nella vita e nella generosità della vita. E il loro scrigno non è mai vuoto.
Ci sono quelli che danno con gioia. E questa gioia è la loro ricompensa.
Ci sono quelli che danno con dolore. E questo dolore è il loro battesimo.
 È bene dare quando si è richiesti, ma è meglio dare quando, pur non essendo richiesti,
 si comprendono i bisogni degli altri. Tutto quello che hai, un giorno sarà dato via;
 perciò, dà adesso, così la stagione del dare sia la tua, non quella dei tuoi eredi.
(G. Kablil Gibran)


(A cura dell’Azione Cattolica della Parrocchia S.Rita da Cascia - Villaricca)

Il Vangelo di oggi Gv 7,1-2.10.25-30
1 Dopo questi fatti Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più andare per la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo.2 Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, detta delle Capanne.10 Ma andati i suoi fratelli alla festa, allora vi andò anche lui; non apertamente però: di nascosto.25 Intanto alcuni di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere? 26 Ecco, egli parla liberamente, e non gli dicono niente. Che forse i capi abbiano riconosciuto davvero che egli è il Cristo? 27 Ma costui sappiamo di dov'è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia». 28 Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure io non sono venuto da me e chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete. 29 Io però lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato». 30 Allora cercarono di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettergli le mani addosso, perché non era ancora giunta la sua ora.
 

Medita
Gesù sa che tira una bruttissima aria in Giudea. La capitale del Regno non ha accolto il profeta, non ha riconosciuto i segni dei tempi. Gesù agisce con prudenza, sale a Gerusalemme, per la festa delle capanne, di nascosto, senza farsi riconoscere, anche se un ennesimo dibattito al tempio (è bellissimo vedere che Gesù frequenta tanto il tempio!) lo porta alla soglia della rissa. Viviamo tempi difficili, amici, tempi ostili ai cristiani. Certo, a parole va tutto bene, ma respiriamo, se davvero abbiamo scelto il Signore, una forte ostilità verso il cristianesimo e i suoi discepoli. Battute, accuse alla Chiesa (alle volte motivate, ma il più delle volte frutto di un'informazione scorretta ed infantile), astio... molte persone pensano alla Chiesa come ad una specie di immensa struttura gerarchica che emana improbabili direttive seguite da un branco di beoti (noi) e a se stessi come ad un glorioso baluardo dell'intelligenza e dell'anticonformismo. Amici in ascolto, non so dove voi viviate, ma dalle mie parti la Chiesa è una piccola comunità di persone molto motivate, preti e laici, che devono tirare avanti una struttura del passato senza più grande senso, conservando la fede e accontentando un sacco di gente che pretende servizi. Bene: esercitiamo la prudenza, là dove viviamo, comportiamoci con semplicità senza ostentare la fede, non apriamo dibattiti in ambienti che sappiamo palesemente ostili ma viviamo con autenticità la nostra appartenenza al Maestro, rendendo ragione della nostra speranza solo se ci viene richiesto. Con la preghiera e la semplicità di vita il Signore ci chiede oggi di essere testimoni, con l'amore e il perdono potremo dire e ridire a chi crede di credere o a chi ha in testa una pessima idea di Dio, qual'è la luce che ha cambiato la nostra vita.

Prega
Non è ancora giunta la tua ora, Signore, tu non sei in balia del giudizio delle persone e della loro ira. Sarai tu, e solo tu, a capire quando il tempo sarà compiuto per donarti all'umanità...

Un pensiero per riflettere

Quando preghi, Dio aspetta che tu risponda affermativamente alla domanda che ti pone interiormente: «Credi tu che io possa fare questo?» (Mt 9,28).
A questa domanda devi rispondere dal profondo del cuore: «Sì, Signore, io credo!»
(Ivan Cronstadt)
 

(A cura dell’Azione Cattolica della Parrocchia S.Rita da Cascia - Villaricca)

Il Vangelo di oggi Gv 5,31-47
In quel tempo, Gesù disse ai Giudei:
«Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera. C’è un altro che dà testimonianza di me, e so che la testimonianza che egli dà di me è vera.
Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce.
Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato.
E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato.
Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita.
Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma vi conosco: non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste. E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio?
Non crediate che sarò io ad accusarvi davanti al Padre; vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza. Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?».

Medita
È arduo proclamare la verità a chi non vuole intenderla. Diventa motivo di interiore sofferenza quando c?è la consapevolezza che l?annuncio da dare viene da Dio stesso, è un suo mandato da adempiere, è un annuncio di universale salvezza ed è sdegnosamente rifiutato dai destinatari. Gesù sperimenta tutto questo nei confronti dei suoi avversari e nei confronti degli increduli di ogni tempo. Egli proclamerà al mondo: ?La verità vi farà liberi?, egli è consapevole di dover ridare la verità al mondo, non rifiuta di pagare a prezzo della vita l?affermazione della verità. Il Padre gli rende testimonianza: lo ha proclamato suo Figlio e ha detto agli uomini di ascoltarlo. Anche quella voce inconfutabile per molti è diventata voce nel deserto. Egli comunque non cesserà mai di affermare di essere venuto a compiere la volontà del Padre e non la propria. Dice ancora che ciò che rivela agli uomini sono le stesse verità di Dio, dichiara di non cercare la propria gloria, ma quella del Padre suo; si affida alla sua testimonianza e alle opere che egli compie nel suo nome. Ci sono tutti gli elementi per fugare ogni dubbio, eppure i Giudei si ostinano nella loro incredulità e anzi accrescono la loro avversione per Cristo e cominciano ad ordire verso di Lui trame di morte. Cristo ci mostra e ci rivela il vero Volto di Dio, nelle sue parole ascoltiamo la sua stessa voce, la voce dell?Onnipotente. È urgente però credere in quelle parole e rimirare quel Volto con la luce radiosa della fede. Occorre andare a Lui per avere in noi la luce vera. La stessa scrittura sacra ci risulterà oscura se la volgiamo leggere al di fuori del contesto della venuta del Salvatore. In quell?evento tutto converge e quell?evento tutto spiega. Ma come è possibile credere se prendiamo gloria gli uni dagli altri? Tutto deve volgere alla gloria di Dio per la nostra santificazione.

Prega
Signore Gesù, Parola viva del Padre, donami un cuore capace di ascolto e una volontà ferma nell'aderire a te.

Un pensiero per riflettere
Il Signore ha detto: «Scrutate le Scritture» (Gv 5,39). Scrutatele dunque e ricordate con molta fedeltà e fede quanto esse dicono. Così, conosciuta chiaramente la volontà di Dio... sarete in grado di distinguere senza sbagliarvi, il bene dal male, invece di prestare orecchio a qualsiasi spirito e di essere trascinati da pensieri malsani.
Simeone il Nuovo Teologo


(A cura dell’Azione Cattolica della Parrocchia S.Rita da Cascia - Villaricca)

Il Vangelo di oggi Gv 5,17-30
17 Ma Gesù rispose loro: «Il Padre mio opera sempre e anch'io opero». 18 Proprio per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo: perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio.19 Gesù riprese a parlare e disse: «In verità, in verità vi dico, il Figlio da sé non può fare nulla se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa. 20 Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, e voi ne resterete meravigliati. 21 Come il Padre risuscita i morti e dá la vita, così anche il Figlio dá la vita a chi vuole; 22 il Padre infatti non giudica nessuno ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio, 23 perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato. 24 In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. 25 In verità, in verità vi dico: è venuto il momento, ed è questo, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che l'avranno ascoltata, vivranno. 26 Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso; 27 e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell'uomo. 28 Non vi meravigliate di questo, poiché verrà l'ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno: 29 quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna. 30 Io non posso far nulla da me stesso; giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
 

Medita
Nell'accesa diatriba tra i farisei e Gesù, a seguito della guarigione del giorno di sabato sentita ieri, Giovanni annota che Gesù violava il sabato e chiamava Dio suo padre, facendosi uguale a Dio. Ce lo scordiamo, alle volte, del fatto che Gesù è stato ucciso a causa di questa supponenza, di questa arrogante pretesa. Conosco delle persone che si fermano all'umanità di Gesù, che ne ammirano la forza interiore, la coerenza, la serenità, la predicazione ma che considerano un'invenzione maldestra della Chiesa il fatto di avere divinizzato un grande personaggio della storia. Beh, amici, leggendo i vangeli possiamo affermare con certezza che – secondo i testimoni del tempo – Gesù in più di un'occasione ha agito e parlato identificandosi con Dio, cosa tanto più sconcertante perché avvenuta in seno ad un popolo che faceva dell'unicità e dell'alterità di Dio la propria gelosa peculiarità. Io credo che un grande uomo che si prende per Dio sia un povero pazzo. O che – invece – sia veramente ciò che dice di essere...

Prega

Noi ti professiamo Dio, Maestro Gesù, noi crediamo che tu sei veramente ciò che dici di essere:
il volto stesso di Dio, a te onore e gloria nei secoli, o Signore!

Un pensiero per riflettere
Una persona umile possiede, necessariamente, il senso dell'umorismo.
Chi non sa sorridere è troppo ingombrato dal proprio io.
(Alessandro Pronzato)


(A cura dell’Azione Cattolica della Parrocchia S.Rita da Cascia - Villaricca)

Il Vangelo di oggi Gv 5, 1-16
1 Vi fu poi una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 2 V'è a Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, una piscina, chiamata in ebraico Betzaetà, con cinque portici, 3 sotto i quali giaceva un gran numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. 4 Un angelo infatti in certi momenti discendeva nella piscina e agitava l'acqua; il primo ad entrarvi dopo l'agitazione dell'acqua guariva da qualsiasi malattia fosse affetto . 5 Si trovava là un uomo che da trentotto anni era malato. 6 Gesù vedendolo disteso e, sapendo che da molto tempo stava così, gli disse: «Vuoi guarire?». 7 Gli rispose il malato: «Signore, io non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l'acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, qualche altro scende prima di me». 8 Gesù gli disse: «Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina». 9 E sull'istante quell'uomo guarì e, preso il suo lettuccio, cominciò a camminare.
Quel giorno però era un sabato. 10 Dissero dunque i Giudei all'uomo guarito: «E' sabato e non ti è lecito prendere su il tuo lettuccio». 11 Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: Prendi il tuo lettuccio e cammina». 12 Gli chiesero allora: «Chi è stato a dirti: Prendi il tuo lettuccio e cammina?». 13 Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato, essendoci folla in quel luogo. 14 Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco che sei guarito; non peccare più, perché non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio». 15 Quell'uomo se ne andò e disse ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. 16 Per questo i Giudei cominciarono a perseguitare Gesù, perché faceva tali cose di sabato.
 

Medita
"Vuoi guarire?" Resto sempre perplesso dell'ovvietà delle domande del Signore Gesù. Almeno all'apparenza. Poi, scavando, si scopre una sottile e attualissima sensibilità del Signore, una conoscenza fuori dell'ordinario, per un uomo del suo tempo, dei meccanismi e delle capacità di analisi dell'inconscio umano che possedeva. A tutti verrebbe da dire: "Certo che sì! Ma che cavolo di domande poni?" Invece il paralitico è sincero: "Nessuno mi porta in acqua". No, non era per nulla scontato guarire. Mendicante di antica data (38 anni!) il paralitico ormai si è fatto una ragione della sua malattia e ne trae un mezzo di sussistenza. Si aspetta dagli altri di essere messo nell'acqua, è ormai come alcune delle persone abituate al disagio che vivono di espedienti. La domanda del Signore è, perciò, straordinariamente rispettosa. Vuoi guarire? Sei disposto a cambiare vita, a mettere del tuo? Nella mia esperienza di prete so – come molti miei fratelli – che, molto spesso, solo a parole vogliamo uscire da una situazione di sofferenza o di peccato. So che è molto più semplice cercare delle soluzioni improvvise, anche drammatiche, che mettere in discussione un proprio atteggiamento consolidato negli anni. Ahimé, il Signore conosce questa sottile arma dell'avversario, questo pantano nebbioso in cui alle volte ci fermiamo aspettando il miracolo. E ci chiede, virilmente: davvero vuoi cambiare? Quaresima è occasione di cambiamento, non devota penitenza, quaresima è finalmente l'occasione di convertire il nostro cuore. Ma solo se lo vogliamo davvero...

Prega

Esperienze negative, educazione, pigrizia, molte cose resistono in noi al cambiamento, alla novità di vita. No, non sappiamo se davvero vogliamo guarire, ma tu – o misericordioso – fa di noi secondo il nostro bene, fa di noi secondo il tuo progetto, fa di noi secondo la tua volontà, amen.

Un pensiero per riflettere
Una persona umile possiede, necessariamente, il senso dell'umorismo.
Chi non sa sorridere è troppo ingombrato dal proprio io.
(Alessandro Pronzato)


(A cura dell’Azione Cattolica della Parrocchia S.Rita da Cascia - Villaricca)

Il Vangelo di oggi Gv 4,43-54
43 Trascorsi due giorni, partì di là per andare in Galilea. 44 Ma Gesù stesso aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella sua patria. 45 Quando però giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero con gioia, poiché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme durante la festa; anch'essi infatti erano andati alla festa.46 Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l'acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafarnao. 47 Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e lo pregò di scendere a guarire suo figlio poiché stava per morire. 48 Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». 49 Ma il funzionario del re insistette: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». 50 Gesù gli risponde: «Va’, tuo figlio vive». Quell'uomo credette alla parola che gli aveva detto Gesù e si mise in cammino. 51 Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». 52 S'informò poi a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un'ora dopo mezzogiorno la febbre lo ha lasciato». 53 Il padre riconobbe che proprio in quell'ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive» e credette lui con tutta la sua famiglia. 54 Questo fu il secondo miracolo che Gesù fece tornando dalla Giudea in Galilea.
 

Medita
Gesù, un umanissimo Gesù, sale da Gerusalemme verso la Galilea. Ma è scontento, teso, è stato accolto male dai suoi: nessun profeta è bene accetto in patria. E invece accade l'imprevisto: alcuni concittadini, trovatisi a Gerusalemme durante la festa, hanno visto ciò che Gesù ha fatto e – affascinati – hanno cambiato idea. Gesù, piacevolmente stupito, esaudisce l'insistente preghiera del funzionario del re per suo figlio malato. Che bello poter smentire il Signore, d'ogni tanto, che bello incoraggiarlo, dirgli che ha fatto bene a salvare l'umanità. Dedichiamo la nostra giornata al Signore, diciamogli che il suo volto ci ha cambiato la vita, diciamoglielo, sosteniamo il nostro Dio che – come a Betania – cerca amici con cui confidarsi. Umanissimo Dio questo Dio che viene incoraggiato, umanissimo Dio questo Dio che crede nell'uomo e vede che – alle volte – l'uomo davvero può cambiare atteggiamento e convertirsi. Siamo la gioia di Dio, ringraziamolo, oggi, per tutta la vita in abbondanza che egli ci ha donato!

Prega
Lode a te, Signore Gesù, che ci restituisci dignità e vita;
noi ti ringraziamo per l'amore con cui ci hai colmato!

Un pensiero per riflettere
Non vi è che una tristezza al mondo ed è quella di non essere santi.
(Lèon Bloy)


(A cura dell’Azione Cattolica della Parrocchia S.Rita da Cascia - Villaricca)

Il Vangelo di oggi Lc 18, 9-14
9 Disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri: 10 «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. 11 Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12 Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo. 13 Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. 14 Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato».
 

Medita
I due personaggi della parabola, il fariseo e il pubblicano, sono due modi diversi di essere discepoli. Modi molto diversi. Il fariseo – leggete – dice il vero, tutto sommato: vive la fede con entusiasmo, pratica la giustizia, è un fedele modello, e sa di esserlo. Prega anche nel modo giusto: ringrazia Dio, subito, prima di chiedere qualcosa. Ma presume d'essere giusto e disprezza gli altri, ha un nemico, fuori di sé. Guarda con disprezzo il pubblicano (che è davvero peccatore!) e ne prende le distanze. Il pubblicano – invece – non osa alzare lo sguardo: conosce il suo peccato, non ha bisogno di fare l'esame di coscienza: glielo ha già fatto il fariseo! Solo chiede pietà. Succede anche a me: faccio fatica a guardarmi dentro con equilibrio. Fatico a non deprimermi nei momenti di difficoltà, in cui emergono più evidenti i miei limiti e i miei difetti. Fatico a non tentare di mostrare il mio "meglio" quando sto con gli altri. Ma soprattutto fatico a paragonarmi agli altri in maniera serena. Se capissimo di essere unici, imparagonabili! Se sapessimo amarci come Dio ci ama, senza eccessi! No, non ho bisogno di guardare al peggio o al meglio di chi sta intorno per esaltarmi o deprimermi, specialmente nella fede. L'errore del fariseo è questo: è giusto e sa di esserlo, non ha compassione né misericordia. Misericordia e compassione che – invece - ha Dio verso il pubblicano, che esce cambiato.Ecco una buona battaglia per il discepolo: l'equilibrio in se stesso: senza trovare colpevoli "fuori", senza autolesionismo depressivo. Consapevole della propria fragilità e della propria grandezza, perdonato che sa perdonare, pacificato che sa pacificare.
 

Prega
Signore, abbi pietà di me peccatore.

Un pensiero per riflettere
DAR DA MANGIARE A GLI AFFAMATI
Chiesi a quegli uomini: "Che cosa portate avvolto in quel lenzuolo, fratelli?"
E loro risposero: "Portiamo un cadavere, fratello".
Chiesi ancora: "Lo uccisero o morì di morte naturale?"
"Ciò che chiedi è di difficile risposta, fratello. Tuttavia, sembra essere un assassinio".
Chiesi: "E come fu assassinato, di spada o d'arma da fuoco, fratelli?".
"Non fu coltello, né arma da fuoco; è stato un crimine molto più perfetto.
 Un crimine che non lascia nessuna traccia"…
"Allora, come l'hanno ucciso?", insistei.
E loro risposero con calma: "Quest'uomo, lo ha ucciso la fame, fratello"…
(Tratto da una rivista)
(A cura dell’Azione Cattolica della Parrocchia S.Rita da Cascia - Villaricca)

Il Vangelo di oggi Mc 12,28-34
In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocàusti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

Medita
Il Vangelo di oggi descrive l'incontro di Gesù con uno scriba sincero: ascoltando Gesù, vuole conoscere di più. La sua domanda manifesta il desiderio di capire quale comandamento è essenziale fra la confusione di tante leggi e prescrizione della Legge di Mosè.
Come risposta Gesù cita lo Shema Israele: "Ascolta Israele" in Deuteronomio 6,4ss. Il Dio di Mosè, il Dio di Gesù, è l'unico Dio; Colui che per amore, ci ha creati, salvati, accolti come figli suoi in Gesù Cristo. Siamo creati dall'amore, in amore e ?per amare'.
La vita terrena è un dono per darci la possibilità di crescere nell'amore di Dio e dei fratelli per unirci a lui liberamente. Uno diventa ciò che ama. Dio è diventato uomo per amore nostro e per farci come lui. L'amore nostro per Dio e per il prossimo è via alla divinizzazione.
Lo scriba è pienamente d'accordo con le parole di Gesù: Amare Dio con tutto se stesso e il prossimo come se stesso "è meglio di tutti gli olocausti e i sacrifici".
Infatti, tutta la realtà umana trova senso e espressione in questo amore autentico. Gesù, vedendo che lo scriba risponde saggiamente, gli dice: "Non sei lontano dal Regno di Dio". Un augurio che lo scriba continui la sua ricerca di verità per scoprire fino in fondo l'amore personale del Padre che si manifesta a lui nel Figlio suo, Gesù.

Prega
Signore Gesù, non voglio vivere la vita solo in superficie. Insegnami che cosa è l'amore e come esprimerlo nell'impegno concreto di ogni giorno per Dio e per il prossimo.

Un pensiero per riflettere
O mio Signore, è la tua carità che ti mosse a creare l'uomo a tua immagine e somiglianza ...La ragione è l'amore inestimabile col quale in te stesso hai guardato la tua creatura e te ne sei innamorato; e perciò l'hai creato per amore, per amore le hai dato l'essere affinché essa potesse gustare il Bene sommo ed eterno che tu sei.
Santa Caterina da Siena

Il Vangelo di oggi Lc 11, 14-23
14 Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle rimasero meravigliate.15 Ma alcuni dissero: «E' in nome di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». 16 Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo. 17 Egli, conoscendo i loro pensieri, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull'altra. 18 Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni in nome di Beelzebùl. 19 Ma se io scaccio i demòni in nome di Beelzebùl, i vostri discepoli in nome di chi li scacciano? Perciò essi stessi saranno i vostri giudici. 20 Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, è dunque giunto a voi il regno di Dio.21 Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, tutti i suoi beni stanno al sicuro. 22 Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via l'armatura nella quale confidava e ne distribuisce il bottino.23 Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde.
 

Medita
E’ lo Spirito Santo che ci libera dallo spirito maligno. Nel capitolo quarto del vangelo di Luca avevamo letto: "Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo… Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per tornare al tempo fissato" (Lc 4, 1.13). La lotta che Gesù condusse contro satana nel deserto, ora continua. La sua forza è lo Spirito del Padre. Di fronte a questi due contendenti, ognuno deve schierarsi. Non è possibile rimanere neutrali (cfr v. 23).
Le tentazioni che Gesù subì nel deserto ritornano continuamente durante la sua vita. Il diavolo e i suoi amici chiedono sempre e monotonamente la stessa cosa: un segno dal cielo (v. 16). E Dio dà i suoi segni: non quelli della potenza, ma quelli dell’umiltà. Il segno di Dio è il segno della Croce. Non può darne uno più grande. Là infatti dona tutto se stesso e si rivela come amore infinito e incondizionato per noi.Vincere lo spirito del male è il primo obiettivo della missione di Gesù (cfr Lc 10,18) per donare all’uomo il suo Spirito di Figlio. Ogni vittoria sullo spirito di menzogna e di egoismo si ottiene solo con la forza dello Spirito di verità e di vita (cfr Lc 9,49-50).
Satana ha vinto ogni uomo nel primo uomo, Adamo. Da allora egli è "l’uomo forte, bene armato" (v 21) che fa la guardia ai suoi possedimenti, che sono tutti i regni della terra (cfr Lc 4,6). Gesù è "il più forte" (cfr Lc 3,16) preannunciato da Giovanni il Battista. Egli viene dall’alto come sole che sorge per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte (cfr Lc 1,78-79). La sua vittoria è automatica, come quella della luce sull’oscurità. Ad essa può sottrarsi solo chi chiude gli occhi nella cecità volontaria (cfr Gv 9,41). Gesù spoglia satana di tutte le sue armi, che sono quelle dell’avere, del potere e dell’apparire, quando more, spogliato di tutto, sulla croce. In questo modo restituisce all’uomo ciò che il demonio gli aveva tolto: la sua vera identità di immagine di Dio e la sua realtà di figlio di Dio. Lo stare con Gesù è la caratteristica della nostra vita presente (cfr Lc 8,2; Mc 3,4) e della nostra vita futura (cfr 1Ts 4,17). Chi non è con Gesù è con il diavolo. Non esiste una terza posizione, una terza possibilità.
 

Prega
Padre Santo per la nostra fragilità compatiscici, guarda alla nostra buona volontà, accresci in noi il desiderio di verità e di bene. Se ti offendiamo, non prenderci sul serio;
 se ti fraintendiamo, aiutaci a ricrederci; se ti giriamo le spalle, vieni a cercarci ancora.

Un pensiero per riflettere
Dare, dare, sempre dare, ecco la mia vita.
Iscrizione in un'antica fontana
Il passato non ci appartiene più, il futuro, chi sa se ci sarà; l'unica sottile fetta di tempo che ci è data e che possiamo riempire di opere meritorie è l'attimo presente.
Wilhelm Miihs
(A cura dell’Azione Cattolica della Parrocchia S.Rita da Cascia - Villaricca)

 

Il Vangelo di oggi Mt 5, 17-19
17 Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento. 18 In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto. 19 Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli.
Medita
Gesù, amici, non è venuto a cambiare una virgola dell'alleanza con Israele, ma la porta a compimento. Permettetemi oggi, allora, di parlarvi dei nostri fratelli maggiori, del popolo di Israele, a cui Dio ha promesso la fedeltà nei secoli (loro ce l'hanno fatta, noi vedremo...). Lo dico perché conosco un sacco di cristiani, non voi, gli altri, che vivono la loro fede come se esistesse solo il Nuovo Testamento, come se non ci fosse, prima di Gesù, ebreo, una lunga ed entusiasmante storia di amicizia e di amore con questo popolo straordinario. Non scordiamoci mai che Gesù e gli apostoli e la prima comunità era composta esclusivamente da figli di Israele e che, almeno per i primi decenni, i discepoli del Nazareno vennero considerati alla stregua di una delle tante scuole di pensiero del giudaismo. Poi accadde l'inatteso: la piccola comunità divenne portatrice di un messaggio, il vangelo, che dilagò a vista d'occhio nell'Impero romano, e le incomprensioni con i fratelli ebrei aumentarono. Accusati di non avere riconosciuto il Messia, i Giudei subirono, accanto al disprezzo dei popoli occidentali basato sul più bieco razzismo, una ahimé sconsiderata disapprovazione da parte dei fratelli cristiani. Il resto è storia: se la Shoà e la tragedia del nazismo – ideologia pagana e lontana anni luce dal cristianesimo – non coinvolgono direttamente la fede cristiana, bisogna pur ammettere che il clima, creatosi nei secoli, di avversione verso i fratelli ebrei era in gran parte debitore di una posizione cristiana. La storia è dura da cancellare, ma i passi di riavvicinamento e di rispetto verso i nostri fratelli maggiori si sono moltiplicati sotto il luminoso Pontificato di Giovanni Paolo II. Se per noi l'ebraismo è sfociato nel cristianesimo, esiste ancora una parte del popolo ebraico che ha conservato fedelmente la Parola di Dio, e l'ha sviluppata in maniera del tutto originale in questi due millenni. A noi l'onere e la gioia di leggere, di conoscere e di stimare quanto detto e scritto dai nostri fratelli ebrei, depositari dell'alleanza e della promessa irrevocabile fatta dal loro e nostro Dio.

Prega

Dio d'Israele, Dio fedele, Gesù non ha cambiato neppure una virgola della tua Legge. Donaci la fedeltà alla tua Parola che – pur tra mille persecuzioni – i nostri fratelli ebrei hanno avuto,
affinché tutti gli uomini possano rendere gloria al tuo nome!

Un pensiero per riflettere

Vita è vivere in modo da non temere la morte né ogni altra cosa al mondo.
Teresa d'Avila
(A cura dell’Azione Cattolica della Parrocchia S.Rita da Cascia - Villaricca)

Il Vangelo di oggi Mt 18, 21-35
21 Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: «Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?». 22 E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.23 A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. 24 Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. 25 Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. 26 Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. 27 Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito. 28 Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! 29 Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. 30 Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito.31 Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. 32 Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. 33 Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? 34 E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. 35 Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello».
 

Medita
Un Vangelo di quelli che si fa fatica a mandare giù. La logica del perdono, chissà perché, è qualcosa che urta profondamente la nostra istintualità. Eppure è ciò che maggiormente caratterizza la nostra identità cristiana. Siamo chiamati, quindi, a perdonare  sempre.  Riflettiamo bene su questa pagina perché contagi, un poco almeno, la nostra vita. A leggere bene, Pietro fa un gesto straordinario. Non so voi, ma perdonare già sette volte è difficile! Immaginate: un amico si viene a scusare perché vi ha sparlato alle spalle. No problem: una pacca sulle spalle, una stretta di mano, pazienza. Torna dopo mezz'ora: ha risparlato male di voi: che fate, lo perdonate di nuovo o vi sentite presi in giro? Eppure Gesù rilancia il gioco: occorre perdonare sempre. Possibile? La durissima parabola che segue ci spiega questa esigenza: il cristiano è chiamato a perdonare quando si rende conto di quanto a lui è perdonato. L'accentuata sproporzione del debito nella parabola centinaia di migliaia contro pochi centesimi di Euro) rivela il divario fra il gesto di Dio e il nostro. Quindi siamo chiamati a perdonare perché perdonati, perché noi per primi facciamo quest'esperienza di perdono gratuito, sproporzionato rispetto al condono del creditore. Eppure questo perdono non cambia il cuore del servo. L'ha fatta franca, è incredulo, euforico, non stupìto della misericordia del padrone. E, infatti, il suo cuore indurito non ha pietà per l'altro servo. Siamo chiamati a perdonare perché perdonati, non perché più buoni. Quante volte dimentichiamo un'offesa subita perché, tutto sommato, ci sentiamo migliori. Non ti perdono per dimostrare qualcosa, ma perché ne ho un bisogno assoluto... Siamo chiamati a perdonare a gratis, non sperando che il nostro perdono cambi l'atteggiamento di chi ci ha offeso. Anzi: come Gesù, rischiamo di essere ridicolizzati per il nostro gesto, di vedercelo rinfacciare come debolezza. Poco importa: chi ha incontrato il grande perdono non può fare a meno di guardare all'altro con uno sguardo di comprensione e verità. E concretezza.
Mi spiego: riuscire a perdonare persone che mi hanno profondamente ferito non è cosa semplice. Spesse volte, poi, giocano un grosso ruolo fatiche di tipo psicologico. Nella concretezza di ciò che sono devo dare il massimo, non aspettare il perdono perfetto, ma esercitare il perdono possibile. Sono rimasto colpito da una preghiera che una vecchia mamma brasiliana, analfabeta, fece durante una preghiera comunitaria. Gli squadroni della morte gli avevano torturato e ucciso due figli sindacalisti negli anni della dittatura.
Disse: "Signore che ascolti e proteggi le vedove, fammi vendetta: converti chi ha ucciso i miei figli!" Vi garantisco: fu meglio di mille parole sul perdono. L'atteggiamento del perdono lo maturiamo nella consapevolezza del nostro limite. Il Signore desidera talmente superare il nostro limite che ha istituito il Sacramento della Riconciliazione. Un momento straordinario, così poco valorizzato da noi cristiani, quasi timorosi e vergognandoci del nostro peccato invece che meravigliarci del perdono gratuito.
Ci presentiamo alla Confessione come dichiariamo i redditi: meno dichiariamo, meno paghiamo! Se sapessimo, se capissimo di quanto amore il Signore è capace di colmarci! Se prendessimo più sul serio questa pagina del Vangelo! Se riuscissimo a costruire delle comunità di perdonati! Il nostro mondo ha smarrito la dimensione del proprio limite e fatica a trovare il perdono profondo che solo l'amore di Dio può dare.

Prega
Signore, che le nostre comunità diventino luogo di comunione,
di accoglienza di perdono dato e ricevuto, per diventare testimoni credibili dell'amore di Dio.

Un pensiero per riflettere
L'uso migliore della vita è di spenderla per qualcosa che duri più della vita stessa.
William James
(A cura dell’Azione Cattolica della Parrocchia S.Rita da Cascia - Villaricca)

Il Vangelo di oggi Lc 4,24-30
24 Poi aggiunse: «Nessun profeta è bene accetto in patria. 25 Vi dico anche: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; 26 ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Sarepta di Sidone. 27 C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, il Siro».28 All'udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno; 29 si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio. 30 Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò.
 

Medita
Il prurito di gettare Gesù giù da un precipizio è un'istinto tutt'altro che sopito, specie di questi tempi. La ragione per cui Gesù viene cacciato dal suo paese con rabbia, è semplice: ha detto una verità inoppugnabile che i suoi placidi concittadini hanno letto come un'accusa nei loro confronti. La verità è che – alle volte – l'atteggiamento dei credenti e dei devoti diventa chiuso e ottuso, impermeabile alle novità di Dio, così che solo i pagani, i non credenti riescono a cogliere con stupore il messaggio sconvolgente del Dio di Gesù Cristo. Già in Israele era successo più e più volte, e la Scrittura ci testimonia la fede semplice di due pagani citati oggi dal Maestro. La vedova di Zarepta che accoglie Elia e Naaman il Siro, lebbroso, che si fida del profeta Eliseo e guarisce.
Allora come oggi, è molto più difficile parlare del Signore ad un popolo, il nostro, che crede di conoscerne a sufficienza e con sufficienza tratta l'annuncio cristiano. Peggio: l'incontro salutare con la cultura e con la comunicazione di massa ha prodotto la nascita del cristiano "politicamente corretto", disposto sì a credere, ma scegliendo nel datato cattolicesimo solo ciò che più gli aggrada. Quando poi un richiamo alla coerenza e alla conversione intervengono, ecco il desiderio di gettare Gesù e tutti i suoi profeti giù dal dirupo. Animo, amici, la quaresima serve soprattutto a disincagliare noi cristiani di antica data, a ridare smalto e freschezza alla nostra fede stanca e ripetitiva e se questo significa mettere in discussione qualche nostra certezza, pazienza, purché con verità, arriviamo liberi ad accogliere l'annuncio della Pasqua.

Prega
I pagani ti hanno accolto con maggiore entusiasmo rispetto ai credenti, Signore. Rompi la crosta di ghiaccio e di abitudine che avvolge il nostro cuore di discepoli se non siamo più capaci di sussultare ad ogni tua Parola.

Un pensiero per riflettere
La vita è troppo breve perché ci possiamo permettere di renderla insignificante.
Benjamin Disraeli
(A cura dell’Azione Cattolica della Parrocchia S.Rita da Cascia - Villaricca)

3 Marzo 2013 III Domenica di Quaresima

Il Vangelo di oggi Lc 13, 1-9
1 In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici. 2 Prendendo la parola, Gesù rispose: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? 3 No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. 4 O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? 5 No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».6 Disse anche questa parabola: «Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. 7 Allora disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno? 8 Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest'anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime 9 e vedremo se porterà frutto per l'avvenire; se no, lo taglierai».
 

Medita
E' san Paolo che oggi ci introduce in una delle possibili interpretazioni della Parola che condividiamo durante la preghiera domenicale. Siamo nel deserto, dicevamo nelle scorse domeniche, come Gesù e come il popolo di Israele dopo essere stato liberato dall'Egitto; eppure, dice l'apostolo scrivendo ai Corinti, malgrado l'esperienza dell'alleanza e del ritrovamento di sé stessi, per molti israeliti il deserto fu presagio di disfatta e di sconfitta; dopo un primo momento di gioia e di libertà, molti israeliti cominciarono a mormorare (a lamentarsi) contro Dio e finirono col rimpiangere la sicurezza della schiavitù (!) alla fatica del cammino. Quest'esperienza, conclude Paolo, serve da ammonimento e da esempio per tutti noi che stiamo attraversando il deserto della vita. Vero, verissimo: nel deserto della vita mettiamo in gioco la nostra libertà di vivere o di lasciarci vivere, di essere protagonisti, cercando il senso e la misura di quello che facciamo, oppure di lasciarci un po' andare seguendo la corrente. Anche noi – come gli israeliti – talvolta preferiamo la sicurezza della schiavitù piuttosto che diventare dei cercatori di Dio. Siamo sinceri: non è più semplice lasciar pensare gli altri al posto nostro? Non è più immediato e gradevole seguire mode e costumi che ci rendono accettabili e piacevoli? Il nostro Dio è silenzioso e nascosto (timido?), la nostra vita è un mistero che può essere abbracciato o ignorato, la nostra fede può essere fragile ed inutile o riempire la vita. Quaresima è questo: cogliere l'occasione, giocarsi bene la libertà, vivere bene del tempo che ci è dato, pensare con la nostra testa, puntare in alto, guardare oltre. La pagina del Vangelo ci presenta Gesù che commenta due episodi di cronaca successi in quel periodo a Gerusalemme: una repressione brutale nel Tempio da parte di soldati romani e il crollo della torre di Siloe. Gesù – a sorpresa – afferma che gli uomini uccisi durante questi due fatti non erano più o meno peccatori degli altri. Una frase buttata lì con semplicità e che pure scardina molte nostre false sicurezze. Quante volte mi sento dire: "cosa ho fatto di male per meritarmi questo?" Malgrado l'apparenza ci spinga a formulare tali pensieri, la Bibbia afferma il contrario: disgrazia e fortuna non sono legati al nostro comportamento, né ad una punizione di Dio, ma diventano l'occasione, come asserisce Gesù, di accorgerci che la vita è un soffio e che occorre davvero cogliere ogni momento per guardare al Tabor. La vita – ci ricorda il Maestro – è un'unica occasione che ci è data per scoprire la Verità in noi. La vita, fortunata o tragica che sia, non è che lo strumento con cui impariamo a scoprire la pienezza nascosta nelle cose. A Mosé che tentenna nell'andare a parlare di Dio al popolo, Jawhé racconta di sé, dice il suo nome, e si svela come un Dio che conosce le sofferenze del popolo. Se anche la nostra vita attraversa momenti di fatica, Dio non è lontano ed interviene, chiedendo a qualcuno di agire in nome suo. Dio non guarda indifferente alle tragedie del mondo, ma chiede a noi, come a Mosé, di renderlo presente accanto a chi soffre. Al popolo che aspetta liberazione Dio manda un pastore pauroso, Mosé, come liberatore.
Tiriamo le fila di queste pagine complesse e dense. La vita è un'opportunità da cogliere per scoprire chi è Dio e chi siamo noi e il deserto è il luogo in cui esercitiamo la nostra libertà. Non esiste una vita più o meno semplice, ma ogni vita è un soffio breve che siamo chiamati a vivere con intensità e gioia. Gesù ci svela il volto di un Dio che pazienta, che insiste perché il fico produca frutti. La conversione, il cambiare atteggiamento, il ri-orientare la nostra vita è il frutto che ci è chiesto. Fermarci davanti agli eventi tristi della vita senza incolpare Dio, né scuotere la testa e tirare innanzi, ma guardarli come un monito che la vita stessa ci rivolge per giocare bene la nostra partita. Dio – da parte sua – è un Dio che conosce, che interviene, ma che rispetta, trattandoci da adulti, le nostre scelte, anche se catastrofiche e schiavizzanti. Sapremo svegliarci?

Prega

Nel tragico orizzonte di questi anni di guerre, di odio o di violenza, nel lento e faticoso scorrere delle nostre giornate, ancora ci chiami, Signore, per dirci chi tu sei. Aiutaci a saper sempre rimanere in ascolto della tua voce, aiutaci a stare in silenzio, in ginocchio, almeno un momento, davanti al flebile cero che arde di fronte a un tabernacolo, nell'ampia solitudine delle nostre chiese, diventate spesso un deserto in cui sei rimasto tu solo, in attesa di tutti noi affannati e assorbiti da altro. Raccontaci ancora di te, di quello che hai fatto per noi, per le innumerevoli generazioni di uomini che ci hanno preceduto nel cammino della storia, quando udendo il grido di disperazione salire dalla terra,
ti sei misericordiosamente chinato per stringere con noi un'alleanza eterna.
Sul tuo esempio, fa' che anche noi impariamo a scoprire le sofferenze di tanti fratelli
di cui non ci siamo mai nè accorti nè preoccupati.

Un pensiero per riflettere

Le sofferenze sono come i colpi di scalpello di uno scultore.
Oh! se la statua potesse parlare griderebbe di dolore! Così noi gridiamo di dolore ai colpi di scalpello.
Ma se così non fosse il pezzo di marmo non diverrebbe mai una bella opera d'arte!
Così la nostra vita diventa bella attraverso i colpi della sofferenza!
Salvo Massa
(A cura dell’Azione Cattolica della Parrocchia S.Rita da Cascia - Villaricca)

Il Vangelo di oggi Lc 15, 1-3. 11-32
1 Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2 I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro». 3 Allora egli disse loro questa parabola:11 «Un uomo aveva due figli. 12 Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. 13 Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. 14 Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15 Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. 16 Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. 17 Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18 Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; 19 non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. 20 Partì e si incamminò verso suo padre. Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21 Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. 22 Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. 23 Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24 perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.25 Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26 chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. 27 Il servo gli rispose: E' tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. 28 Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. 29 Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. 31Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.
 

Medita
Il Padre è una maschera, un concorrente ("devo andarmene di casa per realizzarmi" pensa il primo), un despota ("mi tocca lavorare tutta la vita facendo il bravo ragazzo senza una piccola soddisfazione" pensa il secondo), un fantoccio. Come quel Dio in cui crediamo o non crediamo (fa ridere ma è così: un sacco di gente non crede in un Dio che non esiste!). Quel Dio frustrazione dell'uomo, castrazione della libertà, quel Dio a cui rendere conto, per carità, che molti, troppi (anche cristiani!) portano nel loro cuore intristito. E leggete del primo figlio che spende tutto, che si fa Dio di se stesso, che pensa che la vita è sballo. Bello, vero, giusto. Ma poi la vita presenta il conto, la verità viene a galla e il figlio smarrisce nel fango dei maiali il suo delirio di onnipotenza. E pensa, riflette. Si pente? Scherziamo? Leggete bene: la fame lo fa tornare, non il rimorso; lo stomaco lo guida, non il cuore. E, astutamente, si prepara la scusa: "sai, hai ragione, che stupido, non merito...". No, continua a non capire nulla del Padre. E leggete di quell'altro figlio che torna dal lavoro stanco e si offende della festa. Come dargli torto? Il suo cuore è piccolo ma la sua giustizia grande: sì, è vero, il Padre si comporta ingiustamente nei suoi confronti. Bene, fermatevi qui ora. Niente bei finali, Luca si stoppa. Non dice se il primo figlio apprezzò il gesto del Padre e, finalmente, cambiò idea. Né dice che il fratello, inteneritosi, entrò. No: la parabola finisce aperta, senza scontate soluzioni, senza facili moralismi e finali da Principe Azzurro. Macché: la verità è proprio ancora qui: puoi stare col Padre senza vederlo, puoi lavorare con lui senza gioirne, puoi lasciare che la tua fede diventi ossequio rispettoso senza che ti faccia esplodere il cuore di gioia.

Prega
Come i due figli della parabola, Signore, abbiamo falsato il tuo volto: abbi pietà di noi, Signore.

Un pensiero per riflettere
In pochi palmi, Signore, hai fissato i miei giorni, e la durata della mia vita è come un nulla davanti a te.
Antico Testamento, Salmo 39
(A cura dell’Azione Cattolica della Parrocchia S.Rita da Cascia - Villaricca)

Il Vangelo di oggi Mt 21, 33-43. 45
33 Ascoltate un'altra parabola: C'era un padrone che piantò una vigna e la circondò con una siepe, vi scavò un frantoio, vi costruì una torre, poi l'affidò a dei vignaioli e se ne andò. 34 Quando fu il tempo dei frutti, mandò i suoi servi da quei vignaioli a ritirare il raccolto. 35 Ma quei vignaioli presero i servi e uno lo bastonarono, l'altro lo uccisero, l'altro lo lapidarono. 36 Di nuovo mandò altri servi più numerosi dei primi, ma quelli si comportarono nello stesso modo. 37 Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: Avranno rispetto di mio figlio! 38 Ma quei vignaioli, visto il figlio, dissero tra sé: Costui è l'erede; venite, uccidiamolo, e avremo noi l'eredità. 39 E, presolo, lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero. 40 Quando dunque verrà il padrone della vigna che farà a quei vignaioli?». 41 Gli rispondono: «Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo». 42 E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d'angolo;dal Signore è stato fatto questoed è mirabile agli occhi nostri? 43 Perciò io vi dico: vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare. 45 Udite queste parabole, i sommi sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro.
 

Medita
Gesù interpella di nuovo i capi del popolo facendo loro capire che è il momento dei frutti, il momento nel quale Dio chiede conto della sua vigna. L’applicazione è chiara: dopo aver rifiutato i profeti, i responsabili d’Israele possono ancora cogliere l’ultima occasione per pentirsi: accogliere il Figlio, l’erede. La parabola presenta la morte del Figlio come un crimine premeditato.
Dopo aver chiesto ai suoi interlocutori di tirare essi stessi le conclusioni della parabola (nel senso di Is 5, 5-7), Gesù rende esplicito il loro giudizio. A chi sarà tolto il regno di Dio? Non a Israele, rappresentato dalla vigna, ma ai sommi sacerdoti e ai farisei, i quali "capirono che parlava di loro" (v. 45). E a chi sarà dato questo regno? "A un popolo che lo farà fruttificare" (v. 43). Per Matteo si tratta ancora di Israele, ma trasfigurato attraverso la presenza del Cristo risuscitato che adempie l’alleanza di Dio con gli uomini e fa loro produrre i suoi frutti.I servitori mandati dal padrone della vigna sono i profeti. Ricordiamo due passi dell’Antico Testamento: "Il Signore inviò loro profeti perché li facessero ritornare a lui. Essi comunicarono loro il proprio messaggio, ma non furono ascoltati" (2Cr 24, 19); "Da quando i vostri padri uscirono dal paese d’Egitto fino ad oggi, ho mandato a voi in continuazione tutti i servitori, i profeti. Ma non fui ascoltato e non mi si prestò orecchio; anzi rimasero ostinati e agirono peggio dei loro padri" (Ger 7, 25-26). Neemia 9, 26 constata in sintesi: "I tuoi profeti li ammonirono, ma essi li uccisero e commisero grandi iniquità".Il Messia umiliato e ucciso diventerà, dal giorno della sua risurrezione, la pietra angolare della Chiesa, il suo fondamento incrollabile.Fin dall’inizio la parabola ha richiamato la nostra attenzione sui frutti. I frutti del regno di Dio coincidono con la fedeltà nell’amore attivo, che è la sintesi della volontà di Dio. Alla fine il giudizio sarà in base ai frutti dell’amore fedele e attivo e non sull’appartenenza a Israele o alla Chiesa.

Prega
Padre, quale tremendo amore ti spinse a donare il tuo Figlio, l'Amato, come altissimo prezzo di riscatto per questa tua vigna, l'amata infedele! Quale follia d'amore ancor oggi ti spinge, Padre buono, a consegnare il tuo Figlio nelle nostre mani, che sai capaci di violenza!

Un pensiero per riflettere
Amare, credere, sperare: ecco i pilastri della vita.
Anonimo
(A cura dell’Azione Cattolica della Parrocchia S.Rita da Cascia - Villaricca)

Il Vangelo di oggi Mt 23, 1-12
1 Allora Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: 2 «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. 3 Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno. 4 Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito. 5 Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filattèri e allungano le frange; 6 amano posti d'onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe 7 e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare "rabbì'' dalla gente. 8 Ma voi non fatevi chiamare "rabbì'', perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli. 9 E non chiamate nessuno "padre" sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo. 10 E non fatevi chiamare "maestri", perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo. 11 Il più grande tra voi sia vostro servo; 12 chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato.
 

Medita
Strana epoca la nostra. Siamo tutti allergici all'autorità, all'obbligo, indispettiti quando qualcuno fa pesare il suo ruolo, tutti - giustamente - vogliosi di autonomia e di libertà, non sappiamo fare a meno di affidarci al "guru" di turno, al mistico che - più o meno ragionevolmente - ci dia un consiglio, una dritta sul come risolvere i nostri problemi, sul come affrontare le nostre fragilità. Il nostro è un tempo pieno di maestri, di tuttologi, di opinionisti, più aumenta il senso di insicurezza e la relatività del pensiero e più aumentano coloro che hanno qualcosa da dire. In questo clima si inserisce, oggi, il pensiero sconcertante di Gesù, Maestro diverso, guru che non coltiva l'immagine della sua persona, leader che si occupa più dei suoi discepoli che del suo successo, Gesù è e resta un Maestro unico nella storia, che non si è lasciato travolgere dal potere ma che, al contrario, ha scoraggiato da subito fanatismi e atteggiamenti immaturi da parte dei suoi discepoli. Gesù vive in un contesto in cui l'autorità religiosa era dato acquisito: la storia di Israele era zeppa di rabbini, persone sante e motivate, che avevano fondato scuole di pensiero. Gesù, però, ridicolizza gli atteggiamenti dei meno grandi rabbini suoi contemporanei, che pensano più all'apparenza che alla sostanza, che giocano con la loro autorità. La conclusione di Gesù è indiscutibile: l'unico vostro Maestro sono io, voi siete tutti fratelli. Abbiamo bisogno, ancora oggi, di persone significative che ci diano una mano nel difficile mestiere del vivere, parole che non siano abitudine o sicumera, ma profezia e speranza. Tutti abbiamo un maestro (o più di uno): l'opinione della gente, i miei appetiti, il vincente di turno... l'importante è scegliersi il Maestro giusto. Ai discepoli del Nazareno è chiesto di avere solo lui al centro della vita, le sue parole e i suoi gesti, e di seguirlo con riflessione adulta, con passione ferma e critica, con verità del cuore, senza deleghe, alla scoperta di un Dio adulto che ci tratta da adulti.

Prega
Tu solo sei nostro Maestro, Signore, e ci insegni a vivere, Dio benedetto nei secoli!
Un pensiero per riflettere
Chi non vuole credere non verrà convinto neanche da diecimila miracoli.
Robert Miider
(A cura dell’Azione Cattolica della Parrocchia S.Rita da Cascia - Villaricca)

Il Vangelo di oggi Lc 6, 36-38
36 Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro. 37 Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; 38 date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio».
 

Medita
Buon inizio di settimana, amici! Chiamati a salire il Tabor, in questa quaresima di essenzialità. Ritroviamo oggi un vangelo che ci consola e ci invita ad iniziare la settimana all'insegna della misericordia. Se un modello siamo chiamati ad avere, ci dice oggi la parola di Dio, è la misericordia con cui il Padre ci riempie il cuore. Ricordate sabato scorso? Matteo invitava ad essere perfetti come il Padre. Probabilmente qualche devoto cristiano aveva forzato quella parola e si atteggiava a pose molto più farisaiche che cristiane, al punto che Luca corregge Matteo e scrive: siate misericordiosi come il Padre è misericordioso. Sí, amici, la perfezione di Dio è nella sua tenerezza, nel suo modo di essere tutta luce, tutta pienezza, tutta dolcezza. La misericordia di Dio è il cuore della nostra fede, il vero volto che Gesù ci ha fatto scoprire. Misericordia: una parola composta da miseria (la nostra) e corde, cioè cuore (di Dio). Potremmo dire: Dio guarda col cuore alla nostra fragilità, Dio vede al di là delle apparenze, Dio scruta nel profondo e capisce. L'atteggiamento da imitare, quindi, è proprio questa peculiarità di Dio: diventare capaci di andare al di là delle apparenze, di capire che dietro un volto, un carattere, un gesto, ci sono delle ragioni e se sono ragioni negative, poco edificanti, malvage, possono cambiare. Questa radiografia che siamo chiamati continuamente ad esercitare, non è un esercizio di introspezione, di distaccata analisi dell'altro, ma un atteggiamento di tenerezza e comprensione verso chi incontriamo quotidianamente sul nostro cammino. Che il Signore ci conceda davvero di essere secondo il suo cuore in questa giornata, capaci di andare al di là delle apparenze, capaci di credere nella bellezza e nella bontà dell'essere umano...

Prega
Imitando il tuo atteggiamento di misericordia, Signore,
ci prometti di versare nel nostro grembo una buona misura, pigiata scossa e traboccante.
Lode a te Signore, che ci inviti ad essere colmi di benevolenza e di tenerezza per essere davvero tuoi figli!

Un pensiero per riflettere
L'ateismo è il tentativo di spiegare la terra senza il sole.
Sigismund von Radecki
(A cura dell’Azione Cattolica della Parrocchia S.Rita da Cascia - Villaricca)

24 Febbraio 2013 II Domenica di Quaresima

Il Vangelo di oggi Lc 9, 28-36
28 Circa otto giorni dopo questi discorsi, prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. 29 E, mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. 30 Ed ecco due uomini parlavano con lui: erano Mosè ed Elia, 31 apparsi nella loro gloria, e parlavano della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme. 32 Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; tuttavia restarono svegli e videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. 33 Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quel che diceva. 34 Mentre parlava così, venne una nube e li avvolse; all'entrare in quella nube, ebbero paura. 35 E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo». 36 Appena la voce cessò, Gesù restò solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.
 

Medita
La trasfigurazione svela il mistero di Gesù. Egli è il Figlio del Padre, l’eletto. Il Padre ordina a tutti: "Ascoltatelo!". L’obbedienza a "Gesù solo" (v. 36) è il culmine del racconto. Ora sappiamo chi è Gesù e perché lo dobbiamo ascoltare.
L’ordine di ascoltarlo riguarda particolarmente quanto Gesù ha detto nel brano precedente, dove rivela la necessità della croce per lui e per noi.
I tre discepoli hanno una visione anticipata della gloria per affrontare il passaggio obbligato della croce appena annunciata da Gesù (v. 22). Pietro, Giovanni e Giacomo sono gli stessi testimoni della risurrezione della figlia di Giairo. Per Matteo e Marco sono anche i testimoni dell’agonia di Gesù nel Getsemani.
La definitività e l’importanza di questa rivelazione è richiamata dalla Seconda Lettera di Pietro: "Non per essere andati dietro a favole artificiosamente inventate vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua grandezza. Egli ricevette infatti onore e gloria da Dio Padre quando dalla maestosa gloria gli fu rivolta questa voce: ‘Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto’. Questa voce noi l’abbiamo udita scendere dal cielo mentre eravamo con lui sul santo monte. E così abbiamo conferma migliore della parola dei profeti…" (1, 16-19).
Il monte nella tradizione biblica è il luogo privilegiato dell’incontro dell’uomo con Dio. Luca precisa che Gesù salì sul monte a pregare. La trasfigurazione di Gesù è comprovata dall’apparizione dei due personaggi più noti della storia biblica, Mosè ed Elia. La presenza dei due esponenti dell’Antico Testamento non è fortuita. Essi sono venuti per rendere testimonianza a Cristo. Egli è la conclusione e il punto di arrivo della Legge e dei Profeti.
Mosè ed Elia parlavano con Gesù del suo prossimo esodo che doveva compiersi in Gerusalemme. La morte di Gesù non è la fine, ma l’esodo verso la gloria. La passione e morte è un episodio, la gloria della risurrezione sarà lo stato reale e definitivo di Cristo.
La proposta di Pietro (v. 33) parte da una interpretazione superficiale dell’avvenimento. Ha visto il fascino di un mondo raggiunto senza troppa fatica e vorrebbe entrarvi a farne parte subito e, ciò che è peggio, vorrebbe circoscriverlo a una cerchia limitata di persone. Egli vorrebbe conseguire la salvezza senza la morte di croce.
La visione non finisce con la scomparsa di Mosè e di Elia, ma entra in una seconda fase. L’interrogativo "chi è Gesù?" trova risposta da Dio stesso: "Questi è il Figlio mio, l’eletto" (v. 35).
Alla fine sulla scena rimane solo Gesù davanti ai discepoli. La sottolineatura "Gesù solo" è intenzionale. Non c’è nessun altro maestro o profeta all’infuori di lui: egli è assoluto e unico.
La trasfigurazione è un’anticipazione e un’esplicazione dell’annuncio della risurrezione di cui l’evangelista aveva parlato al termine della profezia della passione (v.22).

Prega
O Cristo, icona della maestosa gloria del Padre, bellezza resa incandescente dalla fiamma viva dello Spirito, luce da luce, volto dell'amore, degnati di farci salire alla tua presenza sul santo monte della preghiera. Sedotti dal tuo fulgore, noi vorremmo che tu ci tenessi sempre con te sul monte della gloria, ma il cuore si smarrisce al pensiero che per raggiungere la pienezza della luce bisogna passare attraverso il battesimo del sangue, attraverso il sacrificio,
 il dono totale di noi stessi.

Un pensiero per riflettere

Sarei più disposta a dare la vita che la mia fede.
Madre Teresa di Calcutta

Per la lettura spirituale
Il verbo: perdonare (P. Pellegrino)
Un pensatore francese ha scritto: "Qualche cosa mi dice che è la parola più umile e la più difficile, quella parola che tutto l'Occidente non hai mai potuto pronunciare, e che dobbiamo imparare a dire, senza la quale sprofondiamo: la parola perdono." (Lacoue- Labarthe).
 D'accordo! 'Perdono' è una parola che guarisce e arricchisce. Ne volete le prove? Eccole!
Il perdono porta un'ondata d'aria buona nel mondo dei sentimenti. Disinquina la nostra "pattumiera" emotiva, troppe volte triste, fredda, aggressiva. Il perdono rallegra due persone: chi lo dà e chi lo riceve. Rallegra soprattutto chi lo dà. Il grande oratore Henri Lacordaire era solito dire:
"Volete essere felici per un istante? Vendicatevi! Volete essere felici per sempre? Perdonate!".
Il perdono è la strada maestra del disgelo. Guai se nessuno perdonasse! La convivenza umana sarebbe un groviglio di vipere. A cominciare dalla famiglia. Una volta un matrimonialista ha detto:  "Prima del matrimonio, aprite bene tutti e due gli occhi; dopo il matrimonio, chiudetene uno!".
Sembra una battuta, in realtà è molto di più.
Il perdono è l'ultima parola di chi ama. "Che cosa sarebbe un amore che non giunge al perdono?",
si domandava il Papa Giovanni Paolo II in un discorso alle coppie (20 settembre 1996).
Il perdono è saggezza. La legge dell'occhio per occhio non fa che aumentare il paese dei ciechi.
 Il perdono interrompe la spirale dell'odio.
Ecco alcune meraviglie del perdono. A condizione - è chiaro -che sia perdono. Perdono non è "buonismo": non è accettare il male; non è confondere il lecito e l'illecito.
 Perdono non è dimenticare (chi dimentica il male, può ripeterlo), ma è mollare la preda.
Il perdono non è debolezza. Gandhi ha ragione: "Solamente chi è forte è capace di perdonare".
Il perdono autentico è un capolavoro di umanità. Quando Giovanni Guareschi tornò dai campi di concentramento, la moglie Ennia non mancò di cogliere negli occhi del reduce un inconfondibile lampo di fierezza, per cui gli fece osservare: "Giovannino, sembra che abbia vinto la guerra..."
E lui replicò calmo:
"Sì, mi sento un vincitore perché in diciannove mesi sono riuscito a non odiare nessuno!".
Tratto dalla Rivista "Sacro Cuore" n. 5 - maggio 2002
Via Matteotti, 25 - 40129 BOLOGNA
(Da “Buon Giorno nel Signore” di E.Marrone)

(A cura dell’Azione Cattolica della Parrocchia S.Rita da Cascia - Villaricca)

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